Città che vai, Airbnb che trovi: le regole in 10 grandi città

Il sito degli affitti a breve termine ha rivoluzionato non solo il nostro modo di viaggiare, ma anche il volto di tantissime città: ecco come 10 metropoli affrontano il cambiamento.

di Brenda Vaiani

“They paved paradise/And put up a parking lot/With a pink hotel, a boutique/And a swinging hot spot”, cantava Joni Mitchell più di cinquant’anni fa, con la sensibilità di una poetessa che intravedeva la seduttività della nuova vita urbanizzata.

Invece oggi vivere nelle grandi metropoli è sempre più difficile. A rendersene conto è un numero molto alto di residenti e studiosi di politiche urbane che si ritrovano a fare i conti con contesti attrattivi, ma ben poco accoglienti. Lucia Tozzi, studiosa di politiche urbane, nel volume L’invenzione di Milano spiega come il capoluogo lombardo, soprattutto dopo Expo 2015, abbia smesso di rivolgersi a una popolazione residente a favore di una popolazione dinamica, definita “short-term”.

Eppure, il caso più noto resta quello del Portogallo e della sua capitale, Lisbona. Nel 2018, i vicoli suggestivi dell’Alfama, la Torre di Belem e la Plaza do Comércio erano diventati tappe obbligate per i turisti di tutto il mondo: circa 4,5 milioni di visitatori a confronto dei 500 mila cittadini. L’ascesa vertiginosa di Airbnb in questa regione è stata favorita dalla politica dell’alojamento local, che ha deregolamentato il mercato degli affitti di breve durata, rendendolo dal punto di vista fiscale più appetibile rispetto alla locazione tradizionale. 
 


Lisbona, infatti, si unisce ad altre città come New York e Londra, dove la diffusione di Airbnb e degli affitti a breve termine ha avuto gravi ripercussioni: il fenomeno ha contribuito non solo all’aumento del costo sociale, ma ha anche portato a una crescita sproporzionata dei prezzi immobiliari. Di conseguenza, certe zone sono diventate esclusive e fuori portata per molti, senza però garantire una parallela offerta di servizi essenziali o un autentico miglioramento del benessere.

Nel 2007, quando Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk danno vita ad Airbnb, pochi avrebbero potuto prevedere la traiettoria di successo che avrebbe preso. L’idea ha origine a San Francisco, all’interno di un appartamento dove i giovani designer per arrotondare, decidono di affittare un materasso gonfiabile a 80$ a notte, battezzando l’idea “Air Bed and Breakfast”. Da quell’umile inizio, in meno di vent’anni, l’azienda è cresciuta esponenzialmente, ospitando 1,4 miliardi di persone attraverso 4 milioni di proprietari in 220 paesi. Oggi, trattenendo una percentuale su ogni prenotazione, Airbnb vanta una valutazione di 73 miliardi di dollari.

Airbnb ha rivoluzionato per sempre l’idea tradizionale di casa, trasformandola da luogo di residenza a opportunità di investimento. Ma ha anche favorito la gentrificazione di interi quartieri e un incremento del turismo di massa che omologa i centri storici, saturi di affitti a breve termine. Naturale che prima o poi le amministrazioni locali intervenissero. Questo è successo in maniera diversa di stato in stato, spesso a livello regionale o delle singole città.

Ultima la Local Law 18 introdotta a New York a settembre, una normativa che impone restrizioni significative sugli affitti a breve termine, vietando per esempio ai residenti di affittare le loro abitazioni durante i weekend in cui non sono in città. Dunque, un addio (per i turisti) agli eleganti appartamenti centrali di Airbnb per festeggiare addii al nubilato o alle confortevoli abitazioni a due o tre camere in prossimità delle zone museali. Ovviamente tutto questo ha portato alla nascita di un mercato parallelo. Molti infatti si rivolgono ai gruppi Facebook o consultano annunci su Craigslist, dove si trovano tariffe giornaliere. Un’opzione pericolosa che però può esporre sia ospiti che host a potenziali truffe, scoperti come sono dalle garanzie di tutela simili a quelle di Airbnb.

Nel tempo sono state tante le città a regolare gli affitti e molte intendono seguire l’esempio newyorkese: Barcellona per esempio. Anche in Italia è in discussione una proposta di legge che dovrebbe regolare il quadro nazionale. Una cosa è certa: la questione del ruolo delle piattaforme per gli affitti nella definizione del futuro delle nostre città è tutt’altro che chiusa.

New York

Foto peresanz su Adobe Stock

Dopo l’introduzione della Local Law 18, New York ha assistito a una drastica riduzione delle inserzioni Airbnb: in meno di un mese, le offerte sono crollate da 22.500 a soli 3.227. Questa legge impone agli host su Airbnb di registrarsi presso il comune e di rispettare tre condizioni chiave: il proprietario deve risiedere nell’immobile che mette in affitto, deve essere presente durante il soggiorno degli ospiti e non può ospitare più di due persone alla volta. Queste misure, secondo i sostenitori, mirano a liberare alloggi per i newyorkesi, che spesso affrontano affitti proibitivi e una generale carenza di soluzioni abitative. Come conseguenza, Airbnb ha visto scomparire la maggior parte delle sue inserzioni, soprattutto nei quartieri più ricercati della città. Tuttavia, molti trovano modi per eludere le regole: alcuni host di Airbnb si dichiarano esenti dalle normative, mentre altri sembrano infrangerle. 

Barcellona

Foto Erwan Hesry

Barcellona si afferma come una delle città europee maggiormente impegnate nella regolamentazione delle piattaforme di affitti turistici, distinguendosi come l’unico grande centro urbano del continente che vieta l’affitto di singole stanze. Dal 2011, un rigoroso sistema di licenze obbliga le piattaforme a mostrare i numeri di licenza in ogni annuncio. Tuttavia, nonostante questi sforzi, la regolamentazione non sembra aver fermato completamente le irregolarità. Inside Airbnb ha evidenziato che, alla fine di giugno, il 30% dei 15.655 alloggi registrati su Airbnb a Barcellona potrebbe essere illegale, pubblicato con numeri di licenza falsi. Ancora più preoccupante, un ulteriore 25% dei proprietari ha ammesso di non soddisfare i requisiti richiesti per le licenze, anche se Airbnb non verifica tali dichiarazioni. La lotta della città contro gli affitti irregolari, dunque, continua.

Lisbona


A Lisbona, come nel resto del Portogallo, in risposta all’escalation dei costi di affitto, non vengono più rilasciate nuove licenze per Airbnb, ad eccezione delle aree rurali. Ogni licenza verrà ora riesaminata ogni cinque anni ed è stato implementato un sistema di regolamentazione dei prezzi d’affitto. Per incentivare la conversione di alloggi Airbnb in residenze tradizionali, ai proprietari è offerto uno sgravio fiscale.

Berlino

Foto Rico Oder su Adobe Stock

A Berlino, le autorità hanno adottato un approccio rigoroso riguardo agli affitti a breve termine, rispondendo alle sfide di una crescente crisi immobiliare. Nel 2016, avevano introdotto un divieto sugli affitti brevi di interi appartamenti, lasciando una deroga solo per le singole stanze, con l’obiettivo di incentivare gli affitti a lungo termine. Tuttavia, nonostante le rigide regolamentazioni, piattaforme come Airbnb e i suoi rivali hanno evitato di rivelare informazioni sui loro host, complicando il compito delle autorità nel rilevare violazioni. Inoltre, gli host devono ottenere un permesso speciale per affittare un’intera proprietà e le seconde abitazioni sono limitate a 90 giorni di affitto all’anno. Queste misure, sebbene ben intenzionate, hanno visto in diverse occasioni le corti schierarsi con le piattaforme, mettendo in discussione l’efficacia delle norme.

Amsterdam

Foto Nastya Dulhiier

Ad Amsterdam, gli Host possono mettere in affitto le loro proprietà per un limite di 30 notti all’anno, ma ciò richiede l’ottenimento di un permesso specifico per soggiorni brevi.

Firenze


Conseguentemente a quella newyorkese, Firenze ha introdotto una normativa senza precedenti in Italia, proponendo una restrizione agli affitti brevi di Airbnb nel centro storico, riconosciuto come area Unesco. La proposta, avanzata dal sindaco Dario Nardella, prevede di bloccare le nuove registrazioni per affitti brevi sul portale della Tassa di Soggiorno del Comune, senza la quale non è possibile operare legalmente come Airbnb. Questa limitazione non avrà effetto retroattivo. Se ratificata in una seconda votazione, entrerà in vigore entro due mesi. Chi si registra, ma non ha ospiti, dovrà comunque comunicarlo mensilmente alla Questura. Inoltre, attualmente, la registrazione è legata al locatore e non all’immobile; se venduto, il nuovo proprietario non potrà affittarlo per brevi periodi. 

Parigi


A Parigi, la regolamentazione sugli affitti brevi come quelli proposti da Airbnb è al centro dell’attenzione. Nonostante ci siano circa 60mila annunci su Airbnb nella città, l’86,8% rappresenta appartamenti interi e di questi, 16mila superano il limite di 120 giorni di affitto all’anno stabilito dal comune. Per assicurarsi che vengano rispettate queste regole, Parigi ha creato una squadra di controllo, aumentando gli agenti da 20 a 30. Dal 2017, hanno esaminato circa 13.500 appartamenti, infliggendo multe per oltre 2 milioni di euro. Con le Olimpiadi del 2024 in vista, la pressione regolativa cresce: recenti proposte di legge in Francia mirano a stringere ulteriormente le regole per gli affitti turistici. Brian Chesky di Airbnb aveva inizialmente identificato New York come modello, ma ora esprime preoccupazioni sulla possibile direzione presa da Parigi. Chi decide di affittare su piattaforme come Airbnb deve notificarlo al municipio e, in caso di superamento dei 120 giorni o per altre proprietà, è richiesta una conversione in “alloggio arredato”.

Montreal, Quebec e Vancouver

Foto Marco Tjokro

Il Canada sta adottando misure rigide non solo contro Airbnb ma con tutte le piattaforme di affitto a breve termine. In particolare, alcune zone di Montreal, nel Quebec, hanno deciso di vietare completamente i nuovi affitti di breve durata, con l’obiettivo di garantire la disponibilità di alloggi per i residenti locali. Il Quebec, per sua parte, ha stabilito una normativa che limita ogni soggiorno a un massimo di 31 giorni consecutivi. Ma non è solo il Quebec a mettere in atto restrizioni: Vancouver ha introdotto una norma che consente affitti di breve termine solo per un massimo di 30 notti consecutive e, inoltre, l’immobile affittato deve essere la residenza principale del proprietario. 

Edimburgo

Foto Matthew Kalapuch

Edimburgo ha imposto regole stringenti per chi desidera affittare una seconda casa su piattaforme come Airbnb, richiedendo una specifica autorizzazione edilizia. A complicare ulteriormente il panorama degli affitti brevi, il recente piano di sviluppo decennale annunciato nel dicembre 2022 suggerisce un potenziale inasprimento delle norme. Il documento fa infatti presagire che il consiglio cittadino potrebbe avere la facoltà di negare, in futuro, qualsiasi tipo di affitto a breve termine. 

Londra


A Londra, le autorità hanno posto una limitazione sugli host di Airbnb: è possibile affittare la propria proprietà per un massimo di 90 notti l’anno senza necessità di richiedere una variazione d’uso. Queste restrizioni sono state introdotte per garantire una sostenibilità nel settore degli affitti a breve termine e per equilibrare le esigenze tra turismo e necessità abitative dei residenti locali.

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