Se proprio vogliamo tradurre in modo letterale la parola e il concetto di Ostalgia – nato nel 1989 dopo la caduta del muro di Berlino – potremmo usare "nostalgia dell'Est". Non ne avevamo mai sentito parlare finché la ex Germania dell'Est, a fronte dei cambiamenti rapidi e necessari per integrarsi con la sua metà occidentale, cominciò a provare nostalgia per la sua vecchia identità, ormai in via di dissoluzione. Questo desiderio, insieme con un certo sentimentalismo dell'Occidente e a un rinnovato interesse per l'Oriente, ha creato una nuova mitologia sull'ex Germania dell'Est e, per estensione, sulla parte orientale dell'ex blocco sovietico. In tedesco, Ost significa Oriente. In greco algos significa dolore. Ostalgia è una crasi linguistica, impossibile come la voglia di ricostruire qualcosa che non avrebbe potuto risorgere.

Ostalgia di Simona Rota è il titolo di un'indagine fotografica sviluppata nell'arco di due anni, tra il 2010 e il 2012, commissionata dall'Architekturzentrum di Vienna (AZW) per completare la ricerca sul "modernismo sovietico" che getta nuova luce sull'architettura moderna realizzata nelle ex repubbliche sovietiche tra il 1955 e il 1991.

Gli edifici fotografati sono per lo più grandi strutture dall'aspetto eroico, con enormi spazi pubblici opprimenti, che inghiottono i singoli individui. Potrebbero essere stati progettati e costruiti come espressione di trionfo, mentre un eccessivo spazio pubblico e i suoi corrispondenti spazi privati più piccoli mostrano una volontà di controllo sulla vita pubblica, e perfino privata, dei singoli cittadini. Queste architetture promosse dal regime hanno un design audace, a volte sperimentale, e sono accomunate dalla ricerca di un'immagine di potere, progresso, prestigio e successo economico, che avrebbe dovuto servire a legittimare i piani e le azioni politiche delle maggiori potenze autoritarie. Sono grandi edifici che ora recitano la parte di ridicoli giganti, manie di grandezza rese vane dalla storia. Mentre invece l'atmosfera decadente che si respira oggi in queste regioni crea uno spazio fisico e virtuale, dove è facile proiettare ansia, miti e nostalgia. Simona Rota