Dalla teoria all'azione

Due recenti volumi permettono un confronto diretto tra le utopie del passato, in particolare degli anni Sessanta e Settanta, e quelle di oggi, emerse con le azioni del movimento Occupy Wall Street.

Writers for the 99%, Occupying Wall Street, OR Books, 2012, pagine 200

Craig Buckley and Jean-Louis Violeau, Utopie: Texts and Projects, 1967-1978, The mit Press, Boston 2011, pagine. 264

Questo articolo è stato pubblicato su Domus 958, maggio 2012

Utopie: Texts and Projects è un'antologia della rivista Utopie, che iniziò le pubblicazioni nel maggio del 1967, periodo di diffuse incertezze politiche, un solo anno prima che in Francia esplodesse la contestazione del maggio 1968, partita da una serie di occupazioni studentesche di protesta che durò dal maggio al giugno dello stesso anno.
La rivista uscì dal 1968 al 1976, a cura di un gruppo composto – tra gli altri – da sociologi, urbanisti, architetti e teorici. L'interazione tra discipline tanto differenti si rifletteva anche nel formato di Utopie, che era composta di testi teorici e montaggi d'immagini riprodotte da altre riviste. Il comitato di redazione della rivista in origine comprendeva Jean Aubert, Isabelle Auricoste, Jean Baudrillard, Catherine Cot, Jean-Paul Jungmann, René Lourau, Antoine Stinco e Hubert Tonka.

Una delle principali fonti d'ispirazione filosofica della rivista era l'opera di Henri Lefebvre, con l'idea dell'ambiente urbano a fare da leitmotiv e con particolare attenzione a modalità alternative di lettura, di percezione della città e d'interazione con essa. L'esigenza di prendere coscienza del momento sociopolitico che stavano vivendo, spinse i componenti del gruppo a dare vita a una rivista con lo scopo di ripensare le prassi contemporanee dell'urbanistica e dell'architettura. L'impostazione collettiva si rivela anche nei numerosi testi 'anonimi', pubblicati su quelle pagine e in tutte le manifestazioni in rapporto con il progetto editoriale, tra cui dichiarazioni programmatiche, mostre e manifesti.
In apertura: a sinistra la copertina di <i>Occupying wall street</i>, a destra la copertina di <i>Utopie</i>. Qui sopra: Writers for the 99%, <i>Occupying Wall Street. The inside story of an action that changed America</i>, OR Books, 2012
In apertura: a sinistra la copertina di Occupying wall street, a destra la copertina di Utopie. Qui sopra: Writers for the 99%, Occupying Wall Street. The inside story of an action that changed America, OR Books, 2012
Gli scritti di riflessione su quegli anni andavano oltre l'architettura e l'urbanistica e comprendevano testi e articoli esplicitamente politici, in parte riferiti alla contestazione del maggio '68, e in parte relativi a temi di poetica urbana effimera, come faceva l'Internationale situationniste. Per citare Jean Aubert, "volevamo affermare una posizione, una prospettiva sull'architettura in rapporto con la lotta di classe, analoga a quella, ovviamente, ma più attenta agli strumenti dell'architettura": la teoria dell'architettura come strumento di militanza.

In tempi di crisi sociale, politica ed economica, si guarda sempre al passato. Si considera l'avanguardia, forse alla ricerca di situazioni o d'ispirazioni analoghe per affrontare le difficoltà di oggi e, improvvisamente, l'utopia pare risorgere: non si può fare a meno di mettere questo volume in rapporto con l'epoca delle 'rivistine' degli anni Sessanta e Settanta. Utopie: Texts and Projects sarà anche parecchio lontano dalla scena della competizione architettonica, ma l'incidenza della politica e delle questioni sociali sull'interazione con lo spazio pubblico può costituire un buon dialogo con le idee militanti del gruppo Utopie.
Craig Buckley and Jean-Louis Violeau, <i>Utopie: Texts and Projects, 1967-1978</i>, The mit Press, Boston 2011
Craig Buckley and Jean-Louis Violeau, Utopie: Texts and Projects, 1967-1978, The mit Press, Boston 2011
In qualche modo, invece, Occupying Wall Street induce a domandarsi se uno spazio pubblico possa essere progettato dai cittadini, oppure se poche persone possano riuscire a scrivere la storia di migliaia d'altri e, dopo averlo letto, forse troveremo qualche risposta.
È interessante – e, per così dire, temerario – il modo in cui alcuni degli autori si sono assunti il compito di mettere qualche ordine nelle motivazioni, nelle azioni e nei ricordi di persone differenti coinvolte nel movimento Occupy Wall Street.

Il volume inizia sottolineando le difficoltà connesse con l'ideazione, la scrittura e la redazione di un singolo libro scritto collettivamente da più o meno una sessantina di persone (il gruppo Writers for the 99%), dopo aver contestato la convinzione di chi sosteneva che il libro poteva essere accolto come una "dichiarazione ufficiale", questione invece molto lontana dall'idea centrale.
In un momento in cui tutto il mondo è in agitazione in termini sociali, economici e politici, con movimenti di "occupazione" che sorgono dovunque, è buona cosa un documento che ci ricorda le origini del movimento, gli influssi e i rapporti tra città differenti in Paesi molti lontani tra loro, le situazioni che hanno funzionato bene e certe altre iniziative che sono fallite. Una cronologia di momenti quotidiani vissuti a Zuccotti Park, un documento che fa pensare al futuro di un movimento mondiale e induce alla sintesi, un libro che ci ricorda che siamo il 99%.

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