E comunque le fotografie di Moriyama si possono leggere anche come organiche, come naturali: il resoconto e la riflessione su un differente genere di realtà. L'umano, quasi sovversivo pulsare e ansimare di una città, e non solo quello di chi ci vive. Nelle fotografie di Moriyama l'uomo e il calcestruzzo, la donna e il grattacielo, la mano umana e il pilastro di cemento, la testa umana e la galleria infinita, il cane randagio e l'uomo randagio hanno ciascuno pari valore. E fotografo e fotografato non si contendono l'attenzione. Questa è la forma a spirale di Moriyama: il passato si inserisce nel futuro, il futuro nel passato, un'azione imprevista si inserisce nella seguente, l'istante riflette su se stesso e un sentiero si getta in un'ampia autostrada.
E quanto al soggetto – Tokyo e in particolare il quartiere di Shinjuku – le soluzioni di continuità ne suggeriscono l'impensata robustezza e non la debolezza. Queste fotografie sono piene (di energia, di implicazioni) e quindi danno la sensazione di essere complete, un tutto. Anche l'ovvia frattura tra le vecchie foto in bianco e nero e le nuove immagini a colori appare una distinzione poco degna di nota se si osserva che la presenza del colore, rispetto alla sua assenza, non proietta su un soggetto né più né meno luce.
Più tardi, al ritorno nel padiglione di Goff, Moriyama e io ci sediamo in attesa della conferenza. L'architetto Kulapat Yantrasast (wHY Architecture) ci fa da traduttore. Moriyama mi dice che una frattura c'è, nella mostra, che anche lui ha appena avuto occasione di vedere. "La società è una frattura, e queste fotografie danno una rappresentazione della società", afferma. E comunque è lieto che io non avverta separazione tra le opere in quanto tali o tra i loro soggetti. Nemmeno lui l'avverte. "Non ha senso cercare di istituire una gerarchia con una fotografia", mi dice.
Osservo una foto che ho scattato trent’anni fa, che ovviamente parla del momento in cui è stata scattata, ma quel momento del passato si collega anche a questo momento del presente. Ora il passato acquisisce un nuovo significato
"No. È impossibile per la natura stessa della fotografia", mi risponde. "Ma nelle mie foto cerco di presentare ciò che vedo e il mio modo di guardare le cose dal punto di vista ottico. Per lo meno cerco di presentare un modo non gerarchico di osservare una certa scena, anche se non posso entrarci veramente."
"Be', si comincia a pensare al futuro in modo quasi nostalgico", risponde. "Si diventa coscienti di come si apparirà poi nel momento dello scatto. Qui [nella mostra] osservo una foto che ho scattato trent'anni fa, che ovviamente parla del momento in cui è stata scattata, ma quel momento del passato si collega anche a questo momento del presente. Ora il passato acquisisce un nuovo significato".
Fracture: Daido Moriyama
Los Angeles County Museum of Art
5905 Wilshire Boulevard, Los Angeles