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Soluzioni e dispositivi per spazi di vita e lavoro connessi e intelligenti


La tecnologia che ci aiuta a dormire

Dagli smartwatch agli anelli intelligenti, fino alle app di meditazione: i dispositivi promettono notti più rigeneranti e un riposo sotto controllo. Ma il rischio è quello di trasformare un momento di riposo in un'altra attività da perfezionare.

Durante il lancio del nuovo Apple Watch Series 11, Apple ha messo in evidenza il monitoraggio del sonno come uno dei principali pilastri di marketing del prodotto. La scelta dell’azienda ha confermato ciò che era già chiaro da tempo: il sonno è diventato un terreno fertile per l’ottimizzazione guidata dalla tecnologia. L’introduzione di un nuovo Sleep Score nell’app Salute di Apple ha formalizzato ciò che molti concorrenti facevano già, trasformando il sonno in un parametro quotidiano misurabile, proprio come i passi o le calorie.

La mossa riflette una tendenza più ampia. Quasi tutti i dispositivi indossabili oggi promettono di registrare non solo quando ci addormentiamo, ma anche quanto profondo sia il nostro sonno. Il Whoop 4, per esempio, è un popolare dispositivo indossabile senza schermo che, oltre alle metriche di attività, si concentra sulla qualità del sonno.

Le alternative per chi non ama indossare un orologio o una fascia al polso durante la notte non mancano. L’Oura Ring e i suoi numerosi concorrenti ne sono un buon esempio. Grazie al design meno invasivo, risultano particolarmente adatti a monitorare i parametri vitali notturni senza interferire con il processo stesso che intendono ottimizzare.

Nokia Sleep
Nokia Sleep, un tracker per il sonno non più in commercio che andava infilato sotto il materasso.

Esistono da tempo anche alternative non indossabili. Il mercato propone dispositivi specializzati che, a differenza di orologi e anelli, possono ottenere certificazioni cliniche come strumenti di monitoraggio del sonno, grazie a un’analisi più precisa dei pattern notturni.

Il Withings Sleep Analyser è un esempio recente: un sensore da collocare sotto il materasso, simile a un sottile tappetino cablato, capace di rilevare battito cardiaco e respirazione senza contatto diretto con il corpo. Ricorda il Nokia Sleep, lanciato nel 2018 con grande visibilità ma rapidamente abbandonato a seguito di cambi di strategia commerciale.

In qualunque forma si presentino, questi strumenti rispondono alla stessa esigenza: migliorare uno dei pochi ambiti della vita quotidiana che la tecnologia fatica ancora a ottimizzare in chiave algoritmica. Il mercato della sleep tech vale già decine di miliardi di dollari e le previsioni indicano una crescita significativa entro il prossimo decennio.

La precisione è in genere buona, ma in parte dipende da stime calcolate su parametri come frequenza cardiaca, temperatura e movimenti. Questo li rende abbastanza affidabili ma non immuni da errori. Inoltre, trasformando il riposo in una serie di metriche, rischiano di alimentare ansie che possono compromettere il sonno stesso. Nel complesso svolgono bene la loro funzione, ma, diversamente dal monitoraggio di attività come lo sport, quantificare il sonno resta più complesso perché avviene senza un nostro coinvolgimento cosciente.

Calm è una delle app più popolari per praticare la meditazione e migliorare la qualità del sonno.

Accanto alla proliferazione di dispositivi per monitorare il sonno, anche le app per smartphone dedicate al miglioramento del riposo rivendicano una parte importante del mercato. Il successo di Calm, Headspace, Sleep Cycle, Endel e molte altre dimostra quanto sia diffuso il desiderio di dormire meglio.

Alcune propongono percorsi scientificamente calibrati di meditazione ed esercizi di respirazione. Altre puntano su suoni e musiche, promettendo di calmare le onde cerebrali per facilitare l’addormentamento e prolungare il sonno. Ne abbiamo testate diverse negli anni e, in generale, funzionano. Il problema è che, nonostante le differenze di approccio, condividono tutte la stessa logica: un breve periodo di prova, seguito dall’inevitabile richiesta di sottoscrivere un abbonamento a pagamento. Se funzionano per voi, e la probabilità è alta, vi troverete di fronte a un dilemma ben congegnato: rinunciare alla capacità appena acquisita di dormire meglio o accettare l’ennesima sottoscrizione pur di continuare a riposare.

La tecnologia può dunque aiutarci a dormire meglio, ma può anche alimentare alcune delle nevrosi che spesso ostacolano il riposo. Come per molti altri strumenti tecnologici, il valore sta nell’equilibrio. Usati con consapevolezza e misura, i dispositivi e le app dedicate al sonno possono rendere il riposo davvero più rigenerante. Ma se li trasformiamo in un’altra sfida di ottimizzazione, come si fa con la corsa, il ciclismo o il nuoto, il rischio è che finiscano per produrre l’effetto contrario a quello desiderato.

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