Guida per principianti alla Milano Design Week

Ci siamo, a Milano è di nuovo quella settimana: per chi non c’è mai stato, o per chi è arrugginito, tutti i fondamentali per affrontare Salone e Fuorisalone e uscirne vincitori (e vivi).

FOMO Riflesso diretto del lifestyle milanese, di cui in fin dei conti la Design Week è una emanazione diretta nei pregi come nei difetti, l’ansia di perderti qualcosa di fondamentale accompagnerà tutti i visitatori, anche i veterani. La soluzione è prima di tutto prenderla con una certa rassegnazione filosofica, perché in un evento così diffuso, così capillare, e con un tale livello di autarchia, perdersi un pezzo del puzzle è praticamente una certezza. D’altra parte per limitare i danni è importante organizzarsi, conoscere la geografia (complessa) dell’evento, maneggiare i concetti chiave, non perdere tempo perché avete sbagliato scarpe e dovete tornare in hotel. Prima di tutto, conosci te stesso, come ripeteva il padre della maieutica: dovete capire cosa siete venuti a vedere – magari siete qui per Alcova, magari perché avete motivi di interesse professionale legati al Salone, magari per le sedie realizzate con materiale di recupero che un ex studente finlandese del Politecnico presenta nel suo tinello in Maciachini. La design week è bella anche perché è varia e ce n’è per tutti i gusti. Consigliatissimo ovviamente sfogliare le guide online di Domus, che da lunedì 15 aprile e per tutta la durata del Fuorisalone elencheranno ogni giorno 5 cose imperdibili.

Courtesy Triennale di Milano

Salone Riavvolgiamo il nastro e partiamo dalle basi. Il motivo per cui tutti noi siamo qui è un storia che comincia nel 1961, quando il Cosmit (Comitato Organizzatore Salone Mobile Italiano) inaugura la prima edizione alla Fiera di Milano – nella zona dove oggi c’è CityLife. Parteciparono 328 aziende, i visitatori erano 12mila. Non male, ma niente rispetto ai circa 370mila visitatori che convergevano alla nuova Fiera – quella di Rho – in epoca pre-Covid. L'edizione 2023 prevede quasi 2000 espositori, apre martedì 18 aprile, chiude il 23 e devi sapere che se non sei un addetto ai lavori è probabile che non ci metterai proprio piede. Ad anni alterni, il Salone è accompagnato da Euroluce e Workplace 3.0, aggregati espositivi dedicati alle luci e al mondo del lavoro che saranno presenti quest'anno, e da EuroCucina e Salone Internazionale del Bagno. Alle volte, in maniera un po’ vaga, si usa il termine Salone per indicare tutta la Design Week, ma è importante capire la differenza con il Fuorisalone (vedi “Fuorisalone”).

Courtesy Salone del Mobile di Milano

Fuorisalone o Fuori salone È normale che in occasione di una fiera si organizzino eventi, presentazioni e occasioni d’incontro nella città che la ospita. Decisamente meno frequente che questi finiscano per eclissare la fiera stessa: è quello che è successo con il Fuorisalone, che nasce spontaneamente negli anni Ottanta, come una normale versione satellite di quello che succedeva in Fiera, e poi cresce e cresce e cresce ancora, trovando la sua prima formalizzazione nel 1991, quando la rivista Interni gli dedica per la prima volta una guida, che elencava una cinquantina di eventi. Ci vorrà ancora qualche anno prima che diventi l’evento di portata mondiale come lo conosciamo, che trascende il settore dell’arredamento da cui ha origine per coinvolgere i grandi player dell’industria mondiale, dall’automotive al tecnologico alla moda, protagonisti con investimenti e progettualità di larga scala. Domus registra per la prima volta il termine “Fuori salone” nel 1998, raccontando di una installazione di Ferruccio Laviani per lo store di De Padova.

Courtesy © Certosa Initiative Milano22 Statue Right Night

Distretti È il concetto chiave da fare proprio prima di affrontare il Fuorisalone, che spacchetta Milano in una selezione di zone dove si concentra l’offerta delle cose da visitare. C’è Brera, il quartiere che fu popolare, degli artisti e punteggiato dalle case chiuse, oggi convertito a istituzione un po’ radical chic. Resta elegantissimo e qui c’è la più grande concentrazione di showroom di rango a Milano, seguita a ruota da via Durini, non lontano dal Duomo. C’è Tortona, dove la ricerca viaggia di pari passo con le installazioni più largamente divulgative e ai fiumi di Negroni. C’era Lambrate, il Ventura district, dove finivano per andare quelli che trovavano Brera un po’ troppo fighetta e Tortona eccessivamente mainstream. Nella fluidificazione degli ultimi anni non è più così, Lambrate è morta e sono spuntate alternative come Alcova o Porta Venezia. Tra gli altri distretti storici, Isola e Cinque Vie, più Bovisa. E i magnifici chiostri della Statale, l’ex ospedale maggiore della città (qui fu ricoverato Hemingway durante la prima Guerra Mondiale!) trasformata in università, palcoscenico a due passi dal Duomo di molte grandi installazioni, amatissima dai non addetti ai lavori e soprattutto dalle sciure. Quest'anno poi fa il suo esordio un nuovo distretto costruito intorno a via Paolo Sarpi, nel cuore della storica Chinatown milanese.

Courtesy Lambrate Design District

Ponte Verde Oggi inutilizzabile, è stato per lungo tempo il simbolo dell’euforia del Fuorisalone. Il ponte collegava i navigli, storico luogo di gozzoviglie milanesi, con più bar che residenti, con Tortona, senza dubbi il district più incline al baccanale e all’open bar (vedi “Open bar”), potentissimo polo attrattivo per l’happy hour (e ore seguenti) in tempo di design week. L’effluvio di genti, spinte dall’ardore alcolico, dallo spasimo sociale e dall’ottimismo primaverile, creava regolarmente il blocco del ponte, uno stretto budello che si sovraffollava fino a risultare impercorribile. Il ponte resta come monumento a tempi oramai passati, ai pionieri di quei primi Fuorisalone di massa, con studenti giapponesi di design sbronzi addormentati sui marciapiedi, il fumo delle salamelle che ti si attaccava ai vestiti per settimane nonostante lavaggi multipli, presentazioni in qualche scantinato comunicato qualche ora prima via MMS. Era quando potevi ancora incontrare designer di fama internazionale nel parcheggio di un rave di via Stephenson, accomodati su una April estratta dal bagagliaio di una BMW station wagon, a bere una lattina di birra gelata con la camicia sbottonata, in attesa che scendesse la pioggia (vedi: “Meteo”).

Drago verde Sono le mitiche fontane di Milano, presenti a ogni angolo della città, che erogano la cosiddetta acqua del sindaco. Utile per darsi una rinfrescata nelle giornate afose, o per ricaricare la borraccia, visto che quest’acqua è perfettamente potabile.

Verde urbano Milano non è sicuramente la città più verde d’Europa, ma ha un sistema di parchi e giardini, o piccole oasi alberate, soprattutto nelle zone centrali, che possono offrire un riparo accogliente per chi si è fatto una sbornia di Fuorisalone e vuole prendersi una pausa. Le panchine (verdi, ovviamente) si trovano un po’ ovunque in città, molte sono all’ombra di qualche albero, ma per i visitatori della Design Week da tenere presente ci saranno soprattutto i giardini: quelli di Porta Venezia, non lontani dal Brera Design District (vedi “Distretti”), e il Parco Sempione, che costeggia il distretto; la Guastalla, alle spalle della Statale. Tutti questi sono parchi storici: tra quelli nuovi, possono tornare utili Baden-Powell, sui navigli, e l’instagrammabilissima Biblioteca degli Alberi, una collinetta verde che ben rappresenta l’ossessione tipicamente milanese di mettere un sovraccarico di design (con un furbissimo tocco di marketing) nei suoi progetti più recenti.

Scarpe e abbigliamento Inutile dirlo, il consiglio è di puntare a scarpe comode, perché le vostre app segneranno in questi giorni il record di passi dell’anno. Se non ne sapete molto di sneaker, evitate le Hogan (per carità!) e fate riferimento al nostro elenco con le migliori di tutti i tempi. Vestiti anch’essi comodi e leggeri, con un tocco chic per quando tramonta il sole. Ovviamente se sono Miyake o Margiela, o firmati da Craig Green o Hussein Chalayan è meglio, e se non sapete chi siano fatevi un giro su Google: non dimenticatevi che siete a Milano, che resta la capitale della moda anche nell’epoca in cui sapersi vestire vuol dire scegliere il calzino giusto da abbinare al sandalo Suicoke più che fare senza bisogno di uno specchio il nodo Windsor alla cravatta Marinella da indossare con il doppiopetto blu.

Meteo La grande sicurezza della Design Week è che pioverà. Ci sono poche altre sicurezze nella vita e potete aspettarvi lo stesso anche quest'anno. Per il resto il clima di Milano in questa stagione è dolce, con la primavera ai suoi esordi boostata dal surriscaldamento globale, prevedete gonnelle e camicie a maniche corte che spunteranno tra i prati dei giardini e i chiostri di un palazzo del centro di Milano, insieme ai primi amori primaverili. 

Mezzi di spostamento Complici le esorbitanti tariffe dei taxi, e la tendenza a evitare la macchina (il milanese doc si sposta in motorino, anche se ultimamente sta allargando i suoi orizzonti di mobilità), in città si è installato negli ultimi anni un vasto network di mezzi in sharing, facilmente accessibili via app: automobili e motorini. E poi bici – anche elettriche – e monopattini, che possono approfittare delle nuove ciclabili: di queste ultime non ce ne sono come in una città europea degna di questo nome, ma sono comunque più dell’ultima volta che siete stati a un Salone. Amici olandesi però i motorini sulle ciclabili no, grazie. Milano dispone anche di una buona rete di mezzi pubblici, e la metropolitana (con il passante, la nostra S-Bahn) coprirà gran parte delle necessità di spostamento del visitatore del Fuorisalone, con la Fiera di Rho facilmente raggiungibile. Ora la nuova linea M4 porta dall'aeroporto di Linate direttamente in centro (San Babila). Da Malpensa c’è un comodo trenino, mentre i collegamenti per l’aeroporto di Orio, dove atterrano molte low cost, si affida al trasporto su ruota. E per chi è già terrorizzato all'idea di andare ad Alcova in Brianza, sappiate che c'è un comodissimo passante (linea S2, fermata Varedo).

Traffico&taxi In generale, per la Design Week, soprattutto nelle zone calde come Tortona e Brera, aspettatevi un gran traffico, e una estrema difficoltà a parcheggiare la macchina. Per chi volesse optare per un taxi, c’è da dire che nella Milano post-Covid sembrano essercene meno che mai, e vi conviene prenotare, soprattutto per gli spostamenti dopo cena. In questo caso attenzione, il tassista talvolta si presenta in anticipo e il tassametro va alle stelle ancora prima che il cliente si accomodi sul sedile. Il telefono dei taxi a Milano è 024040, 028585, 026969. Diffidate dei taxi illegali e ricordate che Uber, anche se con limitazioni e prezzi comparabili a quelli dei taxi, funziona.

Il tram Per gli spostamenti in città la vera goduria è utilizzare i tram: nella maggior parte dei casi lentissimi, immersi nel traffico cittadino, attraversano la città offrendone alcune delle viste migliori e più originali, sia dal finestrino, sia all’interno, con l’alternarsi dei passeggeri che racconta i diversi quartieri della città come un quadro di Hopper su binari. 

Pernottare Se non hai ancora prenotato quando stai leggendo questo articolo, la tua situazione non è buona. Da anni Milano registra il sold-out su Booking e Airbnb la settimana prima del Salone, nonostante l’offerta si allarghi, perché tanti residenti, se possono permetterselo, fuggono dalla città mettendo a disposizione le proprie case a prezzi spesso esorbitanti. C’è da dire che Milano è oramai una gigantesca città che arriva fino a Torino da un lato, a Pavia andando verso Sud, Bergamo e Brescia sull’asse nord-est, e raggiungerla in treno da località come Lecco o Como, affacciate sul lago, scendendo comodamente in stazioni in pieno centro città, forse è la scelta più indicata per chi non ha trovato casa in centro, quasi sicuramente meglio di qualche sobborgo lontano dalla metropolitana o dal passante.

Mangiare Chiedete a chi vive a Milano quale sia la cucina più diffusa in città, probabilmente vi risponderà: sushi. In un peculiare caso di sincretismo culturale, quasi un effetto boomerang dell’attitudine internazionale della città, laddove a Roma e Venezia si va a colpo sicuro con una gricia o i bigoli in salsa, a Milano è il sushi, nella sua versione all-you-can-eat, a incarnare il piatto tipico cittadino del nuovo millennio. Ma la verità è che l’offerta in città è varia e con qualità altissima, con una impennata post-Expo 2015: ci sono gli stellati dei grandi nomi italiani (Bartolini, Berton, Cracco, Oldani, Aimo e Nadia, Guida), i nostrani innovativi (Contraste, o Trippa, dove riuscire ad accaparrarsi un tavolo è un incubo), gli asiatici stellari/stellati/ex-stellati (Aalto-Iyo, la Bentoteca di Yoji Tokuyoshi), i distretti in crescita (prendi via Melzo, o Loreto e dintorni per gli orientali, più il nuovo Mercato alla Stazione Centrale). Ma ti può anche capitare di spendere 20 euro a testa per un mesto tagliere a Brera. Il consiglio è sempre quello di prenotare con largo anticipo: Milano è una città piccola rispetto al numero dei visitatori della Design Week. E se volete invertire la tendenza, provate un risotto con ossobuco (ok, non il top a giugno) o la cotoletta (variante locale della schnitzel), piatti tipici di Milano molto prima del sushi. Una nota: se siete vegetariani, o soprattutto vegani, preparatevi a soffrire un po’: in alcuni posti, potreste finire a dovere ordinare un contorno (sperando che non ci abbiano buttato dentro della pancetta). Ma se volete consolarvi c’è sempre Joia, vegetariano e stellato Michelin.

Cappuccino Ricordiamo a tutti che ordinare un cappuccino dopo cena in Italia è vista come una cosa decisamente stramba. C'è chi chiama la polizia per molto meno.

Open bar In un peculiare caso di traslazione semantica, “open bar” per gran parte dei residenti in città è sinonimo di “design week”. Code infinite, crisi di panico quando si arriva agli sgoccioli dell’ultima bottiglia di Absolut e camicie impregnate di sudore che si slacciano via via fino a scene degne di Una notte da leoni sono un grande classico delle serate post-Salone, e mettono fianco a fianco vecchi viveur, nuovi viveur, giovanissimi e cariatidi del design, una spruzzata di gente della moda, qualcuno che è lì per caso. Da qualche anno l’epicentro social in questi giorni gravita intorno al Bar Basso, uno dei pochi bar storici milanesi che abbia conservato la sua anima, dove si beve il Negroni sbagliato, creato dal barman Mirko Stocchetto, che arrivò in aereo da Cortina per trasformare quella che al tempo era una birreria in un mito cittadino. Ovviamente si paga, siamo in una delle zone più borghesi di Milano, ma vale la pena: chiedete di Maurizio e optate per la coppa grande, uno piccolo non basta. Vi ricordiamo anche che Milano è piena di molti ottimi bar, e non esiste solo il Bar Basso.

Pagare Nella Milano post-Covid, usare la carta e non i contanti è oramai frequente, per non dire la normalità. Per chi è in cerca di una alternativa alla carta – o ai servizi di pagamento da cellulare di Apple, Samsung e Google – c’è Satispay, una comoda app che è accettata da molti bar in città, dove un caffè costa un euro o poco più e pagarlo con la carta di credito potrebbe creare qualche malumore nei baristi. Ricordiamo anche che i taxi (vedi “Taxi, traffico& trasporti”) sono tenuti ad accettare i pagamenti con carta, anche se spesso fanno finta di cascare dal pero e pretendono il cash. In ogni caso, sempre meglio tenere un 50 euro di scorta in tasca, perché non si sa mai, soprattutto appena esci dai confini della città e ritorni al medioevo monetario.

Milano Si dice che la Design Week sia una ottima occasione per chi vive in città di scoprire i suoi angoli meno noti. Chi la visita per il Salone, e vuole staccarsi dal flusso degli eventi, può approfittarne per scoprirne a sua volta tesori che sono fuori dai soliti percorsi: non solo il Duomo, per esempio, ma anche queste tre chiese del Novecento.

Benvenuti a un nuovo Salone. E relativo Fuorisalone. Se state leggendo questa guida, probabilmente non ci siete mai stati. Chiariamo quindi subito i concetti base, partendo dal cliché di riferimento: Milano è la capitale italiana della moda e del design. 

Come molti altri cliché, è tutto verissimo: sono due settori che rappresentano tra l’altro alla perfezione la doppia anima della città. Da un lato asburgica, selettiva e aristocratica, dall’altro illuminista, democratica e accogliente (capitale morale del paese, un tempo la chiamavano così). Milano l’accogliente, Milano la fighetta, Milano la pisciona, Milano l’elegante: è sempre la stessa città, che si trova perfettamente rappresentata tanto dalle blindatissime fashion week, con il loro codazzo di paillettes che si propaga su Instagram, come da quella festa diffusa e per tutti che è la Design Week. Avventori della Design Week erano e sono i professionisti del settore, gli studenti delle scuole di design di Milano e di fuori, gli appassionati e i curiosi, l’adamantina categoria delle sciure di Milano – le signore bene che abitano i quartieri blasonati della città come Brera o Sempione, incarnazione dell’aristocrazia urbana che, come si confà alla città di Beccaria, partecipa con fervore alle sue manifestazioni più democratiche e popolari. 

E poi ancora i milanesi in generale, i brianzoli, i lombardi, gli italiani, i turisti europei e internazionali, americani e asiatici che sciamano sui taxi dagli aeroporti di Malpensa e Linate (e anche sulla M4) per perdersi tra la Fiera e le vie di Brera. Una moltitudine di sconosciuti che si trovava a condividere all’ora feliz il rituale dell’open bar. La Design Week di Milano, storicamente fissata per aprile, è diventata nel nuovo millennio la grande festa di primavera della città di Expo 2015, in cui il design è il minimo comune denominatore e probabilmente non più il vero protagonista.

Bentornati, visitatori: preparatevi al traffico umano e di veicoli, alle code interminabili, agli studenti cinesi della Naba sbronzi nei vicoli dietro via Tortona e – perché no? – alla meraviglia di una settimana unica. Per i verginelli alla loro prima volta, ma anche per chi vuole ripassare i fondamentali prima di rilanciarsi nel gran baccanale del design, nella gallery trovate i punti chiave per presentarvi all’evento perfettamente pronti e consapevoli di quello che vi aspetta. 

Immagine di apertura: Salone del Mobile Milano @ Delfino Sisto Legnani 

FOMO Courtesy Triennale di Milano

Riflesso diretto del lifestyle milanese, di cui in fin dei conti la Design Week è una emanazione diretta nei pregi come nei difetti, l’ansia di perderti qualcosa di fondamentale accompagnerà tutti i visitatori, anche i veterani. La soluzione è prima di tutto prenderla con una certa rassegnazione filosofica, perché in un evento così diffuso, così capillare, e con un tale livello di autarchia, perdersi un pezzo del puzzle è praticamente una certezza. D’altra parte per limitare i danni è importante organizzarsi, conoscere la geografia (complessa) dell’evento, maneggiare i concetti chiave, non perdere tempo perché avete sbagliato scarpe e dovete tornare in hotel. Prima di tutto, conosci te stesso, come ripeteva il padre della maieutica: dovete capire cosa siete venuti a vedere – magari siete qui per Alcova, magari perché avete motivi di interesse professionale legati al Salone, magari per le sedie realizzate con materiale di recupero che un ex studente finlandese del Politecnico presenta nel suo tinello in Maciachini. La design week è bella anche perché è varia e ce n’è per tutti i gusti. Consigliatissimo ovviamente sfogliare le guide online di Domus, che da lunedì 15 aprile e per tutta la durata del Fuorisalone elencheranno ogni giorno 5 cose imperdibili.

Salone Courtesy Salone del Mobile di Milano

Riavvolgiamo il nastro e partiamo dalle basi. Il motivo per cui tutti noi siamo qui è un storia che comincia nel 1961, quando il Cosmit (Comitato Organizzatore Salone Mobile Italiano) inaugura la prima edizione alla Fiera di Milano – nella zona dove oggi c’è CityLife. Parteciparono 328 aziende, i visitatori erano 12mila. Non male, ma niente rispetto ai circa 370mila visitatori che convergevano alla nuova Fiera – quella di Rho – in epoca pre-Covid. L'edizione 2023 prevede quasi 2000 espositori, apre martedì 18 aprile, chiude il 23 e devi sapere che se non sei un addetto ai lavori è probabile che non ci metterai proprio piede. Ad anni alterni, il Salone è accompagnato da Euroluce e Workplace 3.0, aggregati espositivi dedicati alle luci e al mondo del lavoro che saranno presenti quest'anno, e da EuroCucina e Salone Internazionale del Bagno. Alle volte, in maniera un po’ vaga, si usa il termine Salone per indicare tutta la Design Week, ma è importante capire la differenza con il Fuorisalone (vedi “Fuorisalone”).

Fuorisalone o Fuori salone Courtesy © Certosa Initiative Milano22 Statue Right Night

È normale che in occasione di una fiera si organizzino eventi, presentazioni e occasioni d’incontro nella città che la ospita. Decisamente meno frequente che questi finiscano per eclissare la fiera stessa: è quello che è successo con il Fuorisalone, che nasce spontaneamente negli anni Ottanta, come una normale versione satellite di quello che succedeva in Fiera, e poi cresce e cresce e cresce ancora, trovando la sua prima formalizzazione nel 1991, quando la rivista Interni gli dedica per la prima volta una guida, che elencava una cinquantina di eventi. Ci vorrà ancora qualche anno prima che diventi l’evento di portata mondiale come lo conosciamo, che trascende il settore dell’arredamento da cui ha origine per coinvolgere i grandi player dell’industria mondiale, dall’automotive al tecnologico alla moda, protagonisti con investimenti e progettualità di larga scala. Domus registra per la prima volta il termine “Fuori salone” nel 1998, raccontando di una installazione di Ferruccio Laviani per lo store di De Padova.

Distretti Courtesy Lambrate Design District

È il concetto chiave da fare proprio prima di affrontare il Fuorisalone, che spacchetta Milano in una selezione di zone dove si concentra l’offerta delle cose da visitare. C’è Brera, il quartiere che fu popolare, degli artisti e punteggiato dalle case chiuse, oggi convertito a istituzione un po’ radical chic. Resta elegantissimo e qui c’è la più grande concentrazione di showroom di rango a Milano, seguita a ruota da via Durini, non lontano dal Duomo. C’è Tortona, dove la ricerca viaggia di pari passo con le installazioni più largamente divulgative e ai fiumi di Negroni. C’era Lambrate, il Ventura district, dove finivano per andare quelli che trovavano Brera un po’ troppo fighetta e Tortona eccessivamente mainstream. Nella fluidificazione degli ultimi anni non è più così, Lambrate è morta e sono spuntate alternative come Alcova o Porta Venezia. Tra gli altri distretti storici, Isola e Cinque Vie, più Bovisa. E i magnifici chiostri della Statale, l’ex ospedale maggiore della città (qui fu ricoverato Hemingway durante la prima Guerra Mondiale!) trasformata in università, palcoscenico a due passi dal Duomo di molte grandi installazioni, amatissima dai non addetti ai lavori e soprattutto dalle sciure. Quest'anno poi fa il suo esordio un nuovo distretto costruito intorno a via Paolo Sarpi, nel cuore della storica Chinatown milanese.

Ponte Verde

Oggi inutilizzabile, è stato per lungo tempo il simbolo dell’euforia del Fuorisalone. Il ponte collegava i navigli, storico luogo di gozzoviglie milanesi, con più bar che residenti, con Tortona, senza dubbi il district più incline al baccanale e all’open bar (vedi “Open bar”), potentissimo polo attrattivo per l’happy hour (e ore seguenti) in tempo di design week. L’effluvio di genti, spinte dall’ardore alcolico, dallo spasimo sociale e dall’ottimismo primaverile, creava regolarmente il blocco del ponte, uno stretto budello che si sovraffollava fino a risultare impercorribile. Il ponte resta come monumento a tempi oramai passati, ai pionieri di quei primi Fuorisalone di massa, con studenti giapponesi di design sbronzi addormentati sui marciapiedi, il fumo delle salamelle che ti si attaccava ai vestiti per settimane nonostante lavaggi multipli, presentazioni in qualche scantinato comunicato qualche ora prima via MMS. Era quando potevi ancora incontrare designer di fama internazionale nel parcheggio di un rave di via Stephenson, accomodati su una April estratta dal bagagliaio di una BMW station wagon, a bere una lattina di birra gelata con la camicia sbottonata, in attesa che scendesse la pioggia (vedi: “Meteo”).

Drago verde

Sono le mitiche fontane di Milano, presenti a ogni angolo della città, che erogano la cosiddetta acqua del sindaco. Utile per darsi una rinfrescata nelle giornate afose, o per ricaricare la borraccia, visto che quest’acqua è perfettamente potabile.

Verde urbano

Milano non è sicuramente la città più verde d’Europa, ma ha un sistema di parchi e giardini, o piccole oasi alberate, soprattutto nelle zone centrali, che possono offrire un riparo accogliente per chi si è fatto una sbornia di Fuorisalone e vuole prendersi una pausa. Le panchine (verdi, ovviamente) si trovano un po’ ovunque in città, molte sono all’ombra di qualche albero, ma per i visitatori della Design Week da tenere presente ci saranno soprattutto i giardini: quelli di Porta Venezia, non lontani dal Brera Design District (vedi “Distretti”), e il Parco Sempione, che costeggia il distretto; la Guastalla, alle spalle della Statale. Tutti questi sono parchi storici: tra quelli nuovi, possono tornare utili Baden-Powell, sui navigli, e l’instagrammabilissima Biblioteca degli Alberi, una collinetta verde che ben rappresenta l’ossessione tipicamente milanese di mettere un sovraccarico di design (con un furbissimo tocco di marketing) nei suoi progetti più recenti.

Scarpe e abbigliamento

Inutile dirlo, il consiglio è di puntare a scarpe comode, perché le vostre app segneranno in questi giorni il record di passi dell’anno. Se non ne sapete molto di sneaker, evitate le Hogan (per carità!) e fate riferimento al nostro elenco con le migliori di tutti i tempi. Vestiti anch’essi comodi e leggeri, con un tocco chic per quando tramonta il sole. Ovviamente se sono Miyake o Margiela, o firmati da Craig Green o Hussein Chalayan è meglio, e se non sapete chi siano fatevi un giro su Google: non dimenticatevi che siete a Milano, che resta la capitale della moda anche nell’epoca in cui sapersi vestire vuol dire scegliere il calzino giusto da abbinare al sandalo Suicoke più che fare senza bisogno di uno specchio il nodo Windsor alla cravatta Marinella da indossare con il doppiopetto blu.

Meteo

La grande sicurezza della Design Week è che pioverà. Ci sono poche altre sicurezze nella vita e potete aspettarvi lo stesso anche quest'anno. Per il resto il clima di Milano in questa stagione è dolce, con la primavera ai suoi esordi boostata dal surriscaldamento globale, prevedete gonnelle e camicie a maniche corte che spunteranno tra i prati dei giardini e i chiostri di un palazzo del centro di Milano, insieme ai primi amori primaverili. 

Mezzi di spostamento

Complici le esorbitanti tariffe dei taxi, e la tendenza a evitare la macchina (il milanese doc si sposta in motorino, anche se ultimamente sta allargando i suoi orizzonti di mobilità), in città si è installato negli ultimi anni un vasto network di mezzi in sharing, facilmente accessibili via app: automobili e motorini. E poi bici – anche elettriche – e monopattini, che possono approfittare delle nuove ciclabili: di queste ultime non ce ne sono come in una città europea degna di questo nome, ma sono comunque più dell’ultima volta che siete stati a un Salone. Amici olandesi però i motorini sulle ciclabili no, grazie. Milano dispone anche di una buona rete di mezzi pubblici, e la metropolitana (con il passante, la nostra S-Bahn) coprirà gran parte delle necessità di spostamento del visitatore del Fuorisalone, con la Fiera di Rho facilmente raggiungibile. Ora la nuova linea M4 porta dall'aeroporto di Linate direttamente in centro (San Babila). Da Malpensa c’è un comodo trenino, mentre i collegamenti per l’aeroporto di Orio, dove atterrano molte low cost, si affida al trasporto su ruota. E per chi è già terrorizzato all'idea di andare ad Alcova in Brianza, sappiate che c'è un comodissimo passante (linea S2, fermata Varedo).

Traffico&taxi

In generale, per la Design Week, soprattutto nelle zone calde come Tortona e Brera, aspettatevi un gran traffico, e una estrema difficoltà a parcheggiare la macchina. Per chi volesse optare per un taxi, c’è da dire che nella Milano post-Covid sembrano essercene meno che mai, e vi conviene prenotare, soprattutto per gli spostamenti dopo cena. In questo caso attenzione, il tassista talvolta si presenta in anticipo e il tassametro va alle stelle ancora prima che il cliente si accomodi sul sedile. Il telefono dei taxi a Milano è 024040, 028585, 026969. Diffidate dei taxi illegali e ricordate che Uber, anche se con limitazioni e prezzi comparabili a quelli dei taxi, funziona.

Il tram

Per gli spostamenti in città la vera goduria è utilizzare i tram: nella maggior parte dei casi lentissimi, immersi nel traffico cittadino, attraversano la città offrendone alcune delle viste migliori e più originali, sia dal finestrino, sia all’interno, con l’alternarsi dei passeggeri che racconta i diversi quartieri della città come un quadro di Hopper su binari. 

Pernottare

Se non hai ancora prenotato quando stai leggendo questo articolo, la tua situazione non è buona. Da anni Milano registra il sold-out su Booking e Airbnb la settimana prima del Salone, nonostante l’offerta si allarghi, perché tanti residenti, se possono permetterselo, fuggono dalla città mettendo a disposizione le proprie case a prezzi spesso esorbitanti. C’è da dire che Milano è oramai una gigantesca città che arriva fino a Torino da un lato, a Pavia andando verso Sud, Bergamo e Brescia sull’asse nord-est, e raggiungerla in treno da località come Lecco o Como, affacciate sul lago, scendendo comodamente in stazioni in pieno centro città, forse è la scelta più indicata per chi non ha trovato casa in centro, quasi sicuramente meglio di qualche sobborgo lontano dalla metropolitana o dal passante.

Mangiare

Chiedete a chi vive a Milano quale sia la cucina più diffusa in città, probabilmente vi risponderà: sushi. In un peculiare caso di sincretismo culturale, quasi un effetto boomerang dell’attitudine internazionale della città, laddove a Roma e Venezia si va a colpo sicuro con una gricia o i bigoli in salsa, a Milano è il sushi, nella sua versione all-you-can-eat, a incarnare il piatto tipico cittadino del nuovo millennio. Ma la verità è che l’offerta in città è varia e con qualità altissima, con una impennata post-Expo 2015: ci sono gli stellati dei grandi nomi italiani (Bartolini, Berton, Cracco, Oldani, Aimo e Nadia, Guida), i nostrani innovativi (Contraste, o Trippa, dove riuscire ad accaparrarsi un tavolo è un incubo), gli asiatici stellari/stellati/ex-stellati (Aalto-Iyo, la Bentoteca di Yoji Tokuyoshi), i distretti in crescita (prendi via Melzo, o Loreto e dintorni per gli orientali, più il nuovo Mercato alla Stazione Centrale). Ma ti può anche capitare di spendere 20 euro a testa per un mesto tagliere a Brera. Il consiglio è sempre quello di prenotare con largo anticipo: Milano è una città piccola rispetto al numero dei visitatori della Design Week. E se volete invertire la tendenza, provate un risotto con ossobuco (ok, non il top a giugno) o la cotoletta (variante locale della schnitzel), piatti tipici di Milano molto prima del sushi. Una nota: se siete vegetariani, o soprattutto vegani, preparatevi a soffrire un po’: in alcuni posti, potreste finire a dovere ordinare un contorno (sperando che non ci abbiano buttato dentro della pancetta). Ma se volete consolarvi c’è sempre Joia, vegetariano e stellato Michelin.

Cappuccino

Ricordiamo a tutti che ordinare un cappuccino dopo cena in Italia è vista come una cosa decisamente stramba. C'è chi chiama la polizia per molto meno.

Open bar

In un peculiare caso di traslazione semantica, “open bar” per gran parte dei residenti in città è sinonimo di “design week”. Code infinite, crisi di panico quando si arriva agli sgoccioli dell’ultima bottiglia di Absolut e camicie impregnate di sudore che si slacciano via via fino a scene degne di Una notte da leoni sono un grande classico delle serate post-Salone, e mettono fianco a fianco vecchi viveur, nuovi viveur, giovanissimi e cariatidi del design, una spruzzata di gente della moda, qualcuno che è lì per caso. Da qualche anno l’epicentro social in questi giorni gravita intorno al Bar Basso, uno dei pochi bar storici milanesi che abbia conservato la sua anima, dove si beve il Negroni sbagliato, creato dal barman Mirko Stocchetto, che arrivò in aereo da Cortina per trasformare quella che al tempo era una birreria in un mito cittadino. Ovviamente si paga, siamo in una delle zone più borghesi di Milano, ma vale la pena: chiedete di Maurizio e optate per la coppa grande, uno piccolo non basta. Vi ricordiamo anche che Milano è piena di molti ottimi bar, e non esiste solo il Bar Basso.

Pagare

Nella Milano post-Covid, usare la carta e non i contanti è oramai frequente, per non dire la normalità. Per chi è in cerca di una alternativa alla carta – o ai servizi di pagamento da cellulare di Apple, Samsung e Google – c’è Satispay, una comoda app che è accettata da molti bar in città, dove un caffè costa un euro o poco più e pagarlo con la carta di credito potrebbe creare qualche malumore nei baristi. Ricordiamo anche che i taxi (vedi “Taxi, traffico& trasporti”) sono tenuti ad accettare i pagamenti con carta, anche se spesso fanno finta di cascare dal pero e pretendono il cash. In ogni caso, sempre meglio tenere un 50 euro di scorta in tasca, perché non si sa mai, soprattutto appena esci dai confini della città e ritorni al medioevo monetario.

Milano

Si dice che la Design Week sia una ottima occasione per chi vive in città di scoprire i suoi angoli meno noti. Chi la visita per il Salone, e vuole staccarsi dal flusso degli eventi, può approfittarne per scoprirne a sua volta tesori che sono fuori dai soliti percorsi: non solo il Duomo, per esempio, ma anche queste tre chiese del Novecento.