Ortigia insider’s guide, i consigli dei designer: Banchini, Cauderay, Faccin, Ghidoni e Laposse

L’acqua, le piante grasse, il cibo – e perfino i tubi Innocenti che puntellano antichi edifici abbandonati – sono le chiavi suggerite dai designer di “MADELabs” e “MADE Summer” per scoprire l’antico centro di Siracusa.

A cavallo tra l’ultima settimana di luglio e la prima di agosto, Siracusa ha ospitato due settimane di workshop organizzate dall’Accademia di Belle Arti Rosario Gagliardi, alias MADE Program. La scuola d’arte e design, nata tre anni fa e che tra gli obiettivi dichiarati ha quello di “rendere programmi di formazione di alto livello e di respiro internazionale accessibili a un ampio numero di persone, anche in zone abitualmente ‘dimenticate’ dai grandi operatori attivi in ambito formativo”.
Sotto la direzione artistica di Formafantasma e Moncada Rangel e l’attenta guida operativa di Alessandro Montel, nel centro della cittadina siciliana si sono alternati alcuni dei designer più vivaci e interessanti della scena contemporanea internazionale: Fernando Laposse, matteo Ghidoni, Leopold Banchini, Maio Architects, Francesco Faccin, Jorge Penadés, Piovene Fabi, Izaskun Chinchilla, Thomas Thwaites, Adam Broomberg. Ognuno di loro ha guidato un piccolo gruppo di 10-15 studenti, scegliendo un elemento-chiave di progetto in relazione alla città e al tema dell’accoglienza, comune a tutti i laboratori.  

Matteo Ghidoni: The Baths

Matteo Ghidoni, fondatore di Salottobuono, ha indagato la relazione – strettissima – tra Siracusa e l’acqua. Non quella del mare come è logico aspettarsi, ma l’acqua dolce che alimenta le fonti sotterranee: un mondo parallelo che si connette alla rete di acquedotti di epoca greca alimentato dalla falda freatica che alimenta anche il fiume Ciane sul lato opposto del porto. Ci sono l’antica Fonte Aretusa, la Fontana degli schiavi, gli Occhi di Zivillica, ma anche le concerie sotterranee e i bagni ebraici nel quartiere della Giudecca. “Se vai sottoterra, vedi l’acqua gocciolare dal soffitto”, spiega il progettista e fondatore della rivista Sanrocco. C’è perfino un bar ristorante, si chiama Il Vecchio Lavatoio, che custodisce antiche vasche d’acqua settecentesche. “Un mondo sottoterra, incredibile e folle”, prosegue Ghidoni che con i suoi studenti ha scelto di lavorare alla Graziella, un quartiere originariamente povero, una delle ultime zone non ancora invase dal turismo.  

Fernando Laposse: A succulent voyage

“Fico d’india e agave sono state introdotte sull’isola nel XVI secolo dall’America centro-meridionale, dove era coltivata fin dai tempi degli Aztechi, grazie agli scambi commerciali o per amore dell’esotico. Trovato il loro habitat ideale alle pendici dell’Etna, queste piante succulente colonizzano il territorio e diventano le icone dell’intera regione, segnando con la loro presenza l’inizio dell’importanza di Siracusa e della Sicilia come porto e scalo commerciale”. Con queste considerazioni il designer messicano, ma da diversi anni stabile a Londra, vuole fare riflettere sui cambiamenti – a volte anche drastici – che il paesaggio ha sopportato attraverso la storia. “L’età moderna comincia con la scoperta dell’America”, prosegue, “e questo ha comportato un cambiamento enorme nel modo in cui mangiamo e viviamo, ma anche nella conformazione del paesaggio”. Cosa sarebbe l’Italia senza i pomodori o le zucchine? Ma cosa sarebbe il paesaggio di Siracusa, e della Sicilia, senza il fico d’india o l’agave?  

Leopold Banchini, Pierre Cauderay: The Ear of Salvini

La prima idea di Leopold Banchini e Pierre Cuaderay per Siracusa è stata di costruire uno spazio con le proprie mani. “La seconda cosa”, spiegano, “era creare un’interazione sociale”. Un tema forte è il mare, che circonda la città e in particolare il centro storico di Ortigia. Non solo come presenza, ma anche in relazione al tema dell’integrazione. “Il mare è il confine da attraversare”, proseguono. “Per scoprire la città devi anche guardarla da una certa distanza, abbiamo cercato una nuova prospettiva, dal mare che la circonda”. Si è deciso di realizzare una piattaforma galleggiante e, dopo una serie di considerazioni – restare 24 ore, una notte intera –, si è deciso di organizzare una lunga cena in mezzo all’acqua. I partecipanti hanno progettato l’intera esperienza: il modo di vestirsi, gli inviti, il menu, l’argomento di conversazione. “Un altro elemento-chiave per capire Siracusa è stato il cibo: la Sicilia è stata per tantissimi anni una terra di scambi e influenze, molti degli ingredienti dei piatti più tipici della regione – il pistacchio e lo zafferano, per esempio – vengono da altrove”. A questi si aggiungono alcuni dei piatti più tipici, come l’arancino, per esempio, che ha origini arabe.

Francesco Faccin: Storie urbane

Francesco Faccin ha lavorato per tre giorni con un gruppo di ragazzi degli ultimi anni delle superiori. Insieme, hanno messo a punto una serie “di piccoli gesti di progetto per riappropriarsi, in modo anche provocatorio, degli spazi abbandonati presenti in città”, spiega. Guardando Ortigia per la prima volta, qualche anni fa, il suo occhio di progettista si è fermato su un corpo estraneo, eppure presente dappertutto: i tubi Innocenti che puntellano parti di edifici pericolanti e a volte offrono anche un po’ d’ombra. Sono un modo per leggere la storia e la trama del tessuto urbano: antico e stratificato. “Ce ne sono anche nel Castello Maniace”, prosegue Faccin, “sottolineano l’aspetto decadente di questi luoghi, abbandonati o sospesi in attesa di qualcosa; sembrano in qualche modo sostenere la città; e hanno una loro estetica che ormai fa parte del luogo. Per la maggior parte, infatti, sono lì da tanto tempo, anche 20-30 anni; erano un modo economico e veloce di mettere in sicurezza un edificio che poi è diventato permanente”.
Cosa suggeriscono a un designer? “I posti decadenti e disordinati mi rilassano, mi danno un senso di libertà progettuale che mi permette di essere anche più indisciplinato. Suggeriscono un modo di riappropriarsi di uno spazio che ha una sua estetica molto personale”.

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