Il Watergate su Domus

50 anni fa, lo scandalo destinato a ribaltare gli equilibri politici degli Stati Uniti e dell’Occidente partiva dalle stanze del Watergate Complex a Washington, un’architettura di Luigi Moretti che Domus aveva presentato nel 1964.

La notte del 17 giugno 1972, cinque uomini venivano arrestati dopo un’effrazione al sesto piano del Watergate Hotel, la sede del comitato nazionale Democratico, dove si preparava la campagna elettorale contro l’allora presidente Richard Nixon. Un inarrestabile effetto domino tra l’inchiesta giornalistica del Washington Post, insabbiamenti, servizi deviati, gole profonde, avrebbe poi collegato Nixon ad azioni di spionaggio a danno degli avversari, e portato alle sue dimissioni l’8 agosto 1974. Il teatro di questo scandalo senza precedenti nella storia statunitense — diventato un’icona proverbiale a punto che il suffisso
 
–gate è ormai contrassegno di ogni misfatto politico — era un complesso di residenze e uffici tutt’altro che secondario: il Watergate Complex era stato progettato da Luigi Moretti come articolazione moderna del corpo di una grande capitale, combinando la monumentalità dei crescent e la sensibilità al luogo.
Gio Ponti infatti lo presentava così nell’ottobre 1964, sul numero 419 di Domus, in una rassegna intitolata Tre architetture di Luigi Moretti.

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Domus 419, ottobre 1964

1960-1963: progetto per il complesso residenziale Watergate a Washington

Con l'ammirevole fair play degli americani, le autorità, approvando l'architettura di Luigi Moretti, i cui emozionanti aspetti sono illustrati in queste pagine, gli han fatta lode: ed è a noi il compiacersi che la prima - io credo - grande opera di architettura di un architetto italiano negli Stati Uniti meriti questo elogio, e che essa sia riconosciuta per virtù creative singolari, estranea a quell’uniformità che è l'aspetto più rinunciatario dell'architettura moderna in tutto il mondo, che procede su canoni di una progettazione tecnico-economica, indifferente a luoghi, climi, atmosfere, linguaggi.

Quest’architettura di Moretti non è una ‘importazione’ in suolo americano di un modo di ‘operare architettura’ nel conformismo moderno da parte di un architetto europeo; è frutto invece di un modo europeo, italiano, di concepire l'architettura legata a quel luogo, a quell’atmosfera nella quale abbia a sorgere. È un omaggio all'America degli Stati Uniti da parte di un architetto italiano tra i nostri massimi, di un'opera autentica, unica, d’un impegno creativo: è un omaggio ai grandi non conformisti americani, da Frank Lloyd Wright ad Eero Saarinen.

Gio Ponti 

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"Progetto per il complesso residenziale Watergate, in costruzione a Washington, D.C., per iniziativa della Società Generale Immobiliare; Luigi Moretti, arch.; associati per l’esecuzione, gli architetti Elmore, Corning, Moore e Fischer, di Washington." Domus 419, ottobre 1964

Prima di impostare questo progetto, Moretti ha cercato di intendere gli elementi formativi del carattere di Washington, così particolare e atipico, rispetto alle altre città americane. In questa città egli ha riconosciuto tre componenti fondamentali, tre strutture, in parte già delineate nel piano originale di L’Enfant.
Prima componente è la struttura monumentale rappresentativa - leggibile nella grande composizione a croce di L’Enfant - nei due assi ortogonali lungo i quali si allineano gli edifici rappresentativi del governo e ai cui apici dominano i quattro monumenti caratteristici: il Lincoln Memorial, il Washington Monument, il Campidoglio e la Casa Bianca. Seconda componente è la struttura reticolare, ippodamea, tipica delle città americane, attraversata da alcune vene diagonali. Terza, la grande composizione dei parchi, delineata compiutamente alla fine dell'Ottocento, che trova l'inizio sulle sponde verdi del Potomac e si inserisce poi liberamente, naturalmente, nella città, con il suo carattere di romantico disegno all'inglese.

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Domus 419, ottobre 1964

L'area sulla quale sta sorgendo l'opera di Moretti, chiamata ‘Watergate’, è un grande triangolo (già indicato nel piano di L’Enfant): triangolo di incerta appartenenza nei confronti delle tre strutture perché compreso dalla città reticolare è il Rock Creek Park, prossimo al centro monumentale e affacciato sul Potomac. La volumetria ideata su questo triangolo risente allora della libertà del Parco, della necessità di innesto con la città ippodamea, e del rispetto ai vicini monumenti; ne risente particolarmente per quanto concerne le altezze.
Il parco nel quale l'architettura andava immersa non le permetteva l'espressione rigida, tipica delle strutture reticolari, e la immediata pressione della città impediva tuttavia figure eccessivamente fantasiose o distorte, e Moretti si è ricordato allora delle belle espressioni architettoniche settecentesche di Bath, dove edifici articolati secondo curve abbastanza regolari si innestano esemplarmente nel verde. 

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Domus 419, ottobre 1964

Con questa libertà di immagini architettoniche, appoggiate alle suggestioni della forma naturale del terreno, digradante ad anfiteatro dalla città verso il fiume, Moretti ha impostato la composizione generale così come, attraverso numerosi passaggi, oggi essa qui appare, ponendone l’accento in un andamento ad anfiteatro aperto sul Potomac e sul parco, in cui ogni appartamento ‘si sente’ un palco aperto sulla scena leggendaria del fiume. Per la salvaguardia del Washington Monument che è al fondo della Virginia Avenue, Moretti ha tagliato in due orizzontalmente gli edifici facendone, per una notevole zona, sporgere la parte inferiore in modo che prospetticamente questa parte fosse inferiore all'altezza del monumento. Il linguaggio architettonico è stato da lui impostato con estrema semplicità, appoggiandolo soltanto alla plastica dei volumi generali e al chiaro-scuro del taglio orizzontale dell'intero edificio e del libero gioco dei balconi.
Lo scandimento dei vari elementi plastici, le citazioni prospettiche, sono da lui ottenuti soltanto con la variazione dei tipi dei balaustri dei balconi e con la modulazione varie liberissima delle zone su cui per i balconi si stendono.

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Domus 419, ottobre 1964

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