Experimenta Design cambia formula: non più mostre, ma conferenze. Report da Lisbona

Dopo quasi 20 anni, Experimenta Design, la biennale che ha saputo trasformare il design in argomento centrale in Portogallo, cambia pelle. Abbandonato il format di mostre e rassegne, la sua fondatrice Guta Moura Guedes punta ora sul dibattito e la discussione.

Experimenta Design, Lisbona, 2017

Dal 1999 a oggi, la biennale “Experimenta Design” ha portato oltre 1.130.450 persone a Lisbona, svelando loro i tesori architettonici di questa meravigliosa capitale europea. Una manifestazione animata con forza, passione e perseveranza dalla sua fondatrice Guta Moura Guedes che ha saputo trasformare il design in argomento centrale di discussione e dibattito quotidiano in Portogallo. L’evento principale di quest’anno, al Centro Cultural de Belem, dovrebbe però decretare la fine: se non dell’intera manifestazione, almeno del format che ha mosso questa biennale per anni. Sembra difficile pensare che l’energica direttrice non abbia altro in mente per il futuro e infatti il tema della manifestazione, “Before & Beyond”, apre già la porta a impegni futuri.

Un massiccio volume (dal titolo experimentadesign 1999–2017) fa il punto sul “before” concentrandosi sulla storia: 405 pagine d’immagini fotografiche, pochi allestimenti ma tante persone e non solo esperti del settore, attestano il particolare approccio corale nei confronti della disciplina. A confermare la sensazione che questa storia sia in continua evoluzione e non sia ancora arrivata alla fine (se non nel sunto editoriale pubblicato), è anche la presenza delle alte autorità del Paese: è l’ulteriore prova di come il design sia diventato parte del linguaggio comune di un Paese che dalla recente crisi economica esce moltiplicando le proprie istituzioni con commissioni museali di livello internazionale (tra queste, il recente Maat Museum di Amanda Levete, un’onda in piastre di ceramica bianca che si affaccia sull’acqua). Presenziano alla cerimonia il ministro della Cultura Luis Castro Mendes e il presidente Marcelo Rebelo de Sousa che si esprime esattamente con queste parole: “Il design è cultura. Il design è cultura perché è in grado di cambiare la nostra mentalità. Di mostrare le nostre capacità. Il design è anticipazione, e soprattutto è visione del nostro futuro”.

Experimenta Design, Arjun Appadurai, Lisbona, 2017
Experimenta Design, Eduardo Souto de Moura

Al Museo Museu Nacional dos Coches (dedicato alle carrozze d’epoca) è allestita la mostra “Drawing in Stone”, a cura di Guta Moura Guedes che presenta 23 autori eccellenti, che si sono confrontati con la pietra, del calibro di Álvaro Siza, Amanda Levete, Bijoy Jain, Carrilho da Graça, Eduardo Souto de Moura, Elemental, Mia Hägg, Paulo David, Studio MK27 (Marcio Kogan), Vladimir Djurovic, Ian Anderson, Jonathan Barnbrook, Jorge Silva, Pedro Falcão, Peter Saville, Sagmeister&Walsh, Claudia Moreira Salles, i fratelli Campana, Fernando Brizio, Jasper Morrison, Michael Anastassiades, Miguel Veira Baptista per finire con i fratelli Bouroullec.

Experimenta Design, Arjun Appadurai, Lisbona, 2017
Experimenta Design, Arjun Appadurai

Il “pezzo forte” di questa edizione è il ciclo di “Conferenze di Lisbona”, dove pensatori contemporanei sono stati invitati a trattare uno dei temi cardine (e titoli) che hanno caratterizzato le biennali precedenti. L’indiano Arjun Appadurai ha indagato, con argomenti struggenti e coinvolgenti, il tema dei confini (EXD’13, 2013 “No borders”), raccontando come la geografia dei migranti crei una serie di archivi digitali di memorie personali (personali, ma condivisibili) in grado di farci risalire a movimenti, tragedie e speranze di coloro che lasciano una vita per cercarne una diversa; o, semplicemente, per trovarne una. I migranti usano i media non solo per narrare la loro storia, ma anche per connettersi a vicenda, cercarsi, ritrovarsi durante il loro viaggio da A a B, nel migliore dei casi. Tramite una serie d’immagini che non lasciano nulla all’immaginazione Appadurai ci conduce in un viaggio nella tragedia, nell’animo di coloro che scappano dalla morte, non curanti di ciò che hanno lasciato ieri perché alla ricerca della sopravvivenza oggi, poiché il domani non si sa se arriverà. “Quando sei in mezzo all’acqua”, dice, “non pensi a ciò che hai lasciato alle spalle; pensi solo al domani”. Con l’esempio dei migranti che sembrano vivere in uno stato di confine permanente, Appadurai vuole dirci che nel mondo di oggi sembra che non ci siano frontiere per il crimine, la mafia e l’illegittimo, ma bensì solo per le persone, fino a confermare che il fallimento della situazione politica di una nazione è un problema di design.

Experimenta Design, Stefan Sagmeister, Lisbona, 2017
Experimenta Design, Stefan Sagmeister

A far tornare il sorriso ci pensa Stefan Sagmeister incaricato a trattare il tema del tempo (EXD’09, 2009, “It’s Is About Time”). Il creativo, di base a New York, lo fa con un paragone tra tempo e bellezza con veloci associazioni concettuali che coinvolgono il pubblico, arrivando a liquidare le creazioni architettoniche del secolo scorso – e i relativi approcci progettuali – della triade di Adolf Loos, Mies van der Rohe e Le Corbusier. Sagmeister è empatico e in grado di trasmettere il proprio messaggio in maniera informale e istintiva e il pubblico ha ricambiato con applausi e risate fragorose.

Experimenta Design, Philippe Starck, Lisbona, 2017
Experimenta Design, Philippe Starck, Lisbona, 2017

Seguono Tyler Brulé (EXD’05, 2005, “The medium is the matter”), il maestro Eduardo Souto de Moura (EXD’08, 2008, “Space and place”), per chiudere con la performance di Philippe Starck (EXD’11, 2011, “Useless”). Non hanno invece potuto partecipare per motivi di salute Alice Rawsthorn (EXD’99, 1999, “Intersections of and in design”) e Miguel Nicolelis (EXD’15, 2015, “As far as the mind can see”). Guta Moura Guedes ha concluso informando il pubblico che servirà quindi un altro ciclo di conferenze, già in programma per il prossimo anno: no, la storia del design a Lisbona, non è ancora finita.

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