Restaurare l’arte contemporanea: il caso della Giraffa di Marotta

La restauratrice Anna Laganà guida Domus alla scoperta di una pratica necessaria ma poco conosciuta: il restauro dell’arte contemporanea, portando come esempio la giraffa in plastica rosa trasparente del 1973. 

Spesso pensiamo alla trasmissione del nostro patrimonio artistico come ad un processo che avviene in modo del tutto ovvio, dimenticandoci quelle silenziose figure che di quelle opere conoscono le storie più segrete e le mantengono intatte davanti ai nostri occhi, tenendo “viva” l’immortalità dell’arte. 

“Quando si pensa al concetto di restauro si pensa alla materia, ma conservando la materia, cercando di mantenerla intatta si contribuisce anche a diffondere la storia di quell’opera o di quel manufatto”. Sono le parole di Anna Laganà, restauratrice e ricercatrice specializzata nella conservazione dei manufatti in materiale plastico che dal 2016 lavora come Senior Research Specialist per la Modern and Contemporary Art Inititative presso il Getty Conservation Institute (Gci).

La sua storia, un percorso straordinario caratterizzato da contributi pionieristici alla ricerca applicata nella conservazione delle plastiche, ci racconta di un campo relativamente nuovo, ma tuttavia cruciale, se si pensa che viviamo in un’epoca in cui sempre più opere d’arte e manufatti storici sono realizzati con materiali plastici.

Conservando la materia, cercando di mantenerla intatta si contribuisce a diffondere la storia di quell’opera o di quel manufatto.

Una sfida unica e complessa, minacciata da un degrado rapido, per via della composizione chimica della plastica, che richiede lo sviluppo di nuove pratiche. 

Uno dei casi più emblematici è il restauro della Giraffa Artificiale di Gino Marotta, del Museo del Novecento. L’opera realizzata in materiale plastico trasparente si trovava in deposito da più di venti anni in quanto presentava numerosi danni tra cui graffi, fessure, lacune e fratture (una zampa e le due code) che ne compromettevano trasparenza, estetica e stabilità strutturale. 

Un caso di studio proposto da Marina Pugliese, ora direttrice del Mudec ad Anna Laganà. Quest’ultima sottolinea come molte opere fatte con materiali plastici una volta danneggiate vengano spesso lasciate in deposito o alienate dalle collezioni museali per la mancanza di metodologie di restauro idonee. Ciò è dovuto alle numerose difficoltà che comporta il mettere a punto dei trattamenti di restauro per le plastiche, specialmente se trasparenti.

© Gino Marotta, Giraffa Artificiale, 1973, polimetilmetacrilato, Museo del Novecento, Milano. Foto di Samuele Pellecchia/prospect. Courtesy of the J. Paul Getty Trust

“Restaurare la trasparenza è molto complesso, come noto nel restauro del vetro. Inoltre, la maggior parte dei prodotti comunemente usati per restaurare i materiali tradizionali, contengono sostanze chimiche che possono facilmente danneggiare le plastiche. Per questo motivo negli anni ho condotto con un team di colleghi un’ampia ricerca scientifica finalizzata all’identificazione di materiali e metodi che fossero idonei per il restauro di questa tipologia di opere, in grado di restaurarne la trasparenza e di renderle nuovamente fruibili al pubblico”.

L’ultima fase di questo studio è stata quella di applicare i risultati su Giraffa Artificiale al fine di fornire ai restauratori di arte contemporanea un vero e proprio esempio pratico di come riportare  “in vita” questa tipologia di oggetti. Il restauro è stato eseguito al Mudec in collaborazione con il Centro Conservazione e Restauro la Venaria Reale.

La storia della Giraffa di Marotta, forse anche per le dimensioni reali dell’opera stessa, fa pensare ad un parallelismo romantico tra la figura della restauratrice/tore e quella del chirurgo. Entrambe condividono la missione di preservare e ripristinare l'integrità, la bellezza e la vitalità di qualcosa di prezioso, con la grande responsabilità di restituire a quel corpo la sua condizione originale.

© Gino Marotta, Giraffa Artificiale, 1973, polimetilmetacrilato, Museo del Novecento, Milano. Foto di Samuele Pellecchia/prospect. Courtesy of the J. Paul Getty Trust

Il Getty Conservation Institute (Gci) è uno di quei luoghi d’eccellenza, a livello internazionale, dove tale missione è il pilastro centrale di tutta la sua operatività, che rappresenta infatti un trait d’union tra ricerca scientifica, progetti sul campo, formazione e disseminazione. L’istituto ha infatti un impegno costante: far avanzare la pratica della conservazione nelle arti visive, intese in senso ampio per includere oggetti, collezioni, architettura e siti.

“Non importa di quale tipologia di manufatto si tratti, può essere un oggetto di design, una scultura, un dipinto o anche un tessuto. Io cerco di occuparmi della materia per far sì che la storia di quel manufatto e l’intenzionalità di chi l’ha creato non vengano perse ma arrivino al pubblico in maniera ineccepibile”. Attraverso le parole di Anna Laganà emerge un aspetto sensibile di un mestiere delicato come quello del restauro, che ha a che fare con una responsabilità morale: l’eredità.

In tutti i suoi sforzi, il Gci si concentra infatti sulla creazione e la diffusione di conoscenze di cui beneficeranno i professionisti e le organizzazioni responsabili della conservazione del patrimonio culturale mondiale.

© Gino Marotta, Giraffa Artificiale, 1973, polimetilmetacrilato, Museo del Novecento, Milano. Foto di Samuele Pellecchia/prospect. Courtesy of the J. Paul Getty Trust

Allo stesso modo, è proprio dalla volontà di agevolare la diffusione di conoscenze nel settore, che Anna Laganà ha co-fondato il gruppo italiano di Incca (International Network for the Conservation of Contemporary Art) e svolge attualmente il ruolo di Coordinatore del gruppo di lavoro Modern Materials and Contemporary Art dell’International Council of Museums-Committee for Conservation, promuovendo con una serie di attività lo scambio di conoscenza nell’ambito della conservazione del contemporaneo e agevolando il network fra studenti, professionisti ed emergenti del settore.

Si può immaginare questo passaggio di testimone come un segreto bisbigliato, che attraversa i secoli, le scoperte e le degradazioni attraverso delle mani attente a proteggerlo. Quel segreto che Anna ha sentito la prima volta tra le impalcature della Cappella degli Scrovegni. Uno dei primissimi lavori che intraprese. “L’emozione di vedere da vicino gli affreschi di Giotto, quei pigmenti vividi, la resa sorprendente di ogni minimo dettaglio, possibile solo a breve distanza, mi ha resa consapevole della fortuna di essere una restauratrice”.

Immagine di apertura: © Gino Marotta, Giraffa Artificiale, 1973, polimetilmetacrilato, Museo del Novecento, Milano. Photo Credit: Samuele Pellecchia/prospect. Courtesy of the J. Paul Getty Trust

Progetto avviato da:
Getty Conservation Institute
In collaborazione con:
Museo del Novecento, Museo delle Culture di Milano (MUDEC) e Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale di Torino

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