Ma il leitmotiv della mostra è il modo in cui queste topologie stanno dando forma a un ordine nuovo, in cui il paesaggio si può interrogare, sonorizzare e percorrere. Il modo in cui artisti e scienziati hanno creato le loro opere con questo ambiente fatto di segnali e di onde che hanno origine nella natura e in noi stessi è molto vario e interessantissimo. E altrettanto interessanti sono i modi in cui artisti, militanti, hacker e dilettanti si siano adoperati a dare realtà ad alcune delle idee più forti e durature sulle possibilità dello spazio radio. Si può dire che le onde radio sono un territorio nuovo creato da infrastrutture invisibili? Dopo aver visitato la mostra possiamo senza ombra di dubbio rispondere affermativamente. Anthony DeVincenzi, con la sua installazione Invisible Forces, risponde alla domanda "Che cosa c'è intorno a noi?" mostrando come questo nuovo territorio sia abitato da molto più di quanto non si possa vedere, toccare, percepire. Spiega DeVincenzi: "Oltre all'atmosfera, materiale particolare e solido, il nostro corpo viene in contatto con molte forme di radiazioni invisibili: onde elettromagnetiche, WiFi, GSM, audio e rumore bianco". Timo Arnal da parte sua rende visibili queste infrastrutture. Il suo progetto Nearness, Wireless in the World, Light Painting Wifi usa la forza del segnale della pittura luminosa in fotografie a lunga esposizione per esplorare le reti WiFi degli spazi urbani, realizzando una cartografia completa di questi paesaggi cittadini.
José Luis de Vicente: Nella mia opera c'è un interesse costante per le infrastrutture della società dell'informazione, per i fattori storici, politici e tecnologici che le hanno determinate e per l'impatto che hanno su noi cittadini. Penso che sia difficile parlare della tecnologia come strumento di trasformazione senza prestare maggiore attenzione a ciò che succede a livello di infrastrutture. È una cosa molto comune in architettura e in urbanistica, per ovvie ragioni, ma non altrettanto del design o nell'arte contemporanea. Una delle grandi narrazioni in materia è il progressivo processo di conquista e di colonizzazione della banda radio nel corso del XX secolo, che in certo qual modo culmina nel passaggio al digitale dei primi anni del XXI. Ho spesso pensato che fosse una storia che mancava di una narrazione coerente e di una valutazione da prospettive disciplinari differenti. Camps invisibles non consiste in questo (sarebbe stata un'opera titanica, il lavoro di una vita) ma vuole essere un mattone per costruire questa grande storia. Sia io sia l'altra curatrice, Honor Harger, siamo da tempo affascinati da questo tema e abbiamo realizzato in precedenza progetti sull'argomento. Lei ha svolto dei lavori d'avanguardia nel settore come membro del collettivo artistico radio q u a l i a, ha conseguito un dottorato con una ricerca su arte e radioastronomia e, come direttrice dell'AV Festival di Newcastle, ha organizzato nel 2008 un grande convegno e una mostra sul tema. Io prima avevo fatto una piccola mostra al festival ZEMOS98 di Siviglia intitolata Riprendiamoci la banda e, con Irma Vila e lo studio di visualizzazione Bestiario, avevo elaborato un progetto intitolato Atlante dello spazio elettromagnetico, una rappresentazione del piano delle frequenze che fungeva anche da catalogo degli interventi sulla banda radio di artisti, hacker e designer.
Le infrastrutture diventano sempre meno invisibili a mano a mano che comprendiamo di essere avvolti dalle loro reti e diventiamo sempre più coscienti dell'impatto che il loro malfunzionamento ha su di noi
Negli ultimi quindici anni c'è stata una discreta quantità di elaborazione teorica sull'impatto delle onde radio e della radiotecnologia sullo spazio urbano: dall'accento posto da William J. Mitchell sulla concezione dell'essenza della città contemporanea non solo con spazio di cemento e mattoni ma anche come flusso di informazione convogliato dalle onde, fino all'idea di "spazio hertziano" di Anthony Dunne, che ha contribuito a concepire gli spazi e gli oggetti di oggi come entità ibride, nelle quali il materiale e l'invisibile (ma certamente reale e misurabile) coesistono. Naturalmente questo filone di pensiero è diventato più importante da quando le tecnologie mobili e le rete WiFi si sono diffuse nel livello del costruito e hanno iniziato a determinare e condizionare in modo massiccio l'esperienza del luogo. Per fortuna queste infrastrutture diventano sempre meno invisibili a mano a mano che comprendiamo di essere avvolti dalle loro reti e diventiamo sempre più coscienti dell'impatto che il loro malfunzionamento ha su di noi. Ne è un buon esempio la "crisi hertziana" che la grande concentrazione nel centro delle città spagnole ha provocato durante le proteste del movimento 15M. Perdere la copertura 3G scatenava la paranoia e si diceva che la polizia usasse delle apparecchiature per bloccare le frequenze (abbastanza improbabile, dato che ci sono spiegazioni più semplici delle ragioni per cui la rete non riusciva ad adeguarsi alla concentrazione di migliaia di utenti che cercavano di ottenere accesso). Ma questo fatto ha dimostrato come le tendopoli fossero uno spazio ibrido dove l'accesso alle reti dell'informazione veniva considerato essenziale a una corretta configurazione dello spazio.
La lotta politica ed economica sul piano delle frequenze prosegue, soprattutto con la comparsa di nuovi attori come le grandi società tecnologiche (in particolare Google) che si aggiungono ai grandi protagonisti del passato (consorzi della comunicazione, militari) nella contesa per le scarse risorse. La politica neoliberista ha sminuito la concezione della banda come risorsa pubblica, mentre la concessione amministrativa ha iniziato a sostituire le aste delle frequenze. Ma appare probabile che le tecnologie emergenti (4G, WImax) nei prossimi anni cambino il modo in cui ce ne serviamo.
1. L. Bullivant, "Sky Ear, Usman Haque", Architectural Design, vol. 75, n. 1, numero speciale 4dspace: Interactive Architecture, gennaio-febbraio 2005, pp. 8-1.
2. Newton C. Braga, Pirate Radio and Video: Experimental Transmitter Projects, Boston, Newnes, 2001.
3. Ringraziamo José Luis de Vicente per averci fatto partecipi delle sue riflessioni e delle sue idee.
Camps invisibles. Geografies de les ones ràdio
a cura di Jose´ Luis de Vicente e Honor Harger
Arts Santa Mo´nica, Barcellona
