di Luisa Ferro

Peter Eisenman. Contropiede, A cura di Silvio Cassarà Skira, Ginevra-Milano 2005 (pp. 208, € 26,00)

“Una delle caratteristiche principali del calcio italiano, scrive Peter Eisenman, è l’idea del catenaccio… I giocatori si dispongono a tela di ragno e aspettano un giocatore errante, o una palla in un momento di disattenzione, e dopo, come la mangusta col cobra, un rapido scatto sulla palla e un contrattacco sfrecciante. Mi ha sempre colpito quest’idea del contropiede, particolarmente da quando penso che il calcio e l’architettura sono entrambi campi diagrammatici. Io reagisco alle circostanze, piuttosto che iniziarle”.

Da qui deriva il titolo della Mostra (Contropiede, Modena, giugno-luglio 2005) cui è dedicato questo libro. Ed è da qui che si chiarisce il tema centrale del testo, il tema cioè del diagramma. Scrivere su Peter Eisenman e precisare il concetto di diagramma è arduo e rischioso; ci si smarrisce al solo pensiero di intraprendere questa iniziativa. Arduo per le implicazioni teoriche, per i simboli e le considerazioni filosofiche che spesso sfuggono. Di fronte a tanto clamore verso un’architettura che come dice Eisenman stesso si è fatta più facile, più modellata e spettacolare sono state dette infinite e assai dannose stoltezze, spesso oratoria da dopopranzo. E perciò dico rischioso. Ci chiediamo se tutto può essere lecito, se sia lecito frastornare lo spettatore, se non si nasconda ovvietà convenzionale negli atteggiamenti che si pensano originali. Questo libro consigliamo di leggerlo come una sorta di Apologia.

“Il diagramma – scrive Eisenman - agisce da contropiede, non come un nuovo diagramma ma come reazione, una reazione diversa dall’ipersensibilità dei media a ciò che è nuovo, spettacolare e all’immagine”. È stato giustamente detto da Ervin Panofsky che in una disciplina empirica la teoria, se non è accolta dalla porta, entra dalla finestra come un fantasma e rompe i mobili. Ma è altrettanto vero che, in una disciplina teoretica, che tratti lo stesso gruppo di problemi, la storia se non è ammessa per la porta striscia nelle cantine come un’orda di topi e silenziosamente mina le fondamenta. Così l’architetto americano, dopo aver sancito La fine del classico (1984), la fine dell’Inizio, la fine della Fine e poi l’inizio, la fine e ancora l’inizio, ci ribadisce che il fondamento della sua teoria, da sempre, è il diagramma. “Nel mio lavoro, il diagramma ha fatto da matrice all’invenzione. Non è una forma tipo, né una similitudine formale”. In architettura, si sa, non c’è una regia, non c’è un boulevard che ci guidi diritto alla meta e la mancanza di disciplina e studio fa apparire tante opere penosi balbettii. La costruzione diagrammatica vuole dimostrare che il suo (a partire dalla tesi di dottorato nel 1963) è un esercizio serio e faticoso ottenuto con ostinato rigore. Ma diagramma può voler dire tutto e niente. Nel libro le opere e gli scritti di Eisenman sono alternati con testi critici molto complessi che riguardano questo termine: diagramma è sinonimo di tracciato; è usato in matematica; nell’informatica; in alcuni casi consiste nelle specifiche formali della struttura sintattica delle espressioni di un linguaggio.

Paul Klee scriveva, forse pensando a un qualcosa di simile, che “Il compito della pittura è di rendere visibili delle forze che di per se stesse non lo sono. Allo stesso modo la musica è un tentativo di rendere sonore delle forze che di per sé non lo sono. Tutto risulta essere così semplice”. Ma non è affatto semplice e ce lo dimostra il saggio di A. Vidler, che completa queste definizioni portandoci nel campo della filosofia e dell’arte: non è semplicemente qualcosa “tutta segnata di linee”, ma una figura geometrica, un elenco, un registro, una gamma o una scala musicale. Diagramma è una figura composta di linee, un insieme di linee, segni o tracciati.

Contrariamente alla pittura non rappresenta esattamente le sembianze di un oggetto, ma le rappresenta simbolicamente. Espone la forma e le relazioni fra le varie parti senza imitarle. Un abbozzo o un’idea di massima, un tipo di icona (ne parla lungamente C.S. Peirce) particolarmente utile, perché elimina una quantità di dettagli e quindi permette alla mente di pensare con più facilità alle questioni importanti. Ma il filosofo-matematico Peirce ammette l’entrata in gioco di un qualcosa d’altro che ha a che fare con l’alto potere del ragionamento, l’entrata in gioco dell’immaginazione, quella che si spoglia di orpelli e accessori, abiti e carne e lascia apparire il nudo scheletro della verità. Diagramma è quindi strumento di ragionamento, nonché icona della modernità che prende le fila da Talete, Anassimandro, Platone. Foucault evoca il concetto di diagramma. Gilles Deleuze parla della pittura di Francis Bacon come di una pittura diagrammatica, ovvero di una macchina astratta.

E ora veniamo ad Eisenman. L’architetto definisce il diagramma come un’alternativa visiva all’ottico (quello che vediamo), in grado di fornire una condizione intermedia fra presenza, immagine e idea, tra passato e presente. Non esiste necessariamente a priori in nessun progetto. In tal senso non ha un rapporto fisso con forma, funzione e storia. “Ci sono due modi di lavorare sui diagrammi. Uno teorico e analitico, l’altro operativo e sintetico. Il primo prende l’edificio esistente e lo analizza per trovare i diagrammi che lo animano. Il secondo è avulso da un progetto o da un sito e permette di vedere queste condizioni in modo diverso. Il diagramma sta all’architettura come il testo alla narrativa. Il diagramma è formato ma può non essere formale”.

L’indice stesso di questo volume segue tale ordine. Nella prima parte (Analisi critiche) sono raccolti alcuni celebri scritti in cui studia alcune opere per svelare la trama segreta dei progetti, la trama del testo che dà coerenza dall’interno. Terragni, Palladio, Moretti, Piranesi: ci parla di queste figure perché le loro ombre non hanno mai cessato di accompagnarlo nel lavoro teorico. È il momento in cui gli strumenti dell’arte moderna vengono usati per ritornare a confrontarsi con i grandi temi di sempre, per definire catene spirituali con la storia. Impara da Terragni, da Palladio per arrivare a impossessarsi di ciò che nelle creazioni altrui gli è utile, per incorporarlo, come tecnica, nella propria opera.

Nella seconda parte (La ricerca progettuale) sono raggruppati alcuni progetti molto noti, deliberate costruzioni mentali fondate su regole sintattiche e complesse operazioni formali. La House II è il simbolo di ciò che accadde negli anni Settanta, quando i Five architects NY si affermano come fenomeno di rivalutazione del Movimento Moderno, che diventa oggetto di indagine formale. I diagrammi che sottendono la struttura formale della casa esaltano i procedimenti linguistici delle avanguardie storiche, con la particolare attenzione a Terragni: l’opera dell’architetto comasco è intesa come pura sintassi estraniata dalla propria ideologia di origine. E poi via via, oltre il diagramma (come scrivono V. Aureli e G. Mastrigli), gli arcinoti progetti: la casa Guardiola, il Museo in Galizia, alcuni concorsi, dove predomina il ragionamento di carattere procedurale che mette in evidenza come si possa compiere un’operazione di architettura fortemente intellettualizzata tutta incentrata sul suo procedimento e non su altro tipo di relazioni. Il progetto si sviluppa all’interno di un processo di fratturazione della sequenza compositiva basato sulla manipolazione di forme originarie semplici. Il risultato è la distruzione dell’unità dell’oggetto architettonico in un insieme di frammenti che riflettono la discontinuità della storia, ma anche la realtà attuale e che richiamano l’archeologia, la stratigrafia.

Infine emozionante, sicuramente emozionante, il Museo alla Memoria dell’Olocausto di Berlino. Qui centrale non è il discorso ma la scrittura in quanto tale. L’olocausto è un orrore. Punto. Non c’è niente da capire. L’orrore ha spezzato il legame tra memoria e nostalgia. Qui griglie, diagrammi e reticolati ondeggianti tolgono ogni illusione di sicurezza, non si tratta di riuscire a entrare o a uscire. Il testo, l’architettura vanno compresi in un istante nello spazio. Qui l’idea del diagramma è chiara e efficace.

Luisa Ferro, docente di Composizione architettonica al Politecnico di Milano