Pura poesia dell'assenza

Tesi. Crisi del linguaggio, ironia e contaminazione dei significanti per denunciare l'abuso del potere sulle parole Vincenzo Agnetti, Prearo Editore, Milano 2008 (pp. 88, € 20,00) La collana 'preariana' curata da Tommaso Trini per l'editore Prearo di Milano è volta a ristampare opere introvabili, come appunto il libro Tesi di Vincenzo Agnetti (Milano, 1926-1981), appena dato alle stampe in un'edizione che riprende quella originale del 1972, testi critici compresi.

di Paolo Campiglio

Tesi. Crisi del linguaggio, ironia e contaminazione dei significanti per denunciare l'abuso del potere sulle parole
Vincenzo Agnetti, Prearo Editore, Milano 2008 (pp. 88, € 20,00)

"Quando mi vidi non c'ero". L'apparente controsenso di Vincenzo Agnetti potrebbe fare da Leitmotiv a tutta la sua opera, a chi ne voglia ripercorrere il pensiero tra contraddizione e ossimoro. Ed è a questo proposito, cioè a motivo di una oggettiva, ma forse prevista, sparizione delle parole dell'artista data dal tempo e da un'ingrata fortuna, che oggi sentiamo la necessità di recuperare una visione a tutto tondo del personaggio, come è avvenuto con la recente mostra retrospettiva curata da Achille Bonito Oliva e Giorgio Verzotti al Mart di Rovereto: per riflettere, dopo anni di ottuso silenzio, su uno dei protagonisti più appartati e meno engagé dell'arte concettuale italiana. In quest'ottica si muove la collana 'preariana' curata da Tommaso Trini per l'editore Prearo di Milano, volta a ristampare opere introvabili, come appunto il libro Tesi di Vincenzo Agnetti (Milano, 1926-1981), appena dato alle stampe in un'edizione che riprende quella originale del 1972, testi critici compresi: unica variante il peso dato da una nuova copertina rigida, più elegante, ma anche più funzionale alla concezione del libro come opera. Infatti il volume è da considerarsi a pieno titolo un'opera d'arte (o il suo contrario, a seconda dei punti di vista), benché vi sia affermata la negazione dell'opera nella sua ostentata presentazione dell'oggetto mediante un linguaggio. Il libro ha una struttura e una precisa storia, ben chiarita da Trini nel saggio Pausa alla lettura, situato a metà del percorso a ostacoli ideato da Agnetti: un'opera concepita tra il 1962 e il 1968 e allora già pubblicata una prima volta in una edizione per soli amici, poi rivista nel 1972 e dotata di due saggi critici, uno iniziale di Achille Bonito Oliva e l'altro, appunto, di Trini a metà libro. La raccolta di pensieri e appunti sviluppa il concetto dialogico (tesi, antitesi, sintesi) di origine hegeliana non fosse altro che per contraddirlo nella sua felicità progressiva e confermarlo, invece, nel valore intrinseco di cellula affermativa e insieme di autonegazione: ovvero, a una prima parte in cui si afferma una 'tesi' senza oggetto, si contrappone una seconda in cui Agnetti riprende quasi parola per parola la 'tesi' per negarla in una pseudo 'antitesi'. Successivamente, al posto di una sintesi segue una parte in cui ricorrono solo punteggiature, a segnare un vuoto formalmente significante. A questo punto il citato saggio di Trini rappresenta l'intervento illuminante per un lettore disorientato dal linguaggio 'drogato' di Agnetti.

Il tarlo, spiega poi l'artista in una quarta e più discorsiva sezione in cui conduce una sorta di autoanalisi, è nel leggere il volume come se dovesse trattarsi di una argomentazione filosofica, mentre ci troviamo, diremmo oggi, in un luogo di pura poesia dell'assenza: e l'oggetto, se così si può dire, è il linguaggio stesso, "un procedimento puro staccato dall'organo. Dal nulla al segno al segnante", come lo definisce Agnetti. Conclude il volume una serie delle tavole agnettiane che più avvincono i bibliofili o gli appassionati di libri d'artista, dove l'evidenza di formule matematiche e lemmi è posta in crisi da un gioco combinatorio attuabile dai lettori mediante appositi cursori in cartoncino: in tal modo le possibilità di senso si moltiplicano all'infinito, come infinite potrebbero essere le interpretazioni di tutto il lungo scritto dell'artista. Un volume che piace riscoprire oggi come incunabolo di riflessioni, parole o frasi lapidarie poi riprese in opere celebri come nei 'feltri' degli anni Settanta, e che testimonia ancora una volta che quando Agnetti non si vede c'è.

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