Marcel Meili, Markus Peter 1987-2008
Contributions by Jürg Conzett, Hermann Czech, Heinrich Helfenstein, Adolf Krischanitz, Josep LluÍs Mateo, Scheidegger & Spiess, Zurich 2009 (pp. 512, s.i.p.)
Con oltre 500 pagine, il volume raccoglie circa 25 opere – realizzate e non – dello studio zurighese Marcel Meili, Markus Peter nel corso degli ultimi trent'anni; mancava una monografia che mettesse insieme quanto era stato fatto e pensato. Non è – probabilmente è un merito – un libro 'facile'; non può essere consultato rapidamente, le idee vanno ricercate con cura ed emergono in seguito a un'attenta osservazione, e c'è poco di scontato o di fotogenico; vale la pena leggere testi e didascalie. Quasi del tutto assenti i rendering al computer. Al punto che il volume è per alcuni suoi aspetti sia critico che criptico, nel suo sforzo di essere ad ogni costo dialettico. Elegantemente impaginato, spesso con immagini molto piccole e altre volte con molto bianco intorno, il volume finisce per parlare indirettamente anche della condizione privilegiata dell'architettura svizzera degli ultimi anni, e del suo sforzo di recuperare e far rivivere quella modernità che probabilmente negli anni Trenta e Cinquanta visse il suo momento più convincente.
Non è una monografia agiografica e patinata, come sono diventati a distanza di oltre 25 anni dalle prime uscite i volumi catalani de El Croquis, e non è neppure un volume che fa confusione mettendo insieme tanti diversi livelli di lettura, come fanno le tante pubblicazioni superficiali derivate a cascata da S, M, L, XL dell'olandese Koolhaas e del canadese Mau, del 1995.
Meili e Peter, nati negli anni Cinquanta, sono dell'idea che la cosa di architettura, in quanto cosa fisica, pensata, fatta e realizzata, possa e debba occupare il centro del palcoscenico; il loro libro è uno sforzo per dimostrare che ciò è doveroso e possibile. La struttura, i materiali, gli impianti, la composizione, il volume, la forma, la figura e l'espressività della cosa sono ineluttabili. Naturalmente sanno bene che nel mondo della TV e della moda fuggevole non è così semplice dimostrarlo; chi cercasse su internet il loro sito, resterebbe deluso perché c'è soltanto il loro indirizzo. Per loro sono il valore sintattico e narrativo della cosa, il suo prendere forma e innescare richiami e il suo divenire materia della città a essere importanti, più di quanto non lo sia l'immagine simbolica e mediatica. Gli spazi interni sono emblematici e cruciali almeno quanto gli esterni.
Questa monografia è introspettiva e contemplativa, in alcune parti anche volutamente ripetitiva; c'è poco sforzo didattico o empatico. Ci sono molteplici immagini di riferimento, moltissime fotografie di plastici di studio, piante e sezioni sono il più delle volte molto piccole, i contributi scritti sono per mano di colleghi piuttosto che di critici (relegati in fondo al volume), e alcune immagini sono intriganti, quasi magiche. D'altronde, dal sottofondo della loro intellettuale professionalità – tipicamente zurighese – Marcel Meili e Markus Peter insistono che oggi non servono immagini sensazionali, ma piuttosto sensazioni, allusioni, figure discrete e ragionamenti concreti sulla natura dell'artificio in architettura.
Comunque, per cogliere la stupefacente qualità a tutto tondo dei loro progetti, chi fosse a Zurigo dovrebbe sicuramente andare a vedere la sala cinematografica RiffRaff con le sue residenze, i grandi tetti lungo i binari della Hauptbahnhof, e l'Hotel Park Hyatt. A Milano, in fregio all'Autosole appena oltre piazzale Corvetto, sarà ultimato entro il 2009 il loro Centro Helvetia.