Acne Studios: roccaforte di stile

Da austero castello dal sapore kafkiano a incubatore della creatività: l’ex ambasciata cecoslovacca a Stoccolma è ora il nuovo quartier generale del marchio di moda svedese.  

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1041, dicembre 2019

Una ventata di creatività ha investito gli austeri spazi dell’ex ambasciata cecoslovacca a Stoccolma. Nell’area di Östermalm, tranquilla zona di rappresentanze diplomatiche, del conservatorio reale e del parco di Humlegården, l’edificio da Guerra fredda al 13 di Floragatan è diventato il nuovo quartier generale di Acne Studios, ormai storico marchio della moda svedese. Il palazzo è stato progettato dal ceco Jan Bočan di Atelier Beta nei tumultuosi anni compresi tra la Primavera di Praga, l’invasione sovietica e la ‘normalizzazione’ della repubblica socialista. Inaugurato nel 1972, è stato fino al crollo del Muro una sorta di castello kafkiano neobrutalista tra le eleganti facciate di un quartiere riqualificato in chiave borghese alla fine dell’Ottocento.

Un elemento disturbante per alcuni, quasi come l’ambasciata sovietica a L’Avana, pugno di pietra sul Malecón caraibico. Qualcuno parla di neobrutalismo, altri di “Modernismo est-europeo”, nel solco della rivalutazione di tendenze funzionaliste, già apprezzate all’epoca e opportune in Svezia.

Qualcuno parla di neobrutalismo, altri di “Modernismo est-europeo”, nel solco della rivalutazione di tendenze funzionaliste, già apprezzate all’epoca e opportune in Svezia

Avaro di finestre, Floragatan 13 ha protetto la piccola comunità diplomatica come un mondo a parte, con tanto di cinema per la proiezione di pellicole, talvolta aperto anche ai cittadini scandinavi. La sala seminterrata di proiezione è ora la mensa di Acne Studios con la cucina gestita dal Café Nizza e grandi tavoli rotondi a seduta circolare, disegnati da Pierre Chapo, per favorire la socializzazione in pausa pranzo tra i circa 200 lavoratori che vengono da tutti i continenti. Venduto nel 1998, dopo la separazione tra Repubblica Ceca e Slovacchia, Floragatan 13 veniva rinnovato per diventare sede di uffici su progetto di Magnus Tengblad, svedese e docente, come Jan Bočan, all’università di Praga.

Dopo questa fase, Acne Studios ha effettuato un intervento di ripristino degli elementi originari, per dare risalto al cemento nudo ed eliminare le superfetazioni da “terziario arretrato”. I lavori iniziati nel 2017 e conclusi da poche settimane hanno valorizzato gli spazi comuni in un’ottica che s’ispira all’idea della scuola di moda dove sperimentare in gruppo e la creatività scorre senza barriere.

Vista del nuovo quartier generale dell’azienda. Photo courtesy Acne Studios

Non solo la mensa, ma anche il giardino di betulle e la libreria al piano terra sono spazi per socializzare. Non poteva mancare il parcheggio delle biciclette.

Nella tradizione di Acne Studios si sono utilizzati materiali locali per gli arredi. I blocchi di granito delle monumentali sedute nell’ingresso vengono dallo Småland ed evocano un cimitero vichingo, secondo un’idea di Jonny Johansson, direttore creativo del marchio, condivisa con Max Lamb, designer della Cornovaglia che combina tecniche ‘preistoriche’ e digitali. Schermi retroilluminati con fotografie delle collezioni del passato svolgono la funzione di ricordare ai creativi la storia dell’azienda. Il francese Benoit Lalloz ha lavorato molto sull’illuminazione. Le componenti d’arredo dei bagni sono di alluminio e ci sono le docce per chi torna da una corsa nel parco, secondo una filosofia del benessere che prevede armonia tra corpo e mente, equilibrio tra vita privata e lavoro.

La tradizione svedese della merenda a base di tè e torta, preparata nella cucina del quartier generale, aiuta ad affrontare i pomeriggi più freddi. L’ex appartamento dell’ambasciatore, che domina l’ultimo piano, ospita un’accogliente sala riunioni dove per la prima volta dopo molti anni sarà acceso uno dei tre camini dell’edificio. Nessun simbolo stile falce e martello, però, neppure in chiave ironica alla Goodbye Lenin, per un marchio postmoderno abituato a confrontarsi con la storia reinterpretando pezzi iconici come il jeans o il chiodo.

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