Mario Kaiser: ODA fonda un nuovo modello gestionale che riguarda tre aspetti fondamentali: affidare a un numero limitatissimo di persone il controllo dell'intera gamma dei lavori per realizzare il Parco Olimpico; affidare all'esterno tutti gli incarichi di progettazione; imporre e regolare responsabilità e rischi condivisi tra le parti con contratti opportunamente articolati tra l'agenzia governativa committente e le società incaricate dei progetti, secondo un sistema di bonus malus con forti incentivi finanziari.
Come si articola il rapporto tra ODA e i team incaricati dei progetti?
A supporto di ODA nasce una figura importante che è quella del Delivery Partner. È un consorzio di tre imprese (MACE, CH2M Hill e Laing O'Rourke) che si occupa di tutto il design management che supervisiona in nostra vece tutti i progetti ed è composto da 60 persone. Condivide tutto con ODA, i benefici e soprattutto i rischi, ne è l'emissario, fa da interfaccia con i team di progettazione per tutto il percorso progettuale fino alle realizzazioni.
Qual è l'efficacia di un'organizzazione simile? Quale il suo grado di innovazione nella gestione di progetti così complessi?
Significa che l'agenzia governativa limita i costi gestionali interni e si avvale del supporto del privato che ha un modo di lavorare più libero e dinamico. ODA e DP è un insieme molto forte di pubblico/privato, in cui si va a definire tutto: le pietre miliari del programma, tempi, costi e qualità. Il modello ODA più DP è come un cuscinetto di sicurezza nella gestione di progetti e trasformazioni territoriali. In Italia la figura del Delivery Partner è poco conosciuta ma l'autorità pubblica deve sapere che ci sono meccanismi simili di gestione, che funzionano benissimo e garantiscono il successo.
Lo scenario di partenza è fornito dal Bid Book, che si allestisce nei due anni precedenti il momento della candidatura della città all'evento. Nel Bid Book si creano i presupposti, si definiscono visione e strategie: è alla base del successo dell'intera operazione. Insieme allo scenario progettuale, è però necessario che già contenga un programma abbastanza dettagliato, che abbia obiettivi a tre e sei mesi, molto definiti e con precise responsabilità.
Vi siete messi a tavolino e… Qual è stata la filosofia del progetto?
Il tema centrale e più innovativo è stato quello di mettere al centro più la comunità che le Olimpiadi: realizzare cioè un prototipo di grande evento orientato alla sostenibilità sociale per ottenere una città vivibile dall'evento delle Olimpiadi. C'è un paragrafo nell'introduzione del Bid Book scritta da Lord Coe dice che Londra sarà in grado di sviluppare la Lower Lee Valley, che è l'area col più alto tasso di criminalità e disoccupazione dell'intero Regno Unito. Questa è la vera opportunità, la motivazione profonda dell'intero progetto; la ragione per cui, credo, abbiamo vinto contro Parigi.
La sostenibilità sociale è il nuovo paradigma delle Olimpiadi per questa parte del mondo. Si tratta di un concetto allargato di sostenibilità che comprende quello energetico, realizzato in termini di architettura passiva e politiche ad hoc per compensare le emissioni. Ma la vera scommessa è quella della riqualificazione effettiva di un sito critico. Sostenibilità sociale ed economica dunque: diciamo sempre che di una sterlina spesa, 75 pence -i 3/4 di 6mld di sterline- vanno alla città che resterà.
Come lavorare da una parte per le Olimpiadi e dall'altra per la comunità locale?
È stato come avere due committenti, dove il comitato olimpico era il secondo, quello principale era la comunità locale, il quartiere, e non tanto il suo rappresentante politico che può cambiare, quanto la comunità attraverso comitati e associazioni.
Londra sarà in grado di sviluppare la Lower Lee Valley, che è l’area col più alto tasso di criminalità e disoccupazione dell’intero Regno Unito. Questa è la vera opportunità, la motivazione profonda dell’intero progetto; la ragione per cui, credo, abbiamo vinto contro Parigi
Abbiamo chiesto al Comune di definire il nostro interlocutore, chi sarà il gestore dello specifico impianto; chi nel gennaio 2013 ne avrà le chiavi e lo farà funzionare; oggi quello stesso referente ci comunica quali sono le esigenze della futura gestione ordinaria dell'impianto. Il contributo del rappresentante politico è pratico, nella gestione.
Com'è stato possibile progettare in simultanea per le Olimpiadi e per la città futura?
Per la prima volta in un evento così grande parliamo di tre masterplan: Olimpiadi e Paraolimpiadi; Trasformazione; Legacy. Il secondo è quello dei tre su cui abbiamo posto maggiore attenzione. La novità è che, per la prima volta, la stessa agenzia governativa che predispone progettazione e realizzazione del sito rimane in carica per altri due anni, fino a fine 2014, per garantire che il sito si trasformi a uso della comunità. Il parco, che era olimpico, si chiuderà a spicchi (non deve mai rimanere chiuso completamente), per diventare parco urbano ed essere consegnato definitivamente ai quattro borough. Non abbiamo solo pianificato genericamente ciò che immaginavamo a evento concluso, tutto è stato progettato.
Per creare i presupposti di una nuova città bisogna prevedere la riconfigurazione di luoghi e impianti. Gli impianti che non serviranno saranno smontati e ricollocati altrove, alcuni li abbiamo addirittura affittati. Su sedici impianti ne rimarranno quattro di cui due si trasformano: lo stadio e la piscina.
Il Centro Acquatico di Zaha Hadid appena realizzato risulta molto diverso dal progetto originario: a cosa è dovuto il cambiamento?
L'esempio della piscina è il più calzante per capire come avvengono le trasformazioni. È l'impianto che presenta la maggiore differenza tra i requisiti olimpionici e quelli del dopo. Nei giochi olimpici si prevedono 17.500 spettatori; per una piscina al massimo utilizzo per un evento anche mondiale servono 2.500 posti: c'è dunque il 500% dei posti in più; si capisce che se la piscina viene tarata per le Olimpiadi, si crea un costo di gestione ordinaria che non è giustificato. Non è stato facile spiegare ai progettisti che i milioni di spettatori delle Olimpiadi non vedranno nulla del gesto architettonico, che la particolare architettura a onda si vedrà soltanto quando verranno smontate le due ali laterali aggiunte per le tribune spettatori.
È la prima volta che uno stadio olimpico si riduce di dimensioni con un taglio in sezione. Da 80.000 spettatori si scende a 25.000 grazie allo smontaggio dei piani superiori e il piano che rimane è in parte ricavato nel cambio di livello. Il terreno è stato tutto rimodellato: 300 ettari modificati in nome dell'accessibilità. La rimodellazione del terreno è stata fatta utilizzando il surplus di materiale preventivamente rigenerato dovuto alle demolizioni. Abbiamo dato un'ondulazione leggerissima al terreno per far sì che tutte le aree del parco fossero prevalentemente in piano e accessibili. Lo stadio è per metà interrato, come un anfiteatro romano.
È l'ultima fase, la variabile incognita che non possiamo davvero gestire per l'elevato quoziente di incertezza. La Legacy riguarda le ricadute sul lungo periodo: l'unica cosa che possiamo fare al meglio, oggi, è attribuire grande flessibilità all'area prevedendo una gamma di funzioni compatibili con la sua possibile evoluzione.
Come definire il distillato urbano che resterà?
Il sito era storicamente carente di comunicazione al suo interno, fisica e geografica oltre che sociale: i canali dividevano il territorio e le comunità, oggi il parco fa da connettivo. Ci sarà un'evoluzione per gradi, lotti che si svilupperanno prima degli altri perché più vicini a infrastrutture e commercio. Lo spazio e le attrezzature pubbliche ci sono, lasciamo liberi i lotti per il privato che dovrà farsi carico degli sviluppi successivi.
Va riconosciuto che il verde, le attrezzature e i servizi per la comunità, le connessioni, il trasporto e quindi anche il commercio, sono gli ingredienti urbani che creano attrazione; la sfida è governarli bene per valorizzare e sviluppare un luogo che dia le giuste garanzie di vivibilità. La scala umana del parco che si percepisce già ora, prova che si è centrato l'obiettivo.
Mario Kaiser è nato in Italia. Si trasferisce a Londra nel 1997, entra a far parte del team Arup: prima come designer, poi come Project Manager. Nel 2007 diventa Principal Design Advisor della Olympic Delivery Authority.
