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West Coast modern: la casa di Rudolf Schindler su un’isola nel Pacifico

Dall’archivio Domus, la Wolfe House, una casa estiva progettata dal padre del modernismo californiano sull’isola di Santa Catalina, di fronte a Los Angeles, sul finire degli anni ‘20.

R.M. Schindler, l’architetto austriaco che divenne californiano,  nel continuo intrecciarsi della sua vicenda con quella di Richard Neutra ha finito per condividere la paternità di quello che assume diverse denominazioni ma viene usualmente identificato come California Modern. La sua formazione europea e la successiva contaminazione nelle traiettorie di scambio culturale che tra le due guerre stavano rendendo il moderno un International Style, si esprimono in opere iconiche come la Lovell Beach House di Newport Beach o la sua residenza di West Hollywood. Sul finire degli anni ’20, una famiglia di quella Los Angeles intraprendente e cosmopolita di cui le sue architetture sono espressione  gli commissiona un’isola sulla isola di Santa  Catalina, in pieno oceano di fronte a Los Angeles.
Domus pubblica il progetto nel dicembre del 1987, sul numero 689, per celebrare il centenario di nascita dell’architetto. 

Domus 689, dicembre 1987

R.M.Schindler. Wolfe House, Santa Catalina Island

A cavallo tra la primavera e l’estate del 1929 Ethel Wolfe e il marito Charles riuscirono finalmente a godersi, per la prima volta, la casa che era stata per loro progettata da R.M. Schindler. Spettacolare e insolita l’ubicazione, sul ripido pendio che s’affaccia sul porticciolo di Avalon nell’isola di Santa Catalina. Infatti, se le terrazze e le finestre a mezzogiorno danno sul porto semicircolare dell’isola, il panorama verso levante è quello dell’immenso Oceano Pacifico. All’epoca, la scelta di Santa Catalina per costruirvi una casa estiva e da week-end, aveva certamente dell’avventuroso. Per superare le ventisei miglia che separavano l’isola dal continente ci volevano le due ore e un quarto del postale giornaliero oppure, a partire dalla metà degli anni Venti (e per chi non avesse problemi di denaro), la trentina di minuti di ardita traversata sulle “barche volanti”, i piccoli idrovolanti della Pacific Marine Airways. Inoltre, benché fosse possibile già allora traghettare le auto con i mezzi della Wilmington Transportation Steamships, quasi tutte le persone che nell’isola trascorrevano l’estate, compresi i Wolfe, vi tenevano in permanenza una macchina. Ovviamente il fatto che le complicazioni stesse del trasporto da e per un’isola arricchivano il fascino del luogo era ben presente alla mente sia dei committenti sia dell’architetto.

domus - schindler, santa catalina island
Domus 689, dicembre 1987

Come si è detto, cliente di Schindler era stata nell’occasione Ethel Wolfe, rappresentante di un particolare segmento della Los Angeles degli anni Venti, quello della crescente schiera di europei che vi erano attirati in parte dal clima esotico e semitropicale e, in parte, dal rapido sviluppo della cinematografia hollywoodiana. Nel 1920 Ethel Wolfe e il marito Charles avevano fondato nel centro storico della città la Wolfe School of Costume Design, una scuola per figurinisti cinematografici. La scelta di Los Angeles era stata dettata “dall’importante presenza del cinema e dei suoi creatori...” nonché dall’“usanza di indossare tutto l’anno abiti sportivi, usanza che si sta ormai diffondendo in tutto il paese”. Nella presentazione del piano di studi la Wolfe insisteva soprattutto sulla “modernità” e sulla necessità di anticipare “anche di sei, se non di dodici mesi, le novità stilistiche”.

Ethel Wolfe, la cui formazione europea era stata completata da un corso di studi alla Sorbonne, conservava i contatti con Parigi, dove aveva aperto una sede distaccata della scuola (con Sonia Delaunay e Anny Dorez). Non diversamente dal dottor Philip Lovell, altro famoso cliente di Schindler, Ethel Wolfe considerava il design e l’architettura come forme visive capaci di comunicare il messaggio di “modernità”. Non a caso anche nella pubblicità della Wolfe School si parlava della villa di Avalon come “casa-atelier” e “luogo d’incontro degli studenti nei mesi estivi”.

domus - schindler, santa catalina island
Domus 689, dicembre 1987

I Wolfe non si sarebbero però rivolti a Schindler solo per la progettazione della casa estiva di Avalon, ma anche per la ristrutturazione del piano occupato dalla scuola in un’edificio in South Flower Street (1929-30) e il progetto della cancelleria del materiale pubblicitario e degli annunci nella stampa riguardanti la scuola. Sarebbero stati poi gli stessi Wolfe a occuparsi, ultimata la villa di Avalon, di realizzarne una ricca documentazione fotografica, insistendo con l'architetto perché ne ottenesse la pubblicazione su una rivista d'architettura a diffusione nazionale. Quelle foto ebbero così ospitalità sul numero di settembre del 1931 di Architectural Record. E andò a finire che Wolfe House divenne la più pubblicizzata tra tutte le case di Schindler degli anni Venti e Trenta, comparendo sul newyorchese Creative Arts (febbraio 1932), sul londinese Architectural Review (marzo 1933) e, nel 1934, sul diffusissimo Twentieth-Century House edito a Londra da Raymond McGrath.

domus - schindler, santa catalina island
Domus 689, dicembre 1987

Secondo lo stesso Schindler, la soluzione voluta da lui e dalla committenza per questa casa estiva era stata quella di una “playhouse”, una costruzione informale che alludesse alla vita in spiaggia tipica della California meridionale – stare al sole, nuotare, andare in barca, pescare. Oltre all’appartamento dei Wolfe, la casa doveva contenere un alloggio separato e indipendente per ospiti e un quartierino per la servitù che potesse servire anche per ospiti imprevisti. La scelta del terreno era caduta su un lotto in forte pendenza tanto che, sebbene l’architetto avesse previsto un giardino, per la vita all’aperto necessariamente dovette creare una serie di terrazze. Schindler le ottenne tramite l’arretramento di ognuno dei quattro piani rispetto al piano più in basso; e ogni terrazza risulta così essere anche la copertura dell'ambiente sottostante. Alla sommità dell’edificio, un’unica grande terrazza, parzialmente coperta, con un proprio camino; la si raggiunge dall'appartamento padronale attraverso un sistema di rampe. Grazie a una serie di porte-finestre scorrevoli, gli ambienti del piano principale e di quello degli ospiti si aprono totalmente sulle terrazze verso sud-ovest; si è ottenuto così l’effetto di un loggiato aperto piuttosto che di un tradizionale ambiente chiuso da muri. Le fasce di finestre orizzontali nella parete nord del piano principale e dell’alloggio degli ospiti aumentano l’atmosfera di loggiato, verso cui affluiscono luce e aria direttamente da sotto la struttura metallica del soffitto.

domus - schindler, santa catalina island
Domus 689, dicembre 1987

L’inserimento di un garage (per una sola macchina) a un livello intermedio, sotto una parte del piano principale, aveva permesso a Schindler di creare per la “camera da letto” una zona rialzata, più isolata, da cui si accedeva direttamente alla zona di soggiorno, più in basso. La differenza di quota e il gioco di incroci di visuali tra zona letto e zona soggiorno costituiscono indubbiamente una delle soluzioni spaziali più importanti della casa e Schindler vi ha profuso tutta la sua bravura. Nella zona soggiorno un divano incassato, ripiani per libri, il tavolo e una breve scala: tutti elementi che invitano l’occhio a guardare verso la grande apertura della zona letto. Sempre nel soggiorno, un piccolo armadio “sale” verso la camera da letto, così come, al suo lato opposto, vi salgono i due montanti in legno che incorporano una lampada. La moquette, che copre il piano della zona notte, ne supera lo spigolo verso la zona soggiorno e, scendendo sulla parte superiore della parete, costituisce una fascia che sottolinea l’unità spaziale delle due aree. Onde creare una sorta di protezione (psicologica) per chi si trova sul “podio” della zona letto, un sottile e stretto listello di legno (redwood) è stato teso a pochi centimetri sopra il piano della moquette, fra l’armadio a un capo e la lampada all’altro.

domus - schindler, santa catalina island
Domus 689, dicembre 1987

Oltre ai molti mobili a incasso disegnati appositamente per la casa, Schindler ha creato tre varianti delle sue sedie cubiche (o, come soleva chiamarle, “Club Chairs”): una serie di piccoli sgabelli-tavolino, tavoli, lampade a pavimento e un tavolo da pranzo mobile con una coppia di rotelle a una estremità. (Tutto il mobilio era realizzato in redwood/legno di sequoia).

Per la costruzione della casa Schindler aveva adottato una leggera struttura portante in legno, tamponata con pannelli in calcestruzzo. L’unica divergenza dal vernacolare tipico dei costruttori locali era l’uso di sottili lamiere d’acciaio ondulate su cui venivano posati pannelli di cemento armato spessi due centimetri. L’uso della lamiera ondulata ha prodotto soffitti a superficie mossa e, nel contempo, un piano impermeabile sia per gli spazi interni sia per le terrazze e la coperture. Alle pareti in gesso l’architetto ha voluto contrapporre un gioco di sottili elementi in legno, soprattutto con gli schermi posti lungo la rampa che porta alla terrazza superiore. Anche i parapetti dei balconi sulla facciata sud sono stati spaccati verticalmente e dotati di fioriere che, con il loro fogliame verde, ammorbidiscono la dura geometria dell’edificio.

domus - schindler, santa catalina island
Domus 689, dicembre 1987

La Casa Wolfe di Schindler è un esempio di come un architetto “modernista” sul finire degli anni Venti potesse ubbidire ai dettami dell'ormai codificato International Style, pur senza che la sua creazione fosse accettata come realmente modernista. Se, per esempio, si confronta la Casa Wolfe con la contemporanea Villa Savoye di Le Corbusier, ci si accorge subito che le due case hanno molto in comune: entrambe sono sollevate sopra il suolo; rapporti interno/esterno, spazi interni aperti che confluiscono l’uno nell’altro, sistemi di rampe, possibilità di vivere all’aperto, non in un giardino circostante, ma su terrazze e coperture, ecc. Eppure, un abisso separa i due edifici. La villa di Le Corbusier è un bellissimo simbolo astratto dall’automobile trasformato in un oggetto d’arte; la casa di Schindler ha come punto di partenza la banale scatola di calcestruzzo di un qualunque costruttore, ma riesce poi a farsi leggere come una complessa dichiarazione estetica. I colori della villa di Corbu richiamano quelli sofisticati della tavolozza di un pittore; Schindler ha dipinto il gesso e il legno del suo edificio con il colore della sabbia “perché si inserisse ‘organicamente’ nelle circostanti colline arse dal sole”. Ha tinto di oro i soffitti in metallo ondulato per ottenere l’effetto del metallo invecchiato negli anni.
Scrivendo nel 1930, Schindler ha così caratterizzato ciò che aveva voluto realizzare con la Casa Wolfe: “Il progetto consapevolmente abbandona il concetto convenzionale della casa quale massa di materiale a nido d’ape scolpita, sporgente a sbalzo dalla montagna, per arrivare a una composizione di unità spaziali nello spirito del paesaggio, ispirata all’atmosfera della collina”.

David Gebhard

domus - schindler, santa catalina island
Domus 689, dicembre 1987

Collection, University Art Museum, University of Califomia, Santa Barbara. Marvin Rand Fotografie d’epoca e disegni / Period photographs and drawings: The Architectural Drawing Collection, University Art Museum, University of Califomia, Santa Barbara.

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