La camera

Dal dagherrotipo alla scansione sferica: le tecniche più diverse ed eccentriche in mostra a Palazzo De’ Toschi, Bologna, per riscoprire la meraviglia della fotografia.

“La Camera. Sulla materialità della fotografia” è il terzo episodio di un progetto espositivo più ampio, a cura di Simone Menegoi, che indaga il rapporto fra scultura e fotografia, il cui titolo complessivo è “The Camera’s Blind Spot”.

All’interno di un contenitore espositivo costruito dentro la sala maggiore di Palazzo De’ Toschi, sono presentate opere realizzate con le tecniche fotosensibili più insolite e rare fra quelle attualmente in uso oggi presso artisti visivi e fotografi: dai dagherrotipi di Evariste Richer alle stampe al platino di Paul Caffell, dalle scansioni fotografiche sferiche di Attila Csörgő ai “monotipi a getto d’inchiostro” di Justin Matherly.

“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento

Una rassegna di eccentricità, arcaismi, hapax legomena fotografici il cui scopo è quello di spiazzare le aspettative comuni dello spettatore rispetto alla fotografia, e di fargli sperimentare di nuovo, almeno per un istante, la meraviglia del suo avo ottocentesco di fronte a un’invenzione che ha rivoluzionato la cultura visiva e il rapporto stesso con la realtà. Non è una sfida al digitale (le tecniche digitali, del resto, dalla scansione alla stampa 3D, sono alla base di alcune delle opere in mostra) quanto alla sua egemonia assoluta; all’idea che, dopo l’avvento della ripresa digitale, ogni altra tecnica fotografica sia diventata obsoleta, e non possa che essere abbandonata.

Infine, la scultura riemerge nei soggetti: le sculture romane fotografate da Paolo Gioli con un procedimento di sua invenzione, che comprende una pellicola fosforescente, oppure le stalattiti e stalagmiti, vere e proprie sculture naturali, fissate su vetro da Dove Allouche con la tecnica ottocentesca dell’ambrotipia. Più spesso, la scultura si ripropone nella presenza fisica di opere basate su tecniche fotografiche, e che tuttavia si stenta a chiamare “fotografie”: ad esempio, la Structure for Moon Plates and Moon Shards (2015) di Johan Österholm, una costruzione realizzata con i vetri di una vecchia serra per fiori, spalmati di emulsione fotosensibile e poi esposti alla luce della luna. In tempi di smaterializzazione dell’immagine fotografica, i singolari “oggetti fotografici” in mostra si propongono come sculture vere e proprie. 

“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento
“La Camera. Sulla materialità della fotografia”, Palazzo de’ Toschi, Bologna, veduta dell'allestimento


fino al 28 febbraio 2016
La Camera. Sulla materialità della fotografia
a cura di Simone Menegoi
in collaborazione con Banca di Bologna
Palazzo De’ Toschi
piazza Minghetti 4/D, Bologna