Not Afraid of Love

Ivo Bonacorsi ha intervistato Maurizio Cattelan in occasione della sua mostra alla Monnaie de Paris, dopo che l’artista aveva dichiarato che la mostra del Guggenheim sarebbe stata l'ultima.

Ivo Bonacorsi: Che bello ritrovarti proprio qui alla Monnaie de Paris, se ci affacciamo sulla Senna in fondo siamo a due passi da dove Yves Klein gettava oro nel fiume.

Maurizio Cattelan: Sì e in cambio… Ivo Bonacorsi: Rilasciava assegni (o certificati se preferisci) di zone di sensibilità pittorica immateriale… Ti confesso che quando hai abbandonato ho pensato, almeno sul momento, che si trattasse di una fuga psicodissociativa. Maurizio Cattelan: Non sono stato via tanto però. Ivo Bonacorsi: Era il sistema dell’arte a essere diventato troppo complicato? O magari un campo d’azione limitato. Maurizio Cattelan: Assolutamente no! Lo sai bene che io uso esattamente questo tipo di parametri in relazione al mio lavoro.

Ivo Bonacorsi: Cominciavano tuttavia a uscire sulla stampa un sacco di storielle idiote sul fatto che tuoi lavori emblematici diventassero multipli. Credo di avere visto la foto de La Nona Ora in miniatura da qualche parte e mi dicevo che in fondo, visto che lo aveva fatto anche Rodin, perché non concentrarsi sul fatto che eri al Guggenheim con una fantasmagorica personale e tenevi tutti con il naso all’insù. Maurizio Cattelan: Ti era piaciuta ALL? Ivo Bonacorsi: Devo confessare moltissimo, e ancora mi chiedo visto che al Guggenheim avevano rognato con artisti del calibro di Beuys, come avevi fatto a convincere Nancy Spector e i tuoi collezionisti a creare quella situazione di suspence. Maurizio Cattelan: Credimi è stato più difficile con trasporti e assicurazioni.

In apertura: Maurizio Cattelan, Not Afraid of Love. Others, 2011. Qui sopra: Senza titolo, 2001

Ivo Bonacorsi: Oramai è assodato, hai fatto morire d’invidia più di una generazione d’artisti con quel traguardo e quell’allestimento. La fine sembrava nell’aria, visto che avevi immaginato cose del tipo un dito medio monumentale davanti alla borsa di Milano o appunto quel palo della cuccagna nella spirale del più iconico dei musei americani. E un povero Pinocchio riverso nella piscina. Anche qui alla Monnaie si potrebbe avere questa sensazione. Non mi pare tu abbia messo qualcosa di nuovo, o sbaglio? Maurizio Cattelan: Certo che sì, forse sono entrato in una dimensione post-oggettuale. La mostra che vedi è abbastanza sorprendente e l’atmosfera non mi pare quella di Torna a casa Lassie.

Ivo Bonacorsi: Chiara Parisi è una direttrice e una curatrice esperta e ti avrà spiegato che quello francese non è un pubblico facile. Intanto c’è di mezzo un po’ di sciovinismo e in tempi di populismo dilagante non aiuta. A loro, poi, piacciono i film in lingua originale. Maurizio Cattelan: Poi però li sottotitolano ed è quello che abbiamo fatto noi, persino nella segnaletica della mostra. Zeppi di punti di vista di persone diverse pro e contro il mio lavoro. E quindi il mio ritorno suona pressapoco: meme pas peur… de l’amour…

Maurizio Cattelan, Not Afraid of Love, veduta della mostra alla Monnaie de Paris

Ivo Bonacorsi: Grazie al cielo nel complesso di colpa con l’inglese il tuo originale suona davvero molto più Nouvelle Vague. Maurizio Cattelan: Pensi che un titolo alla Philippe Garrel del tipo J’entend plus la guitare oppure Le vent de la nuit sarebbe stato più appropriato? Ivo Bonacorsi: Di fatto per non correre rischi avete reinstallato Charlie don’t surf… Maurizio Cattelan: E così li ho inchiodati tutti sul banco, dal momento che qui con i filosofi, il Vietnam o l’adolescenza mi pare non si scherzi.

Ivo Bonacorsi: Si, poi vedo che ci sono anche la Donna crocefissa, e 900. Come se tu fossi diventato un realista, ma un po’ come lo era Courbet. Maurizio Cattelan: Non ho mai avuto problemi con i classici e lo sai la storia dell’arte l’ho saltata a piè pari. Qui c’è lo stesso tamburino che avevo installato sul cornicione del Louvre, e il pubblico in coda era di fatto più preoccupato che il ragazzino cadesse che per le opere d’arte che avrebbe visto una volta entrato  nel museo. Ivo Bonacorsi: Se non mi sbaglio “Not Afraid of Love”, la frase che hai appena finito di stamparmi con un timbro rosso sul braccio, era anche il titolo di quell’elefante coperto dalla gualdrappa bianca. Cos’era una specie di burqa che lasciava scoperti solo occhi e proboscide? O un cappuccio da KKK? Però qui non c’è… Maurizio Cattelan: A dire il vero era un capuccio da KKK un po’ lugubre e non solo qui a Parigi si ride sempre di meno… che dici?

Maurizio Cattelan, Not Afraid of Love, veduta della mostra alla Monnaie de Paris

Ivo Bonacorsi: Continuo a chiedermi perché in Italia sei entrato nella tradizone del giullare, che è fatta di grandi alla Benigni o alla Dario Fo, mentre all’estero ti considerano un esistenzialista. Maurizio Cattelan: Sarà che l’arte italiana non ha seri problemi. Ivo Bonacorsi: Oppure l’hai liberata dai problemi seri almeno alle aste. Maurizio Cattelan: Però quando li ha sembrano essere problemi sempre più scatologici che escatologici.

Ivo Bonacorsi: Ti riferisci al tuo ritorno al Guggenheim? A proposito America, la tua replica della toilette originale del Guggenheim in oro a 18 carati, l’hai installata per ricollegare Piero Manzoni a Marcel Duchamp? O per ricordare al mondo che Trump non è ‘presidenziabile’ per davvero? Ma come farai tu che vivi a New York! Maurizio Cattelan: Avevo pensato di aggiungere Bill Clinton di spalle con il pantalone abbassato per aiutare anche i miei collezionisti repubblicani ma non avrebbe funzionato. Però vedi anche con il Kennedy non è che non mi occupo di politica in senso stretto. Ivo Bonacorsi: Neppure Warhol. Però il tuo Belpaese – quel tappeto-ritratto sotto cui spazzare la cenere dei nostri scandali – a un certo punto ti è valso anche una laurea ad honorem e in compagnia di Tina Anselmi, per anni presidente dell’Antimafia.

Maurizio Cattelan, Not Afraid of Love. Senza titolo, 2007

Maurizio Cattelan: Lo vedi, in Italia anche per l’arte contemporanea ci fidiamo solo di Eugenio Scalfari e Marco Belpoliti. Ivo Bonacorsi: Per via di un articolo del 2011 pubblicato su Doppiozero, The End. Berlusconi & Cattelan. Maurizio Cattelan: Hanno attribuito a me e al mio lavoro un ruolo decisamente sociologico, un poco come fossi un Damien Hirst ossessionato dal valore o Banksy fissato con la street art e i parchi a tema. Ora posso rivendicare la tradizione di Boetti o De Dominicis? Ivo Bonacorsi: Continui a defilarti, e infatti anche coloro che detestano il tuo lavoro non riescono mai tirarti, che so, una riproduzione del Duomo di Milano o una con il dito medio in marmo che avevi installato davanti alla Borsa Valori. Maurizio Cattelan: Speriamo non in faccia come al vecchio presidente del consiglio, anche perché esattamente come lui non è che me ne sia mai andato veramente. Col potere si corre il rischio di prenderci gusto e non è così semplice. Qualcuno scappa con la cassa, io con una pietra tombale sotto il braccio.

Ivo Bonacorsi: A proposito delle aberrazioni del potere, qui alla Monnaie ha rifatto capolino anche Him, la tua controversa opera con Hitler inginocchiato. Prima a Varsavia e poi davanti alle La fine di Dio di Fontana da Gagosian. Qui è una figura malinconica alla Harendt. E in un contesto quasi intimista di questo tipo è un altro monumento alle infinite e possibili fini dell’arte. Maurizio Cattelan: Oggi vanno molto di moda questi prolungamenti e sinergie tra grandi mostre ed eventi. Ivo Bonacorsi: Venendo qui pensavo che riproponendo lavori conosciuti giochi di fatto un ruolo distensivo nei confronti di tante storie infinite del mondo dell’arte. Maurizio Cattelan: Vuoi dire che posso continuare mandare il mio Picasso a stringere la mano ai visitatori in coda alle grandi mostre in giro per il mondo? Ivo Bonacorsi: Forse si. Visto che con la libido imprenditoriale tu ci sai proprio fare. Speriamo tu ci faccia dimenticare che il 2016 è stato un anno terribile.

Maurizio Cattelan, Not Afraid of Love. Senza titolo (Gérard) , 1999

Maurizio Cattelan: Oddio non descrivere la situazione come “il primo della classe è tornato”. Ivo Bonacorsi: Io lo spero e spero anche non sia solo per fare contenti Emmanuel Perrotin, o il mercato. Maurizio Cattelan: Che dici avrei dovuto portare più lavori? Non solo tamburini, barboni, ragazze crocefisse e così via. La lunga lista che include cavalli, lo scoiattolo suicida e anche un paio di somari. Ivo Bonacorsi: A proposito, hai visto che l’altro giorno a Frieze c’era una maglia n.10 della Roma con la scritta Boetti? Per un attimo ho davvero pensato che fosse tua. Maurizio Cattelan: Come sai le mie squadre di calcio sono sempre state piene di migranti e con panchine molto lunghe ma di questi tempi, tra muri e frontiere, non sono situazioni facili da gestire.

Ivo Bonacorsi: Però il nostro amato Alighiero (Boetti n.d.r.) stanco dei successi dell’Arte Povera partì solo con un quaderno a quadretti alla conquista dell’Afghanistan. Maurizio Cattelan: Non si era però inventato squadre di calcio come Rauss da vendere, come alcuni grandi club italiani, a un magnate cinese. Tu che dici avrei dovuto semplicemente godermi la pensione? Ivo Bonacorsi: No. È come in F for fake nel quale non capiamo se l’arte che stiamo producendo di fatto implichi di battere moneta falsa o partire con un lavoro nuovo di zecca.

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fino al 8 gennaio 2017
Not Afraid of Love
Monnaie de Paris
11 Quai de Conti, Parigi