Cultura americana in Italia

ItaliAmerica. L'editoria A cura di Emanuela Scalpellini e Jeffrey T. Schnapp, Il Saggiatore, Milano 2009 (pp. 223, € 23,00) Curato da Emanuela Scarpellini e Jeffrey T. Schnapp, ItaliAmerica. L'editoria raccoglie una serie di contributi che indagano il tema dell'assimilazione dello stereotipo culturale americano in Italia. Come infatti si sottolinea nell'introduzione, l'ipotesi sottesa è che la cosiddetta 'americanizzazione' sia fenomeno ben più complesso che una semplice importazione.

di Federico Ferrari

ItaliAmerica. L'editoria
A cura di Emanuela Scalpellini e Jeffrey T. Schnapp, Il Saggiatore, Milano 2009 (pp. 223, € 23,00)

Curato da Emanuela Scarpellini e Jeffrey T. Schnapp, ItaliAmerica. L'editoria raccoglie una serie di contributi che indagano il tema dell'assimilazione dello stereotipo culturale americano in Italia. Come infatti si sottolinea nell'introduzione, l'ipotesi sottesa è che la cosiddetta 'americanizzazione' sia fenomeno ben più complesso che una semplice importazione. Una sua interpretazione secondo categorie tipicamente adorniane, che vedono la cultura popolare come subdolo strumento per una supposta e 'pacifica' invasione funzionale a un disegno di potere, è tanto manichea quanto analiticamente inefficace. È invece la creazione di quello che i curatori chiamano appropriatamente un "continente ibrido", in cui gli stimoli esterni si fondono e inevitabilmente si trasformano a contatto con un milieu socioculturale tutt'affatto differente da quello di partenza, il vero dato significativo che i saggi si incaricano di dimostrare. Così fa in apertura lo stesso Schnapp, soffermandosi sulla spiazzante e multiforme personalità di Henry Furst, figura di "traduttore d'arte" che elegge l'Italia a sua patria d'adozione sotto il fascismo per poi proseguire la sua attività come "traduttore industriale" nel dopoguerra, diventando un mediatore fondamentale fra il nostro Paese e il mondo anglosassone. Poliglotta, eccentrico, erudito, Furst si colloca in una terra di mezzo fra due polarità e di questa ambiguità fa il suo punto di forza, contribuendo in modo determinante alla penetrazione in Italia della cultura americana. Allo stesso modo il ruolo di Erich Linder è indagato da Giorgio Alberti, in un saggio che ricostruisce l'apporto fondamentale di questa figura nella cristallizzazione del ruolo dell'agente letterario: grazie a lui diventerà anche in Italia un professionista dotato di uno specifico statuto giuridico e contrattuale. Sempre dell'analisi del ruolo dei cosiddetti "mediatori culturali" si occupa il saggio di Matteo Lodevole, concentrandosi sui meriti di un'impresa collettiva come quella della casa editrice Il Mulino di Bologna, la cui eccellenza seppe accreditare oltreoceano un'immagine della cultura politica italiana al di là delle due 'chiese' politiche dominanti. I successivi tre contributi focalizzano invece l'attenzione sul rapporto con il pubblico nell'ambito della nascente società di massa. Pierpaolo Antonello si occupa della figura di Giorgio Monicelli, iscritto al Pci e appassionato di fantascienza, creatore per Mondadori della collana Urania, personalità contraddittoria e difficilmente incasellabile, mentre il saggio di Anna Cellinese pone l'accento sulla diffusione delle riviste fotografiche, sulla scorta delle americane Life e Look, evidenziando come il fotogiornalismo abbia rappresentato l'anello di congiunzione fra i mezzi di comunicazione verbale e quelli visivi. Massimo Martignoni indaga invece il ruolo svolto da un'altra icona della cultura pop come il fumetto, un genere cui la capacità 'trasformativa' italiana ha saputo conferire una indubbia originalità, lampante esempio di quell'ibridismo che è la chiave di lettura generale di questa pubblicazione.

Un volume il cui merito è non solo e non tanto quello di costituire l'esempio di un'ottima ricerca, alla riscoperta di vicende e figure altrimenti sconosciute, ma il cui valore è rappresentato anche e soprattutto dall'invito a saper leggere i fenomeni culturali in modo 'laico', senza artificiose contrapposizioni manichee. Tutto ciò rendendo giustizia a figure altrimenti ignorate, personalità in bilico tra due mondi, prive di sovrastrutture ideologiche comode ma paralizzanti, forse anche inquiete e insofferenti nel sentirsi continuamente straniere in patria. Ma per ciò stesso curiose e capaci di assimilare e trasformare, incarnando un ruolo fondamentale di ponte fra culture diverse, in un reciproco arricchimento che sarebbe colpevole non saper cogliere come occasione fondamentale della nostra epoca.

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