Non è più un mondo per lavatrici parlanti

Con funzioni sempre più guidate dalle necessità degli utenti, l’attenzione alla forma torna alla ribalta nel mercato dell’innovazione.

È durata meno di mezz'ora quest'anno la presentazione di Sony a IFA, la più importante fiera di elettronica di consumo d'Occidente insieme al CES di Las Vegas. I giapponesi hanno fatto un recap di quel che hanno combinato quest'anno, con una carrellata di prodotti che ha incluso ottimi televisori, fotocamere mirrorless sempre più leader di mercato e uno sfavillante nuovissimo paio di auricolari senza fili (“true wireless”, come si definisce questa popolarissima categoria di prodotto che insegue gli AirPods di Apple). I WF-1000XM3 sono la conferma della capacità di Sony nell'ideare prodotti audio incredibili e chiamarli con nomi dimenticabilissimi: sarebbero stati la punta di diamante della presentazione di Berlino solo qualche anno fa, quando si concentravano a IFA gli unveal con il meglio dell'elettronica, smartphone in testa, e arrivavano idee pionieristiche un po’ matte come il pressoché inutile modulo fotografico mirrorless da agganciare al telefono (sempre by Sony). Ma oramai anche la tecnologia, come accade nella moda, pare preferire una moltitudine di appuntamenti di mezza stagione. Solo in coda alla sua presentazione Sony svela un nuovo telefono, Xperia 5. Ma l'oggetto più emozionante del padiglione dell'azienda giapponese è la versione celebrativa per i 40 anni del Walkman. E tanti saluti, ci vediamo nel 2020.

Sony WF-1000XM3

Più dettagliato il keynote di Samsung, da sempre protagonista con uno stand al City Cube, area multifunzionale progettata da Code Unique che dal 2014 fa da appendice allo storico complesso fieristico di Berlino. C'è il “rilancio” del Galaxy Fold, che esce ufficialmente sul mercato; ci sono i purificatori d'aria e gli armadi capaci di rinfrescarti gli abiti, pronti a spopolare nel sempre più strategico mercato del sud-est asiatico. E poi frigoriferi modulari che sembrano usciti da una collaborazione con Hay, i tv/quadro The Frame e i nuovi modelli Serif. Tutto questo non sancisce semplicemente la convergenza tra design e tecnologia nell’adattamento del prodotto tecnologico al gusto instagram-friendly di millennials e generazione Z, come esemplificato magistralmente dalle ultime collaborazioni - prima proprio Hay, poi Ikea - del leader dell’audio connesso, l’americana Sonos. Pare un vero e proprio cambio di passo nella proposizione dell'elettronica di consumo di massa, che sia per la casa o da indossare o nei telefoni o altro. Personalizzazione e colori (come insegna il mercato asiatico) fanno da padrone.

Huawei dribbla le polemiche sulla vicenda Trump e mette una pezza all'imminente lancio del suo nuovo flagship, il Mate 30, che probabilmente nascerà zoppo perché senza alcuni fondamentali servizi Google, con una nuova versione del “vecchio” top di gamma, il P30 Pro, lanciato in primavera, protagonista anche a Berlino con due colorazioni inedite particolarmente accattivanti, grazie a una doppia cromia che quasi spacca il dorso in due, qualcosa che si era visto - ironia della sorte? - sui Pixel, la linea di smartphone Made by Google. L'attenzione per il dettaglio, il materiale e la scelta del colore fa la differenza anche nei wearable più venduti del momento, gli auricolari senza fili, e lo si vede negli stand di brand come Master & Dynamic o Happy Plugs o anche Cellularline. Stiamo assistendo al trionfo dell’estetica perché l’innovazione ha perso la bussola? Non è così semplice, per fortuna. “Degli auricolari wireless quelli che funzionano bene sono strabilianti, gli altri si possono semplicemente buttare via”, taglia dritto Brian Leonard, capo del design per Lenovo, durante una lunga conversazione in cui cita più volte la gigantesca influenza sul presente delle visioni di Richard Sapper durante l’era IBM dell’azienda. “L’innovazione fatta giusto per innovare non ha connessione con il consumatore: ma se non gli porta un valore, non ha senso”. Non è semplicemente tutto più bello, accattivante, “di design”, per usare un’espressione (orrenda) che si sente ripetere anche qui a Ifa. Sembra piuttosto che la tecnologia tenda a vestire meglio chi la usa. Quello che si definisce con un termine inglese che fa volare i dipartimenti marketing di mezzo mondo, bespoke, cucito su misura. La forma e l’esperienza d’uso si riprendono il primato, mentre all’orizzonte si dissipa la passione della boutade, del fast fashion tecnologico e sotto il vestito niente niente, delle sparate accattivanti e dai richiami blackmirroristici che ci si sono parate di fronte negli anni come esche mascherate da innovazione (e noi giornalisti, ingenuamente, sempre pronti ad abboccare).

Apple iPhone 11 Pro

Una piccola conferma arriva da Apple, che nell’unico appuntamento rimasto fisso nel grande circo dell‘elettronica di consumo, il lancio settembrino dei nuovi telefoni, preferisce integrare funzioni e rimanda l’aggiornamento dell’estetica a un coro di wow che arriverà l’anno prossimo. Il modello di punta, l’iPhone 11 Pro si presenta addirittura più pesante e leggermente meno sottile rispetto alla sua controparte dell’anno scorso, ma guadagna preziosissime ore di autonomia. Anziché girare con un battery pack sempre in tasca dopo il tramonto non conviene un telefono un filo più ingombrante, del resto? Si chiude il cerchio: perché la questione non è tanto nel primato dell’estetica come superamento di un’epoca in cui il gusto per l’innovazione iperbolica ha saturato il saturabile. Quando a Ifa tra colleghi giornalisti & affini ci si chiede “cos’hai visto quest’anno” e la risposta è “niente”, forse non si tratta di una cosa tanto negativa. Perché quel niente significa niente di eclatante, ipertrofico o muscolarizzato da sbandierare nei titoli, i Jalisse della tecnologia che l’anno prossimo non vedrai più, cfr. la realtà virtuale (quest’anno chi l’ha più vista) o al contrario gli speaker con Alexa o Google Assistant (oramai ce l’ha anche mia nonna, e quindi?). E tutte le altre imperdibili “tendenze” degli anni passati. Ma tolto tutto questo, cosa rimane? L’utente. L’essere umano e quello di cui ha bisogno. Non quello che sogna. Quindi meno fantascienza e più intelligenza nel design.

Lenovo Yoga C940

Un paio di anni fa Candy, storica azienda brianzola di elettrodomestici alla conquista del pianeta, lanciava Bianca, una lavatrice così intelligente che era in grado di parlare grazie a Google Assistant. Sul palcoscenico di Ifa un folto gruppo di giornalisti ha avuto la possibilità di assistere a un inedito dialogo uomo-elettrodomestico. Con qualche ritardo e un minimo di incomprensione, alla fine andò piuttosto bene. Soprattutto per chi aveva bisogno di un titolo con cui tirare su il traffico di fine agosto o di un video da buttare al volo su instagram. L’utente finale probabilmente non è stato altrettanto interessato: quante persone conoscete che parlano con la lavatrice? Da allora un po’ di cose sono cambiate: la proprietà di Candy è passata dall’industriosa Brianza all’ancora più industriosa provincia dello Shadong, in Cina, dopo l’acquisizione da parte di Haier, e nel gigantesco stand del terzo più grande produttore di beni per la casa gli elettrodomestici erano piuttosto silenziosi e le parole nell’angolo riservato a Candy affidate a una composizione di keyword a parete tra cui spiccavano “human”, “accessible” e ovviamente “italian”. La nuova lavatrice Candy ha una funzione “Snap&Wash” che la mantiene a un elevato livello di smartness evitando qualsiasi interazione vocale: il miglior ciclo di lavaggio viene impostato dallo smartphone con una semplice foto di quello che c’è da lavare. Ed è sempre con una foto che il nuovo frigo di AEG/Electrolux ti fa sapere cosa mettere nel carrello della spesa e cosa invece dovresti mangiare stasera perché sta per scadere, grazie a un dispositivo intelligente sviluppato con la startup Smarter. E presto il frigo imparerà a fare la spesa da solo, ordinando direttamente su Amazon quello che manca. “Il nostro è un approccio umano al design”, racconta Anna Ohlsson-Leijon, CEO Business Area Europe Electrolux. “Vogliamo mettere al centro il consumatore, il suo benessere e bisogni”. Non è un consumatore ideale, ma dettagliato incontrandolo e dalla raccolta dei dati di utilizzo degli elettrodomestici. “Le persone vogliono cose di cui possono capire l'utilità nella loro vita quotidiana. Il tempo che abbiamo è limitato, per cui vogliamo istruzioni precise: per esempio quando dobbiamo preparare una cena per gli amici, o per la nostra famiglia”.   

JBL Pulse

“In Harman abbiamo un team preposto allo studio di quello che vogliono gli utenti, a come usano i dispositivi, a quello che invece non gli interessa”, spiegano Damian Mackiewicz e Christian Schluender, che tengono le fila del dipartimento design di Harman, il gigante dell’audio acquisito da Samsung qualche anno fa. Nei laboratori in cui i designer studiano i nuovi dispositivi c’è una grande attenzione alle varie modalità di utilizzo e alla “user experience”. Disegnare l’esperienza, per quel che dovrebbe e potrebbe essere, è un mantra per chi progetta la tecnologia, una sintesi di tutti gli aspetti che fanno di un oggetto quel che è: la forma, i materiali, il software e l’ingegnerizzazione del dispositivo. “Con il team degli ingegneri è uno scontro quotidiano”, spiegano Mackiewicz e Schluender, “ma anche un dialogo costante. Siamo tutti nella stessa stanza e questo è un grande vantaggio”. Ruoli ribaltati invece per LG Signature, la divisione ultralusso del brand coreano che produce “delle cose assurde, da fantascienza degli anni Sessanta”, come spiega Massimiliano Fuksas, che quest’anno con lo Studio che ne porta il nome ha progettato lo stand in fiera: “Un design che non è neanche minimale, ma diventa proprio un altro oggetto”. Spiega il Chang Ho Noh, capo del Design Center di LG, che agli ingegneri viene richiesto di fare l’impossibile per soddisfare le richieste dei progettisti, un caso rarissimo nel mondo della tecnologia; questo richiede tempi lunghi, lunghissimi: circa il doppio di quelli di un brand normale. E se dovesse immaginare una lavatrice perfetta, questa non avrebbe nessun tasto né parlerebbe, spiega sorridendo il designer coreano, spiegando che il migliore elettrodomestico è quello in grado di fare tutto in autonomia, con il minore apporto da parte dell’essere umano. Un oggetto muto e servizievole. Del resto, tra le qualità che pretendiamo dalle migliori lavatrici non c’è forse quella di essere silenziosa?

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