Gianni Piacentino

Alla Fondazione Prada di Milano, l’antologica curata da Germano Celant esplora la carriera di Gianni Piacentino: più di 100 lavori in ordine anticronologico, dal 2015 fino al 1965.

La nuova mostra della Fondazione Prada di Milano è un’antologica dedicata a Gianni Piacentino (Torino, 1945), a cura di Germano Celant. Il percorso espositivo, ospitato nei due livelli del Podium, riunisce più di 100 lavori ed esplora la carriera dell’artista seguendo un ordine anticronologico, dalle opere più recenti realizzate nel 2015 fino ai lavori datati 1965.
Gianni Piacentino
“Gianni Piacentino”, vista della mostra alla Fondazione Prada – Milano. Photo Delfino Sisto Legnani. Courtesy of Fondazione Prada
La ricerca di Piacentino si avvia in un contesto culturale e artistico caratterizzato da un crescente distacco dall’enfasi posta sulla dimensione soggettiva che aveva animato l’Action Painting e l’Informale e dallo sviluppo di un nuovo linguaggio visivo tra l’attenzione all’immaginario popolare e consumistico e l’apprezzamento per forme geometriche e primarie. Il suo fare non s’inscrive però in nessuna delle due tendenze allora dominanti – Pop art e Minimal art – ma opera, secondo la lettura inedita di questa mostra, un’osmosi tra le due. Alla ricerca di un punto d’incontro tra le due correnti, Piacentino trova una risposta nel mondo della velocità e dei mezzi di trasporto come l’automobile, la moto e l’aereo, prodotti della cultura popolare che, pur non appartenendo all’arte pura, sono la testimonianza di un’estetica industriale. In tale senso, l’artista si avvicina alle fantasie aerodinamiche di molti artisti californiani: da Billy Al Bengston a Craig Kauffman, da John Mc Cracken a John Goode.
Gianni Piacentino
“Gianni Piacentino”, vista della mostra alla Fondazione Prada – Milano. Photo Delfino Sisto Legnani. Courtesy of Fondazione Prada
Come spiega Germano Celant: “È in questo clima storico di oscillazione tra arte e design, tra artigianato e industria, tra utile e inutile, tra unicità e serie, che si colloca il contributo di Piacentino, le cui alterità e singolarità risiedono proprio nella dialettica tra i due poli. Sin dal 1965 le sue sculture approdano a un risultato che trascende l’oggetto funzionale, sebbene quest’ultimo rimanga riconoscibile come possibile entità industriale e dalle caratteristiche decorative, perché derivate da una cultura intrisa di scienza applicata, di esperienza artigianale, di precisione meccanica e di processi strumentali di alta ingegneria”. I suoi primi oggetti monocromatici, ad esempio, sembrano collocarsi nel campo della ricerca di forme primarie. In realtà si tratta di elementi come tavoli e portali che non sono funzionali al vivere quotidiano, ma strumentali a una possibile configurazione sul piano visivo e plastico. Attraverso la presentazione negli anni Settanta e Ottanta dei suoi veicoli, portatori di segni culturali ed estetici, e la produzione successiva di barre decorate e tele ispirate al mondo dell’aeronautica, dei Combine Painting e delle strutture metalliche come i più recenti Cantilever, Piacentino dimostra un’attrazione per la disciplina costruttiva che comporta sia eleganza e perfezione, sia la predilezione per un controllo assoluto delle proprietà fisiche e cromatiche dei materiali.

 

Durante il suo percorso artistico, Piacentino si è posto alla guida del processo creativo seguendo, come nel settore del design, tutte le fasi inscritte in uno schema di produzione industriale. Come afferma Germano Celant, la sua avventura artistica ed estetica rappresenta “un’uscita assoluta dall’imperfezione, dall’istantaneità e dalla casualità del fare arte, per accedere a un universo di perfezione, calcolo e concentrazione, così da poter competere, sul piano del sublime e dell’assoluto, con un veicolo da corsa o da volo”.


fino al 10 gennaio 2016
Gianni Piacentino
Fondazione Prada
Largo Isarco 2, Milano

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