Un’interessante riedizione

Gli elementi del fenomeno architettonico Ernesto N. Rogers, A cura di Cesare De Seta, Christian Marinotti Edizioni, Milano 2006 (pp. 172, € 14,00)Il volume ha una lunga avventura, come ricorda il curatore Cesare De Seta; subito dopo l’uscita per i tipi della Laterza nel 1961 Rogers, forse preso da dubbi e dal suo ripensare tutto da capo, lo ritirò dal circuito commerciale.

di Claudio Camponogara

Gli elementi del fenomeno architettonico Ernesto N. Rogers, A cura di Cesare De Seta, Christian Marinotti Edizioni, Milano 2006 (pp. 172, € 14,00)

Il libro è scritto da Ernesto Nathan Rogers in occasione di un concorso a cattedra e vuole indicare “le molte strade possibili“ che si aprono ai giovani che si accostano all’architettura e introdurli ai problemi del mestiere, “l’architettura è una manifestazione totale, non separabile nelle sue parti né inalienabile dall’evoluzione della realtà storica, sociale e culturale in cui, nel determinarsi, si pone come un’aperta problematica”. Il volume ha una lunga avventura, come ricorda il curatore Cesare De Seta; subito dopo l’uscita per i tipi della Laterza nel 1961 Rogers, forse preso da dubbi e dal suo ripensare tutto da capo, lo ritirò dal circuito commerciale. Successivamente, nel 1981, grazie allo stesso De Seta il volume uscì per Guida e oggi viene riedito da Marinotti. Noi pensiamo che, seppur gli scritti non abbiano la chiarezza e l’energia del linguaggio parlato di Rogers, il saggio proposto sia ugualmente un utile strumento di lavoro non solo per gli studenti, ma per chiunque ami l’architettura. Obiettivo del libro è, già individuato dal curatore, non di costituire un manuale che dica come fare l’architetto, ma di fare da pungolo riguardo ai problemi della pratica del costruire. Questo testo individua tutte le difficoltà connesse alla progettazione non in quanto professione, bensì in quanto compito, missione “di dotare l’uomo di una casa, di un ambiente generale, che sia organico alle esigenze del nostro tempo”. Il libro indipendentemente dal mancato successo editoriale ha sempre catturato l’attenzione di critici e studiosi che hanno evidenziato il suo aspetto didattico e addirittura maieutico. Ciò era indubbiamente a uso dei modi in cui Rogers amava porsi nei confronti dei giovani e di chiunque desiderava accostarsi al dibattito architettonico. Aurelio Cortesi, nel convegno organizzato a Milano nel 1993 sulla figura di Rogers dal Dipartimento di Progettazione, coglie l’aspetto più colloquiale di questo saggio in cui il dialogo si adatta via via ai vari interlocutori, alle loro esigenze, alle loro problematiche ricorrendo ad un discorso certamente più maturo e affabile che si sofferma meno sui principi e le regole finalistiche predeterminate e più sull’azione pedagogica colloquiale, storicamente riassunta e confrontata con i diversi livelli dell’insegnamento delle singole discipline. Rogers alterna, in suo dire, nell’adattarsi ai diversi interlocutori e mostra questa capacità dando credito a ciascuno e suscitando in tutti le singolarità e potenzialità al massimo grado. Giampiero Calza individua invece come saliente la tensione fra passato e futuro, il sentimento di una doppia magistrale conquista, “la fame e la sete di conoscenza e di un rinnovamento” che in seguito saranno rintracciabili nei progetti degli allievi di Rogers ispirati dall’utopia della realtà. Il riferimento culturale di fondo rimane, per Rogers, Gropius per quanto riguarda il metodo d’insegnamento, tuttavia l’autore è anche aperto alle lezioni che possano giungergli da altri versanti del mondo contemporaneo in quanto l’Architettura è sì creata da specialisti, ma è rivolta a tutti e non può mai essere vista come un fatto meramente tecnico, non può rispondere solo ai concreti bisogni del momento, ma deve porsi all’incrocio dello spazio e del tempo della vita. Nello stesso tempo ci suggeriva di far nostri i suoi maestri Van de Velde, Wright, Le Corbusier, Mies van der Rohe, ma contemporaneamente ci invita ad andare oltre. “Non ci sono maestri da copiare, è lo stesso Rogers a dirlo, ma architetture da cui imparare a costruire”. Pensiamo che Rogers volesse indicarci che era illusorio pensare ad un progetto separato dal pensiero e dalla coscienza, solo attraverso la conoscenza poteva esistere dunque un agire, un disegnare un progetto d’architettura. “Architettura è – scrive Rogers – concettualmente sinonimo di vita e non solo di quella che esperimentiamo in noi, ma quella che testimonia il nostro passaggio tra i vivi presenti per i vivi futuri: realizzare un’architettura è presentificare il passato e infuturare il presente. Chi non intende questi principi è inutile che faccia l’architetto o insegni ad altri a diventarlo”. Ed è proprio per questo insegnamento che noi lo consideriamo un maestro. Il volume è suddiviso in quattro capitoli integrati da un preambolo, una conclusione, e da venticinque tavole. Ancora una volta la capacità di Rogers è quella di coniugare un interesse profondo per l’architettura nei suoi aspetti più disciplinari con l’attenzione all’identità di ciascuno e un invito a una profonda indagine su noi stessi e sulla nostra cultura.

Claudio Camponogara Architetto

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