World Trade Center

L’opinione pubblica può fare da sola una città? L’architettura può esprimere dolore e eterno ricordo? Queste e altre domande si è posta Alessia Reinach nella sua tesi di laurea.

World Trade Center
L’opinione pubblica può fare da sola una città? L’architettura può esprimere dolore e eterno ricordo? Quando si fa architettura in un luogo martoriato, si cerca di assecondare il volere pubblico e quindi di piegarsi al sentimentalismo, oppure si progetta solo per la committenza a discapito del risultato finale?
Il caso della ricostruzione del World Trade Center di Manhattan è un esempio di come a New York, l’opinione pubblica ha avuto un ruolo importante nelle fasi iniziali della riprogettazione del nuovo WTC. I progetti che sono stati presentati dai primi mesi del 2002 al 2004, sono stati approvati o meno dalla Lower Manhattan Development Corporation (LMDC), dalla Port Authority, dall’allora governatore George Pataki, dall’allora sindaco Michael Bloomberg e dal locatario Larry Silverstein, ma soprattutto sono stati valutati positivamente o negativamente dai newyorkesi.
La ricostruzione del World Trade Center e il ruolo dell’architettura tesi di laurea di Alessia Reinch
Alessia Reinach, La ricostruzione del World Trade Center e il ruolo dell’architettura

Dopo l’11 settembre la città era divisa tra chi voleva la ricostruzione immediata, com’era dov’era, delle torri Gemelle; chi, invece, voleva la ricostruzione di grattacieli ancora più alti così da dimostrare la superiorità americana; chi voleva edifici bassi perché l’altezza oramai faceva paura e chi, infine, non voleva proprio che si costruissero nuovi grattacieli, ma semmai un memoriale per le vittime.

I newyorkesi affrontarono la ricostruzione e le proposte ponendo come primo punto fondamentale l’eterno ricordo dei loro parenti o amici che avevano perso la vita quel giorno. I politici e i proprietari del sito, invece, vedevano nella ricostruzione la rinascita di Lower Manhattan, dal punto di vista finanziario. L’obiettivo fondamentale era quello di ricostruire spazi per gli uffici andati perduti, e soprattutto trovare un modo per far tornare gli acquirenti e le aziende. Due punti di vista completamente differenti, ma che dovevano trovare un punto comune.

Alessia Reinch, <i>La ricostruzione del World Trade Center e il ruolo dell’architettura</i>
Alessia Reinach, La ricostruzione del World Trade Center e il ruolo dell’architettura

I primi progetti furono presentati dagli architetti Beyer Blinder Belle, voluti dalla LMDC, ma vennero ritenuti troppo formali e rigidi. Venne quindi indetto un concorso per il masterplan del sito, e i due finalisti furono lo studio Think, Raphael Viñoly, con “World Cultural Center”, e lo studio Daniel Libeskind con “Memory Foundations”. Il progetto di Think fu definito troppo macabro e scarno, mentre quello di Libeskind fu chiamato meraviglioso. Il suo progetto racchiudeva tutto ciò che si era detto di volere: una torre di 1776 ft. (540 mt.), la Freedom Tower, un parco per il memoriale con la piazza centrale “Cuneo di luce”, altri edifici per uffici e un Transportation Hub, voluto dalla Porth Autority Trans Hudson (PATH). Il “Cuneo di luce” era il fiore all’occhiello del progetto: ogni 11/09 tra le 8.45 e le 10.30, orari in cui furono colpite e abbattute le torri Gemelle, il sole avrebbe illuminato la piazza. In seguito a studi sulle ombre, l’arch. Ely Attia dimostrò come il sole non avrebbe mai illuminato la piazza a causa del nuovo hotel Hilton lì costruito. Non servirono le spiegazioni dello stesso progettista, in cui affermava che la piazza sarebbe stata illuminata grazie alla riflessione degli edifici circostanti, a risollevare le sorti del progetto. Il “Cuneo di luce” venne chiamato “Cuneo d’ombra”, “Cuneo di Menzogne”e affondò il progetto. Intervenne allora Silverstein che licenziò il progetto di Libeskind a favore di un nuovo progetto, portato avanti dai suoi architetti SOM con David Childs. L’intero masterplan fu cambiato: la Freedom Tower venne chiamata One World Trade Center e nacque dall’unione forzata tra Libeskind e Childs; il memoriale fu progettato da Michael Arad e Peter Walker, e fu chiamato “Reflecting Absence”; del Transportation Hub se ne occupò Santiago Calatrava e le altre tre torri, 2, 3 e 4, furono commissionate a Sir Norman Foster, Richard Rogers e Fumihiko Maki.

Una volta definiti i progetti e i loro architetti, sorge spontanea la domanda: l’architettura ha assolto il compito di dar voce al dolore e alla rinascita, più volte espresso dall’opinione pubblica, o ha esaudito il volere commerciale della classe dirigente ed è stata una fiera delle vanità per gli architetti?


La ricostruzione del World Trade Center e il ruolo dell’architettura
tesi di laurea di Alessia Reinach
Politecnico di Milano, scuola di architettura e società, laurea specialistica in Progetto e tutela per il patrimonio costruito, aa, 2013-2014
Relatore prof. Alessandro Rocca, Scuola di Architettura e Società, Politecnico di Milano

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