Lo studio architecten de vylder vinck taillieu è nato dall'incontro
di tre giovani architetti fiamminghi (Jan De Vylder, Inge Vinck e
Jo Tailleu) usciti dalla scuola di architettura Sint-Lucas Architectuur
Gent (ora rinominata fak, Faculteit Kunsten en Architectuur).
Jo Tailleu vive in uno di quei tipici villaggi di case di mattoni,
campi a perdita d'occhio e più mucche che abitanti diffusi per
la campagna fiamminga; invece Jan De Vylder e Inge Vinck,
compagni anche nella vita, vivono a Gand. Le storie delle case che
presentiamo ne ripercorrono idee ricorrenti e fissazioni nascoste
come l'amore per il non-sense; un modo di intendere il progetto che
li dispone a guardare ogni problema come una preziosa fonte di
ispirazione o piuttosto come la chiave per entrare nei meandri di
una logica capovolta da cui lasciarsi guidare.
DOMUS: Casa Bern Heim Beuk, casa BM a M e casa Rot Ellen
Berg sono tre progetti molto diversi tra loro, per budget, tipo di
committenza e temi che affrontano, di conseguenza raccontano
storie molto diverse. Qual è il filo conduttore che li lega?
Jo Taillieu: Da un certo punto di vista possiamo dire che il nostro
studio si sta allargando, stiamo affrontando progetti sempre più
grandi, ma quelli di piccole dimensioni continuano a rappresentare
un importante campo di ricerca, non tanto dal punto di vista
economico quanto da quello umano. In definitiva ogni progetto
è un esperimento nel senso che ti permette di approfondire la
ricerca su un determinato tema, dalla stratificazione dello spazio
domestico alla relazione con il contesto.
Jan De Vylder: La connessione è che noi in qualsiasi momento,
in qualsiasi condizione, ci disponiamo di fronte al progetto con
l'attitudine che si ha di fronte a un foglio bianco. Non ci accingiamo
a progettare con l'idea di applicare un repertorio precostituito di
dettagli, nel senso di adattare ogni volta a un nuovo contesto un
certo tipo di visione estetica. Ogni progetto esprime un proprio
contesto. Contesto non significa solo il luogo ma comprende le
persone, la cultura... L'imprenditore edile è contesto, il budget è contesto, come contesto sono i progetti che abbiamo già affrontato.
Con poco o niente
Tre case recenti realizzate dallo studio de vylder vinck taillieu rivelano un'attitudine di progetto che si dispone ad accogliere ogni elemento del contesto per rivelarne il contenuto poetico.

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- Francesca Picchi
- 12 gennaio 2012
- Gand

In un certo senso, casa Bern Heim Beuk rappresenta il collegamento tra i tre progetti. Da una parte esemplifica il rapporto con il contesto, ossia con il bosco e la presenza degli alberi (che condivide con casa BM a M), dall'altra il tema della casa dentro la casa (un'immagine che condivide invece con casa Rot Ellen Berg). Jo: Nel caso di Bern Heim Beuk l'edificio è ora isolato, ma contiene la possibilità, in base al regolamento edilizio, di accogliere una nuova casa accanto ad essa. L'involucro esterno è rivestito con un materiale tra i più diffusi in edilizia. Si tratta delle stesse scandole usate per un tipo di facciata provvisorio che noi chiamiamo 'facciata in attesa' nel senso che indica il bordo lungo il quale è possibile che prima o poi si attesti una nuova costruzione. Nel nostro progetto abbiamo deciso di estendere l'uso di questo materiale all'intero edificio, in modo che la facciata non sia un'eccezione, ma sia parte integrante dell'intero progetto. Questo ha significato interpretare il tema della facciata come progetto autonomo. È una facciata indipendente e in un certo senso un edificio a se stante. Al suo interno s'insedia la casa secondo le aspettative del cliente: è una casa dentro una casa.
Jan: Il progetto può anche essere visto come una casa con dentro un albero. L'albero è una condizione. Per quanto piccolo, sul lotto insistevano tre vecchi alberi e per obbedire ai regolamenti urbanistici avremmo dovuto tagliarne uno, invece, semplicemente lo abbiamo incorporato all'interno della casa. Se la pelle esterna si misura con le richieste della città, quella interna invece si misura con i bisogni degli abitanti. Il budget era molto ridotto e i clienti hanno accettato la nostra proposta di ridurre la superficie della casa rispetto a quella consentita dagli indici volumetrici. Il profilo dell'involucro esterno segue, infatti, il volume minimo previsto dal regolamento urbanistico (in base alle leggi non è possibile costruire di meno), mentre quello interno segue il volume che il nostro cliente poteva permettersi in base al budget a disposizione. La casa contenuta all'interno può essere letta come una specie di emanazione in scala ridotta arroccata intorno a un pilastro centrale di cemento a forma di albero. In mezzo si crea uno spazio intermedio, dominato dalla presenza dell'albero di faggio.
Nel nostro lavoro cerchiamo di evitare quegli elementi che diano l’impressione di una qual certa ‘identità aziendale’, per così dire. Per noi, l’architettura è ancora qualcosa che ha a che fare con la vita quotidiana.
Jo: Proprio perché la funzione strutturale è affidata al pilastro
centrale a forma d'albero, all'esterno abbiamo potuto realizzare
una struttura di legno piuttosto leggera. Dall'albero–pilastro
centrale (il cuore strutturale della casa) si protendono in direzioni
diverse i rami–trave che organizzano la distribuzione della
casa sui diversi piani. Man mano che nel progetto si è definito il
riferimento dell'albero per il pilastro, tutti i dettagli si sono definiti
di conseguenza. Messa alla prova si è rivelata una soluzione
del tutto logica. Così il disegno della sezione si è delineato sulla
base della posa delle casseforme per gettare il cemento. Dato che
l'ingegnere aveva calcolato un pilastro di forma tonda dovevamo
studiare la posa dei casseri per gettare i giunti tra il corpo rotondo
e le travi (i rami), ma la cosa non ci convinceva dal punto di vista
visivo. Così abbiamo smussato la forma del pilastro assecondando
l'orientamento delle travi che si dipartono da esso. Ne abbiamo
semplificato la fattibilità in relazione alla sua funzione di unica
struttura portante che decide la posizione di scale, muri e stanze,
e dello spazio in generale.
Alla fine il tema dell'albero ha ispirato anche il disegno a croce
delle fondazioni; per certi versi assomiglia al telaio che a tutt'altra
scala è usato per gli alberi di Natale nel senso che mutua l'idea di
appoggiare l'albero–pilastro a un sistema che distribuisca le forze al terreno senza che la casa si appoggi direttamente ad esso. La casa
rimane sospesa per permettere alle radici di continuare a crescere
sotto di essa.
La relazione con gli alberi è centrale anche per casa
BM a M: riesce a trovare il proprio spazio in mezzo agli alberi
grazie al disegno costruito sul concetto di cerchio. Colpisce come
all'interno si perda la percezione dell'andamento circolare dello
spazio, così evidente in pianta.
Jo: Il sito della casa è un bosco, con molti alberi, e il tema era
insediare una casa al suo interno. Non avevamo intenzione di
perdere neanche un esemplare, perché la loro presenza è anche la
ragione che rende così speciale questo luogo. Così, siamo partiti da
un rilievo molto accurato degli alberi, della loro posizione e del loro diametro, e da qui abbiamo incominciato a disegnare. A un certo
punto abbiamo disposto tutte le funzioni una accanto all'altra,
e questa sequenza ha preso naturalmente la forma di un cerchio.
Il cerchio offre il vantaggio di farti vivere in mezzo agli alberi.
Dietro, davanti, attraverso… dovunque ci si volti ci sono solo alberi.
La casa è parte della foresta. È un continuo tra gli alberi che non ha
né fronte, né retro, né inizio, né fine: come il bosco. In un certo senso
esprime il dilemma della casa infinita che ha una lunga storia.
Jan: Non si tratta di costringere le persone ad abitare in un concetto.
Si tratta d'imparare, come architetto, a lasciare che il concetto cambi
e si trasformi in architettura reale. Nel caso di questo progetto
bisogna sottolineare che la casa non ha a che fare tanto con il concetto
di cerchio quanto con quello di stanza, o meglio di sequenza di stanze.
Dato che la struttura è anche la finitura della casa, ogni
stanza esprime una propria qualità domestica: un diverso tipo
di atmosfera per ogni diverso trattamento del cemento.
Le impronte lasciate dai diversi tipi di legno usati per le
casseforme si comportano quasi come disegni di tappezzerie
incorporate alle pareti. Malgrado la presenza diffusa del cemento
però non si direbbe un linguaggio brutalista, ricorda piuttosto
certe opere domestiche di Juliaan Lampens.
Jan: Lampens potrebbe essere considerato un brutalista per il
semplice fatto che usava il cemento per costruire, ma non credo
affatto che il suo lavoro sia paragonabile al brutalismo per come
si è espresso come movimento. Semplicemente conosceva il materiale e ne esprimeva la qualità.
Jo: Noi abbiamo lavorato a stretto contato con il costruttore per
far emergere la tessitura del cemento, definendo per esempio,
come far incontrare le tavole delle casseforme per creare un
disegno che diventasse una sorta di decoro.
In questi lavori sembra aleggiare uno spirito giapponese,
in particolar modo nella definizione dello spazio intermedio
come qualità dello spazio in rapporto al tempo.
Jan: Il confine tra interno ed esterno è qualcosa che sei portato
a esplorare. Probabilmente c'è una certa affinità con uno spirito
giapponese rispetto al tema del rapporto tra interno ed esterno e
alla presenza di uno spazio intermedio, ma ha molto in comune
anche con il nostro mondo e il modo di abitare fiammingo. A noi interessa esplorare il significato di stanza. Nei nostri progetti,
infatti, anche l'esterno è considerato, nel suo insieme, una stanza
con accade per Bern Heim Beuk. La casa stessa è un insieme di
stanze: qualcuna all'interno, qualcuna all'esterno dell'edificio.
Penso che in futuro la differenza tra superficie reale (in termini
di metri quadri) e percezione dello spazio sarà sempre più
importante: è un tema piuttosto intrigante. Si fa un gran parlare
di architettura sostenibile ma si rischia di ridurre tutto alla
questione energetica. Penso invece che la percezione dello spazio
non sia data solamente dalla quantità di metri quadri e che
questa soluzione della stanza esterna offra una percezione dello
spazio domestico che si estende ben oltre l'effettiva superficie a disposizione. La questione energetica si può risolvere riducendo
il fabbisogno energetico e riducendo la superficie senza inficiare
l'effettiva percezione dello spazio e senza bisogno di aumentare
la quantità di materia necessaria all'isolamento.
La tradizione stessa dell'abitare c'insegna che la gente era
abituata, d'inverno, a ritirarsi in una parte della casa rispetto
all'estate quando gli spazi si dilatavano: l'ambiente di vita
cambiava con il ritmo delle stagioni. L'idea quindi è costruire
più strati da aggiungere o togliere per ampliare o restringere
lo spazio e servire da elemento di climatizzazione.
Questo meccanismo emerge chiaramente nel progetto di casa
Rot Ellen Berg.
Anche questo progetto riguarda una casa dentro una casa, però il termine del rapporto non è un giardino bensì un
edificio preesistente.
Jan: Questo progetto ci ha dato l'occasione per approfondire la
ricerca sul tema della stratificazione dello spazio domestico. Per
noi è stato un esercizio interessante sul diverso modo di vivere
durante l'inverno e l'estate. Abbiamo realizzato una casa di
vetro, una specie di serra, dentro il perimetro della casa originale
di mattoni. In inverno si chiude la parete scorrevole in vetro
(la stufa riscalda l'ambiente), mentre d'estate si apre lo spazio
creando un ambiente indistinto. È un meccanismo affine a quello
descritto prima per il progetto della casa Bern Heim Beuk, ma più
dinamico.
Casa Rot Ellen Berg sembra uno di quei progetti che
possono esistere solo grazie allo speciale rapporto che si crea
con i committenti: è un progetto che racconta molto bene la
vostra idea di casa ma è anche uno straordinario ritratto della
personalità dei due committenti. Com'è nato il vostro incontro?
Jan: La casa ha un connotato autobiografico perché è frutto di
un processo di autocostruzione. La casa stessa si può leggere
come un diario del progetto che prende forma nel corso degli
accadimenti che si dispone a raccogliere. La sua storia ha
inizio con una telefonata: un giorno ho risposto al telefono e a bruciapelo mi sono sentito chiedere se il nome di René Heyvaert
mi dicesse qualcosa. Questo momento ha segnato l'incontro con
i due committenti, Piet e Ellen, e l'inizio della nostra amicizia.
Piet è una persona che ha molta dimestichezza con l'arte e
l'architettura, e proprio su quest'affinità è scattata la nostra
sintonia. Nella famosa telefonata ha introdotto la conversazione
citando René Heyvaert, un architetto che adoriamo fin da quando
eravamo studenti. Piet e Ellen avevano in parte ereditato e in
parte acquistato questa casa che si trovava in pessime condizioni.
Due giovani committenti, budget minimo, pessime condizioni
di conservazione: che fare?
Melden è un tipico villaggio fiammingo di case di mattoni.
Non avevamo intenzione di aggiungere nulla. Così quando si è trattato di trovare una soluzione per il rivestimento del
muro esterno che determina il disegno della facciata a nord
(data la necessità uno strato d'isolamento), abbiamo deciso di
sovrapporre alle scandole a forma di diamante il disegno dei
mattoni per non perderne la memoria.
Quando poi si è trattato di ricostruire il tetto, dato che l'ingegnere
ha calcolato che la nuova struttura di legno doveva appoggiarsi
su un cordolo continuo di cemento di 20 cm di spessore, poiché
non ci convinceva l'idea di lasciare a vista la trave di cemento,
abbiamo pensato di camuffarla con uno specchio che corre sotto
la linea di gronda. L'uso degli specchi
e il disegno dei mattoni sono gli unici interventi.
Per quanto riguarda l'interno, invece, dato che il budget si aggirava
attorno a circa 70.000 €, abbiamo cercato un sistema compatibile
con i meccanismi dell'autocostruzione. Tutto il sistema di
costruzione contiene quest'idea di usare le componenti edilizie
come elementi di un montaggio. Ci interessava definire una sorta
di meccano con cui facilitare l'assemblaggio della casa e così
abbiamo adottato un sistema prefabbricato usato per costruire i
casseri per i getti di cemento insieme a un altro sistema, sempre
prefabbricato, usato per realizzare le serre, e gli abbiamo adattati
all'esigenze del contesto.
L'ultima domanda riguarda la vostra mostra al museo
deSingel di Anversa e la pubblicazione in tre volumi dei vostri
progetti perché immagino che segni un momento importante.
È la prima volta che vi siete trovati a raccontare la vostra idea
di architettura in una visione d'insieme?
Jan: Sì, è stata una tappa importante proprio perché fino a
quel momento (che coincide con l'invito di Kazuyo Sejima a
partecipare alla Biennale di Venezia) non eravamo ancora arrivati
a confrontarci con la richiesta di una riflessione sul nostro lavoro.
Affrontando il progetto della mostra e dei libri abbiamo dovuto fare
una riflessione alla radice. Alla fine abbiamo trovato la soluzione
di una serie di stanze (e di capitoli) che raccontassero una serie di approcci (o di attitudini se preferite) per evitare di chiuderci in una
visione definitiva e a senso unico. È l'approccio a contraddistinguere
il nostro lavoro. Con tutte le dovute differenze, ci piace pensare che
ci sia una similitudine con il modo che aveva Constantin Brancusi
di rimontare gli oggetti e le sculture presenti nel suo studio ogni
giorno in un modo diverso, che poi fermava in una fotografia con
la macchina che gli aveva donato Man Ray. Gli approcci di cui
parliamo non sono definitivi, assoluti. Nel nostro lavoro cerchiamo
di evitare quegli elementi che diano l'impressione di una qual certa
'identità aziendale', per così dire. Per noi, l'architettura è ancora
qualcosa che ha a che fare con la vita quotidiana.
House BM
Progetto: architecten de vylder vinck taillieu (Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu & Joris Van Huychem)
Design Team: Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu, Joris Van Huychem, Sander Rutgers, Lauren Dierickx
Strutture: Studieburomouton BVBA, Ghent
Finiture: Bouwonderneming Verfaillie BVBA, Beernem
Muratura: Martens BVBA Houten ramen en deuren, Sint-Laureins
Arredi: Atelier Ternier BVBA, Ghent, Atelier 7
Paesaggio: Patrick T'Hooft, The Flemish Primitives, Landegem and Paul Luttik
Superficie costruita: 304 m2
Concept: 2007—2011
House Bern Heim Beuk
Progetto: architecten de vylder vinck taillieu (Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu)
Design Team: Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu, Lauren Dierickx, Gosia Olchowska
Strutture: UTIL Structuurstudies CVBA, Bruxelles
Finitureg: Bouwonderneming Verfaillie BVBA, Beernem
Soffitti: Ducla BVBA, Beernem
Muratura: Dirk Janssens BVBA, Zaffelare
Total Floor Area: 99 m2
Concept: 2009—2011
Construzione: 12/2010—09/2011
House Rot Ellen Berg at O
Progetto: architecten de vylder vinck taillieu (Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu)
Design Team: Jan De Vylder, Inge Vinck, Jo Taillieu, Sebastian Skovsted, Olivier Goethals
Strutture: Arthur De Roover Structureel Ontwerp, Ghent
Finiture: Van Eegh em BVBA, Sint-Amandsberg; Alumetal BVBA, Wingene
Soffitti: Ducla BVBA, Beernem
Muratura: Gebroeders De Clercq BVBA, Lochristi
Superficie costruita: Area 99 m2
Concept: 2007—2011