Uno dei Team 10

Writings. The child, the city and the artist. Collected Articles and other writings 1947-1998, Aldo van Eyck, edited by Vincent Ligtelijn and Francis Strauven Sun, Amsterdam 2008 (pp. 980, s.i.p.) La pubblicazione comprende due volumi rilegati e un cofanetto. La grafica è sobria e attenta. Il primo volume contiene un impegnativo e lungo saggio che Van Eyck scrisse nel 1962 intitolato The Child, the City and the Artist (...). Il secondo volume, circa tre volte la lunghezza del primo, è una miscellanea di saggi, articoli, scritti, interviste, discorsi, lettere, dal 1947 al 1998.

di Sebastiano Brandolini

Writings. The child, the city and the artist. Collected Articles and other writings 1947-1998, Aldo van Eyck, edited by Vincent Ligtelijn and Francis Strauven Sun, Amsterdam 2008 (pp. 980, s.i.p.)

La pubblicazione comprende due volumi rilegati e un cofanetto. La grafica è sobria e attenta. Il primo volume contiene un impegnativo e lungo saggio che van Eyck scrisse nel 1962 intitolato The Child, the City and the Artist; divulgato abbondantemente nei circoli universitari soprattutto negli Stati Uniti, mai pubblicato. É il testo più vicino a una piccola teoria – un trattato – che van Eyck abbia mai scritto; si occupa del tempo, dell'immaginazione, del concetto di luogo, di relatività, di simmetria e di natura. Il secondo volume, circa tre volte la lunghezza del primo, è una miscellanea di saggi, articoli, scritti, interviste, discorsi, lettere, dal 1947 al 1998. Insieme, sommano circa 900 pagine, con tante piccole immagini di progetti e realizzazioni, molte foto-ricordo, immagini sparse e ritratti. (A tutt'oggi, purtroppo, non esiste ancora una vera monografia sull'opera di van Eyck il costruttore; la pubblicazione che più gli si avvicina è il volume di Francis Strauven Aldo van Eyck. The Shape of Relativity, 1998, che però nella sostanza è una ramificata biografia corredata da un'antologia di opere. Nella sua vita van Eyck ha costruito la propria aura intorno al suo apporto intellettuale, piuttosto che alle sue pur straordinarie architetture).

Van Eyck scriveva molto bene, e la sua penna taglia come un bisturi, ancora oggi; spesso le sue righe sono pure divertenti, da rileggere a distanza di anni, perché non sono mai sfiorate dalla superficialità; sono anche prive dell'altisonanza e della presunzione che spesso connota i testi degli architetti. Sempre con garbo (ma a volte i suoi affondi sono davvero sanguinolenti) e il più delle volte sorretto da una dose di umorismo, egli accarezzava in contemporanea i mondi delle idee e delle cose, nella sua visione tenuti insieme dall'uomo, che secondo la sua lettura antropologica ha da tempo immemorabile la stessa mente e lo stesso corpo: l'uomo gioca, si muove, si sposta, si ferma, ride, piange, costruisce, ama, fa. Quanto poco l'uomo sia cambiato col tempo, resta il punto cardinale del suo corpus teorico; per lui non esisteva l'homo modernus, e tanto meno la contemporaneità. Per van Eyck non esisteva neppure l'architettura in quanto immagine; egli godeva ad argomentare, e non si lasciava abbagliare dalle cose. I suoi edifici sono sempre privi di facciata.

Le tante pagine dei due volumi raccontano in presa diretta i nodi fondamentali della messa in crisi della modernità ortodossa del secondo dopoguerra, nodi che osservati da un diverso punto di vista costituiscono l'atto di concepimento della modernità stanca degli ultimi venti anni. Ampio e poliglotta il numero di persone passate attraverso le maglie larghe di Team 10, e tanti gli indirizzi che nacquero dalle discussioni di quegli anni; ci si accorge di quanto grave sia la perdita, oggi, di non avere più tavoli di confronto, salvo rarissimi casi. L'immagine dall'alto di un tardo incontro di Team 10 che avvenne nel 1974 nella casa di Van Eyck a Loenen aan de Vecht profuma di nostalgia; si riconoscono De Carlo, gli Smithson, Ungers, Erskine, Candilis, Bakema, Pietilä; la prima impressione è che sia qualcosa di così lontano nel tempo da non centrare con noi, ma poi ci accorgiamo che tutto ciò in realtà era ieri e che noi stessi ne siamo l'onda lunga.

Va a onore della pubblicazione che non sia accademica, e che stia in bilico tra storia, critica e polemica; è il tipo di libro che uno potrebbe tenersi sul comodino, per leggerne ogni tanto qualche riga e rinfrescarsi le idee. Oltre ai celebri saggi apparsi su Forum come quello sui Pueblos degli Indiani d'America del 1962, oltre all'accusatorio discorso anti-postmoderno rilasciato presso il Royal Institute of British Architects nel 1981 quando fu insignito della Gold Medal ("R.P.P. – Rats, Posts and Other Pests"), oltre ai poetici bozzetti letterari dedicati ai cromatismi, alla chiarezza labirintica, alla simmetria, alla sincronia e all'analisi della forma, il secondo volume contiene una miriade di altre riflessioni e stimoli letterari. Per Aldo, l'architettura non era certo fatta di norme e di regole.

Sebastiano Brandolini Architetto

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram