Inventario urbano: le sedute iconiche di Milano

Di autore e non, prodotte in serie o site specific, una raccolta di panchine storiche e nuovissime che connotano il paesaggio urbano milanese.

Negli ultimi decenni la città di Milano è cresciuta per investimenti pubblici e privati. Una certa flessibilità concessa ai grandi investitori immobiliari ha garantito in cambio la nascita di nuovi servizi per la città e lo spazio pubblico che si è generato da tali trasformazioni urbane è diventato espressione di questo pluralismo.


Alle storiche sedute della città, dal Panettone di Enzo Mari disegnato per il Comune di Milano negli anni ’80 come dissuasore ma spesso usato per sedersi in caso di mancanza di panchine, alla classica seduta di legno Doussie, fino a quei “monumenti” per sedersi in città come la fontana dedicata a Sandro Pertini di Aldo Rossi o Accumulazione musicale e seduta di Armand Pierre Fernández in Parco Sempione, si aggiungono e stratificano nuovi oggetti che abitano lo spazio pubblico e che concorrono a costruire una nuova immagine urbana.



L’arredo urbano è per sua natura costituito da materiali resistenti, ben ancorati a terra per evitare che qualcuno se le porti via, facili da mantenere ed economiche nella loro realizzazione. Ma, prima di tutto, per scongiurare l’esperienza di una città inospitale e desolante, devono essere oggetti intelligenti, “aperti” e flessibili nel loro uso. Il suolo della città diventa così una grande interfaccia rigenerabile, aggiornabile e in grado di dare al cittadino la sensazione di uno spazio vissuto e vivibile in cui riconoscersi.



Lo spazio pubblico, infatti, è in primis dei cittadini, di chi se ne appropria, di chi lo ama e di chi lo usa possedendolo fisicamente e mentalmente, come ci esortava a fare Ugo La Pietra già negli anni ’70 attraverso la sua ricerca originalissima e creativa sulla città.

Partendo dal presupposto che “abitare” significa “essere ovunque a casa propria” e sulla scia delle pratiche situazioniste degli anni ’60, La Pietra ricerca una contaminazione tra spazio privato e spazio pubblico per eliminare la barriera tra queste due sfere della nostra vita.

Ecco che attraverso una rilettura e riconversione degli oggetti della città, le strutture di servizio vengono trasformate in strumenti per lo spazio domestico: i cartelli stradali diventano attaccapanni, le cassette della posta diventano grandi salvadanai, i chioschi diventano stanze da letto, le fontanelle si convertono in lavandini domestici e l’illuminazione stradale in abat-jour.


Secondo La Pietra, solo una manipolazione del territorio creativa e liberatoria trasforma ogni angolo della città in potenziale angolo per abitare.

Ugo La Pietra, On the bench, 1972, stampa b/n, Courtesy Laura Bulian Gallery, Milano
Ugo La Pietra, On the bench, 1972, stampa b/n, Courtesy Laura Bulian Gallery, Milano

La strategia per cui il progetto di uno spazio collettivo prevede al suo interno la partecipazione e la responsabilità individuale del cittadino è un percorso progettuale che sempre di più vediamo intrapredere dalle amministrazioni comunali e da enti che si occupano del territorio. Più figure professionali vengono chiamate a guidare gruppi di cittadini in processi di progettazione, nell’auspico della definizione di nuovi scenari urbani più aperti, inclusivi e visionari.

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