Salviamo Topolò

Dopo 20 anni, il festival di cultura e sperimentazione “Stazione di Topolò” è a rischio. Domus ne parla con uno dei principali sostenitori, l’illustratore Guido Scarabottolo.

Stazione di Topolò” è un festival di cultura, tradizione locale e sperimentazione che ogni anno attira artisti da tutto il mondo e un pubblico di 6.000 persone in un piccolissimo paese all’estremo confine tra Italia e Slovenia.
In un luogo poco accogliente, a causa dei divieti militari postbellici, “Stazione di Topolò” non è solo un festival né una semplice una mostra, ma piuttosto un’operazione che raccoglie lingue, culture e modalità espressive diverse.
Stazione di Topolò
La "sala" della Pinacoteca Universale di Topolò (PUT). Photo Alfredo Mardero
Dopo vent’anni di onorata attività, a causa degli ultimi tagli regionali alla cultura, il festival è ora a rischio. Una serie di iniziative di solidarietà (tra cui una colletta online e un’asta organizzata dalla galleria milanese L’Affiche) ne hanno consentito quest’anno una versione ridotta (dal 12 al 21 luglio: 10 giorni anziché 15), ma il futuro resta incerto. Domus ne ha parlato con Guido Scarabottolo, uno principali appassionati sostenitori.
Stazione di Topolò
L'intervento di Francesca Zoboli alla edizione 2012 del festival “Stazione di Topolò”. Photo Maria Silvano

Elena Sommariva: Può spiegarci quali iniziative sono state messe in cantiere per salvare il festival?

Guido Scarabottolo: Si è appena chiusa una “colletta online che ha raccolto poco meno di un quarto della cifra sperata. La Galleria l’Affiche di Milano ha organizzato “quasi un’asta” lo scorso 25 giugno e c’è appena stato un “Topolò’s day” a Graz a cura dell’associazione culturale Rhizom. E spero che altre iniziative spontanee come questa abbiano luogo altrove nel mondo.

La Stazione avrà comunque luogo in edizione ridotta dal 12 al 21 luglio. Personalmente, mi auguro che il sostegno economico continui ad arrivare, dato che il lavoro del festival non si esaurisce nei dieci giorni di Topolò. Purtroppo, il primo risultato dell’assenza di finanziamento è che non c’è più un sito web con il programma del 2013. Ma, dato che il denaro è l’ultima delle preoccupazioni delle persone che ci lavorano, sono sicuro che il festival se la caverà anche senza contributi pubblici, come nei suoi primi anni di vita.

Stazione di Topolò
Per Platou inaugura l'ambasciata norvegese alla edizione 2012 del festival “Stazione di Topolò”. Photo Maria Silvano

ES: Com’è nato, con quale spirito e per iniziativa di chi, il festival di Topolò, vent’anni fa?

Guido Scarabottolo: L’idea iniziale è di Moreno Miorelli, subito affiancato da Donatella Ruttar, entrambi sono tuttora direttori artistici del festival. Antonella Bukovaz è l’attuale presidente dell’associazione. “Stazione di Topolò” alterna nel suo programma le proposte che riguardano la cultura, la tradizione locale con una sperimentazione (visiva, sonora, narrativa, performativa e realizzata da artisti provenienti da tutto il mondo) che nasce esclusivamente dal rapporto con il luogo. Il risultato è un mix di arcaicità e sperimentazione, locale e globale: un mix che ha portato Topolò alla ribalta internazionale non solo per quanto riguarda l’aspetto artistico. Il progetto è portato come esempio di possibile via per una rinascita sociale, culturale ed economica di luoghi che vivono, per motivi diversi, un forte disagio.

Stazione di Topolò
Concerto della DobiaLab Orchestr al festival “Stazione di Topolò”. Photo Maria Silvano

ES: Perché proprio a Topolò? E quali sono state le sinergie del festival con il paese e il suo territorio?

Guido Scarabottolo: Topolò e tutta l’area delle Valli del Natisone sono state fortemente penalizzate dalla presenza incombente del confine italo-jugoslavo; di fatto, dopo il 1945, l’area è diventata zona militare ed è stata esclusa da tutti i processi economici e sociali (dal “boom” in avanti) che hanno segnato la storia d’Italia. Topolò ha perso in questo periodo il 90% dei suoi abitanti pagando a caro prezzo la sua posizione di borgo di estremo confine

Il progetto “Stazione/Postaja” non è dunque meramente un festival né una semplice una mostra, ma piuttosto un’operazione che coinvolge aspetti della vita, passata e futura, filtrandoli attraverso la lente della ricerca artistica. In questo luogo, da sempre votato all’inospitalità a causa dei divieti militari postbellici, gli artisti vengono ospitati nelle case del paese, diventano parte della comunità e creano per alcuni giorni una Topolò che raccoglie lingue, culture e modalità espressive diverse.

Stazione di Topolò
Il pianista Andrea Rucli e il soprano Claudia Grimaz al festival “Stazione di Topolò”. Photo Maria Silvano

ES: Qualche esempio di opere effimere o permanenti (come la PUT) realizzate nell’arco degli anni?

Guido Scarabottolo: Postaja Topolove, proprio per la sua attività molteplice che non comprende solo l’arte ma anche tematiche legate alla storia, all’etnografia e al sociale, ha una vasta ramificazione che include Paesi anche lontanissimi: dal 1994 sono ben 14 gli artisti neozelandesi che hanno partecipato alla manifestazione di luglio, tanto che in paese è stata inaugurata nel 2009 una “ambasciata” simbolica, dedicata a quello Stato che fa seguito a quelle già presenti di Repubblica Ceca, Olanda e Norvegia. Sul posto, viene privilegiato il lavoro con i ragazzi e le ragazze attraverso laboratori, gratuiti, di musica e di arti visive (fotografia e video) diretti da artisti di provata esperienza. Fiore all’occhiello sono i gruppi Les Tambours de Topolò, che si sono esibiti in molte regioni italiane, in Croazia, Inghilterra, Ungheria, Slovenia e Austria e la Topolovska Minimalna Orkestra, specializzata nell’esecuzione di spartiti di musica minimalista e composta, come Les Tambours, da giovanissimi musicisti delle valli attorniati da musicisti professionisti provenienti dall’area friulana e giuliana.

Anche la scienza trova casa a Topolò: un esempio è Mario Raviglione, direttore del dipartimento StopTb (tubercolosi) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di Ginevra, che ha fondato l’Officina Globale della Salute di Topolò con la quale viene organizzata ogni anno, il 24 marzo (World TB Day), la maratona sonora di 24 ore ToBeContinued, con 48 concerti live provenienti dai cinque continenti. Un simposio internazionale di matematici (università di Parigi, Lione, Heidelberg, Torino, Udine, Trieste) dedicato alla topologia è stato realizzato nel 2011 e sarà replicato nel 2014.

Tra le “istituzioni” permanenti, la P.U.T. (Pinacoteca Universale di Topolò), ideata nel 2010 da me, Giovanna Durì, Sara Codutti e Alfredo Mardero ha sede all’interno di Casa Juliova, in paese. E ancora l’Istituto di Topologia di Topolò, creato da Piero Zanini. Ogni anno, transitano per la “Stazione” registi e opere cinematografiche (documentari, soprattutto) che hanno quale filo conduttore la storia di luoghi e comunità.

Stazione di Topolò
La sede delle Poste di Topolò. Photo Maria Silvano

ES: Il confine come luogo d'incontro anziché divisione: com’è stato messo in pratica negli anni questo tema di fondo?

Guido Scarabottolo: Da molti anni, Postaja Topolove collabora attivamente ai progetti realizzati da Unikum – Centro Culturale dell’Università di Klagenfurt organizzando eventi artistici legati anche a escursioni che portano alla conoscenza di aree poco conosciute tra i confini di Italia, Slovenia e Carinzia.

Il volume trilingue Atlas è uno dei frutti di tale collaborazione, così come il progetto europeo Klopfzeichen/Colpi/Potrkavanje (2009 – 2011) in collaborazione con Unikum. Dal 2012 è partner anche del Festival Internazionale del Cinema “Kino Otok” che si svolge nel mese di giugno a Isola d’Istria, in Slovenia. Ma le nostre collaborazioni non si limitano ai Paesi confinanti: un fattivo scambio di artisti è in corso con MoKs, centro per le arti contemporanee con sede a Mooste, in Estonia e con PNEK, piattaforma per le arti elettroniche con sede a Oslo, Norvegia.

 

 

La “Stazione/Postaja” ha attirato l’interesse anche del mondo accademico: al momento sono 6 le tesi di laurea che ne hanno approfondito i vari aspetti; altre due tesi sono in corso d’opera.

ES: Chi partecipa al festival? Come avviene la selezione?

Guido Scarabottolo: Ci sono le relazioni tra le persone, innanzitutto. Poi chi c’è stato racconta, chi è incuriosito approfondisce, chi vuole propone e prima o poi qualcosa succede. Io, per esempio, sono stato trascinato da Piermario Ciani (che tra le altre cose ha fatto bellissime edizioni di francobolli per le Poste di Topolò) e qualche anno dopo il primo breve soggiorno, durante il quale mi è capitato di rincontrare per caso Piero Zanini, ho proposto un progetto e l'anno successivo abbiamo inaugurato la PUT.

Stazione di Topolò
Uno di 1.700 disegni di Serafino Loszach, conservati a Topolò. Photo Maria Silvano

ES: Che tipo di pubblico attira l’iniziativa? Quante persone arrivano ogni anno per assistere al festival?

Guido Scarabottolo: Durante i 15 giorni (oggi ridotti a 10) si calcola un pubblico intorno alle 6.000 persone: è un pubblico fedele, che torna di anno in anno. Ma ho l’impressione che i grandi numeri abbiano sempre preoccupato la direzione del festival, così la “comunicazione” è sempre stata molto sottotono e anche il passaparola si è fatto un po’ sottovoce. Il parcheggio è piccolo e la strada stretta, dicono sempre.

Tuttavia, l’impatto economico sull’area è evidenziato dai numerosi turisti che frequentano Topolò e i suoi dintorni durante l’intero arco dell’anno. Postaja Topolove provvede al mantenimento di una grande casa – casa Juljova – che è la base organizzativa della manifestazione.

Stazione di Topolò
Laboratorio di musica per campionatore al festival “Stazione di Topolò”. Photo Maria Silvano

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