La campagna di Rem Koolhaas, prossima frontiera dell’urbanizzazione

Grande agricoltura, grande energia, big data: la nuova mostra dell’architetto e teorico olandese rappresenta la natura al di là del mito, senza concessioni alla nostalgia.

Un imponente trattore agricolo, controllato a distanza da computer, è parcheggiato davanti all’ingresso principale del Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Accanto c’è un contenitore agricolo temporaneo pieno di piante di pomodoro che crescono sotto la luce ottimizzata di LED rosa. Queste due macchine – impressionanti, disumane e in qualche modo paurose – sono portatrici di un messaggio che viene dai campi. Se la loro presenza nella Quinta Strada pare assurdamente fuori luogo è perché Rem Koolhaas vuole che noi cittadini la smettiamo di trascurare “l’altro 98 per cento della superficie terrestre” che non è urbano.

Koolhaas vuole attirare la nostra attenzione su ciò che chiama, con una complice strizzata d’occhio, campagna. È il tema del suo più recente progetto di ricerca e della relativa mostra, “Countryside, The Future” (aperta fino all’agosto 2020), che riempie l’intera rotonda del Guggenheim Museum. Il progetto, che ha richiesto più di quattro anni per essere completato, è stato realizzato in collaborazione con AMO, il dipartimento di ricerca dello studio di Koolhaas guidato da Samir Bantal, con Troy Conrad Therrien, curatore dell’architettura del Guggenheim, e con gli studenti di alcune scuole di design. Accompagna la mostra un elegante “taccuino” progettato da Irma Bloom. L’esposizione è impraticabilmente enorme e inevitabilmente incompleta, ma impressionante come un monumentale montaggio. Ci sono fattorie sperimentali e robot, e conduttore, e comuni, e acquacultura, e data center e pubblicità di furgoni. C’è lo scheletro di un mammut siberiano e un diagramma di come funziona lo Stato cinese. L’architettura della “nuova” campagna, scrive Koolhaas, si riduce a strutture “rigidamente basate sul codice, sugli algoritmi, sulle tecnologie, sull’ingegneria e sulle prestazioni, non sulle intenzioni”. Spiacenti per gli umanisti.

“Countryside, The Future”, 20 febbraio –14 agosto 2020. Foto: Laurian Ghinitoiu. Per cortese autorizzazione di AMO.

Oscillando tra anteprime narrative e sovraccarichi di dati caotici “Countryside, The Future” rispecchia le riflessioni di un cittadino che brama la campagna ma è troppo intelligente per indulgere alla nostalgia per qualcosa che sa fin dall’inizio essere una finzione. Rispecchia anche il fascino di Koolhaas per la potenza e la follia del razionalismo cartesiano, che accosta al dominio sulla natura dell’Olanda del Seicento e che scopre evidente nei paesaggi striati della grande agricoltura, della grande energia, dei big data. La sua domanda finale, che si avvolge su gran parte della spirale della rampa della rotonda, è di natura etica: “Può l’estrema conoscenza di oggi combinarsi con il bene?”. Il percorso da fare, suggeriscono Koolhaas e AMO, può essere quello di sistemi alternativi come la “microcoltivazione”, la fusione nucleare, la tutela del territorio basata sulle comunità e su uno sviluppo agricolo alternativo come quello di cui è esempio la città di Voi, in Kenya. La mostra comprende alcuni riferimenti a pratiche indigene: un accenno al crescente corpus della ricerca sul valore del sapere ecologico tradizionale. 

“Countryside, The Future” è forse il gran finale di un metodo di indagine e di narrazione che Koolhaas ha inaugurato nel 1978 con la pubblicazione di Delirious New York. Dichiarandosi “lo scrittore ombra di New York” Koolhaas ha narrato la natura fantastica della “cultura della congestione” newyorchese e ha ammonito che la disinvolta gloria della città veniva soffocata dall’assalto di edifici banali eccessivamente razionali. Il medesimo disincanto sembra motivare “Countryside, The Future”, cui ha messo mano quando ha notato che il villaggio svizzero che aveva frequentato per vent’anni si stava trasformando sulla spinta del cambiamento economico globale. “Nulla era ciò che sembrava”, scrive nell’introduzione alla mostra. “La campagna era profondamente instabile.” E prosegue con la critica all’industria del turismo globale, all’economia del benessere e alla perdurante mitologia della campagna. Ovviamente l’instabilità ha minacciato a lungo la campagna. In mostra ci sono numerosi indizi dei drammatici cambiamenti di ogni epoca, a partire dalla Rivoluzione scientifica, come, per citarne alcuni, l’architettura del paesaggio olandese del Seicento, il finto borgo di Maria Antonietta a Versailles (1783-1786), i falansteri di Fourier (1808) e il Grande Balzo in Avanti di Mao (1958-1962). La “Colonna semiotica” a sei livelli allestita dal giornalista Niklas Maas in occasione di un seminario dell’Università di Harvard rivela come giocattoli, pubblicità e moda producano fantasie sulla campagna.

“Countryside, The Future”, 20 febbraio –14 agosto 2020. Foto: David Heald. Per cortese autorizzazione della Solomon R. Guggenheim Foundation.

Mentre Koolhaas e Amo ammettono che l’espressione “campagna” è “palesemente inadeguata” il suo uso come strumento organizzativo appare come una specie di astuzia, dato che il referente “campagna”, come viene dimostrato, consiste in paesaggi di produzione irreggimentati inesorabilmente legati alle città. È la ragione per cui nel 1970 Henri Lefebvre teorizzava la “completa urbanizzazione” della società. Il Monumento continuo di Superstudio (1969) diede espressione visiva al concetto di infrastruttura urbana in espansione senza tregua, in parte ripreso dai disegni di Koolhaas per Exodus or the Voluntary Prisoners of Architecture (1972), realizzati con Elia Zenghelis, Madelon Vriesendorp e Zoe Zenghelis. Oggi la ricerca su quartieri suburbani o extraurbani ha da poco avuto un’impennata, come si vede nell'imponente antologia Infinite Suburbia (Princeton Architectural Press, 2017). Ma in “Countryside, The Future” non si citano luoghi né suburbani né extraurbani. Il termine “metropolitano”, di cui i primi scritti di Koolhaas sono saturi e che compare nel nome del suo studio di Rotterdam – Office for Metropolitan Architecture (OMA) – è platealmente assente dalla mostra. È un’omissione eloquente, poiché alcuni dei siti che sono compresi nella mostra, come il distretto industriale della Westland nei dintorni dell’Aja e il data center SUPERNAP di Las Vegas, fanno chiaramente parte di conurbazioni metropolitane. Koolhaas, va ricordato, predilige l’ironia. La sua “nuova” campagna somiglia molto alla prossima frontiera dell’urbanizzazione.

Mostra:
Countryside, The Future
Dove:
Solomon R. Guggenheim Museum, New York
Date di apertura:
20 febbraio – 14 agosto 2020
Indirizzo:
1071 5th Ave, New York, NY 10128, United States

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