Il concorso per un nuovo Palazzo del Cinema a Venezia

Mentre al Lido si apre l’ottantesima Mostra del Cinema, torniamo con l’archivio Domus al 1991, quando venivano pubblicati i progetti candidati a dare al Festival, per la prima volta, una casa completamente nuova.

Non è cosa scontata che un festival abbia una sua casa “personale”: Cannes ha un Palais des Festivals prontamente ricostruito appena ha dato segni di insufficienza, ma Berlino, dopo anni nei cinema cittadini, trasforma ogni anno il cinema di Renzo Piano a Potsdamer Platz nel Berlinale Palast. Il Festival di Venezia nasce nel 1932 e una casa ce l’ha a partire dal 1937, progettato da Luigi Quagliata sul lungomare del Lido. L’industria evolve rapidamente, e altrettanto rapidamente il palazzo si fa troppo piccolo, viene integrato a episodi, si pensa ad una ricostruzione ma si finisce con l’aggiungere un avancorpo in facciata, sempre a firma Quagliata, nel 1952.

Saltiamo al 1989 quando, con un concorso a inviti, si cercano 10 soluzioni per un Palazzo del Cinema completamente nuovo: Domus le pubblica nel settembre del 1991, sul numero 730, quando vengono annunciate in concomitanza colla quinta Biennale d’Architettura. Ci sono il radicamento nella cultura urbana del progetto di Carlo Aymonino, l’organicismo monumentale di Mario Botta e quello paesaggistico di Sverre Fehn, la frammentazione geometrica di Marlies Hentrup, Norbert Heyers e James Stirling, la “connessione temporale” di Steven Holl – in seguito Guest Editor di Domus – il “palazzo di vetro” di Fumihiko Maki, il progetto di Rafael Moneo che si volge verso la città e quello di Jean Nouvel che si immerge nel Lido, Aldo Rossi che ingloba il palazzo esistente e O.M. Ungers che mette l’area a sistema con una griglia razionale. Le relazioni di tutti questi progetti possono essere lette nell’Archivio Digitale di Domus.
Moneo risulterà vincitore, ma il progetto non vedrà mai la luce, così come non la vedrà il vincitore di un ulteriore concorso, del 2004, a firma 5+1AA e Rudy Ricciotti. 

Domus 730, settembre 1991

Biennale di Venezia: 10 architetti per il nuovo palazzo del cinema al lido

Lo scarto che separa il lavoro fatto dal Settore Architettura di questa Biennale, rispetto ad altre che l’hanno preceduta, è subito evidente. Tutto si basa su un’idea semplice ma efficace: sostituire ad un programma esclusivamente espositivo, un programma operativo in cui il momento della esposizione è solo una parte di esso, ma non il tutto. 

Difatti ci sono momenti in cui più che registrare gli eventi, diventa importante provocarli, o creare le condizioni affinché essi avvengano.

Un’idea semplice, dicevamo, ma di sicuro non facile da realizzare se la si carica – come di fatto è stato – delle ambizioni che il programma ha poi in realtà raggiunto, e tantomeno esente da implicazioni squisitamente di metodo se si pensa al ruolo, di nuovo propositivo, cui oggi sono chiamate le nostre più prestigiose istituzioni culturali. Difatti ci sono momenti (e forse quello attuale è uno di questi) in cui più che registrare gli eventi, diventa importante provocarli, o creare le condizioni affinché essi avvengano. 

Promuovendo i concorsi ad inviti per la ricostruzione del Padiglione Italia e per il rifacimento del Palazzo del Cinema, la Biennale ha in effetti ribadito come le proprie esigenze possano sostanzialmente coincidere con quelle più generali della città di Venezia. Aprire un confronto sulla progettazione di due edifici pubblici di questa entità ed importanza, rappresenta per la città una occasione unica ed irripetibile di dibattito sulle sorti future della città stessa. Tutto questo anche a fronte di un istituto come quello concorsuale, che nel nostro paese non ha di certo una storia molto edificante, appesantito così com’è, da una cronica inefficienza a tramutarsi in realtà. Tuttavia, il concorso di architettura resta, nel bene e nel male, uno dei principali strumenti capaci di determinare e stimolare l’evoluzione dei fatti urbani.

Domus 730, settembre 1991

Ora, se la progettazione del Padiglione Italia ai Giardini di Castello (vedi Domus 699) è stata l’occasione per un interessante confronto tra alcuni dei migliori rappresentanti della cultura architettonica italiana, con il concorso per la ricostruzione del Palazzo del Cinema al Lido – che qui di seguito presentiamo – questo confronto si è allargato al panorama internazionale. I progetti presentati per questa competizione, tutti di notevole impegno e alcuni di grande fascino e qualità, permettono oltre ad un’analisi abbastanza puntuale ed attendibile dello stato dell’architettura contemporanea, di operare altresì un eccezionale e serrato confronto sul tema dell’edificio pubblico.

Tema del concorso, come recita il bando, era la ristrutturazione dell’attuale Palazzo del Cinema, al fine di renderlo pienamente funzionale allo svolgimento delle attività della Biennale e di altre attività culturali e artistiche in qualsiasi periodo dell’anno. Quindi non più solo un Palazzo del Cinema, ma un grande e complesso edificio pubblico. 

Domus 730, settembre 1991

Un edificio capace di ospitare in maniera adeguata una manifestazione tanto prestigiosa come la Mostra annuale d’Arte Cinematografica, ma capace anche di offrire a Venezia una struttura permanente atta ad accogliere attività congressuali e avvenimenti analoghi durante ogni stagione dell’anno. È certo questo allora l’obiettivo principale di tutto il progetto: la costruzione di un importante edificio pubblico, che diventi riferimento per l’intera comunità cittadina, e che sia in grado altresì, con la sua stessa presenza, di incidere profondamente sulla trasformazione della parte di città in cui si trova. Si comprende quindi come da questo punto di vista, il tema si carichi soprattutto di un significato civile altissimo, ed in tal senso appunto ai progettisti era stato chiesto di lavorare sulla ricerca di un’architettura che potesse ben corrispondere a queste forti aspettative.

Un’ultima questione riguarda il fatto che i progetti siano stati resi pubblici prima ancora di conoscerne il vincitore, e difatti ne pubblichiamo gli esiti ma non il risultato finale che non ci è dato tuttora di sapere. Questa singolare circostanza, anche se anomala ci sembra contribuisca in realtà ad aumentare l’interesse per gli esiti del concorso letti appunto nel loro insieme più che singolarmente. La temporanea sospensione del giudizio, fa sì che tutte e dieci le proposte progettuali restino ancora a disposizione per una possibile trasformazione della città, conservando intatto il loro potenziale e le loro aspettative. Certo una di esse sarà realizzata e si materializzerà in Venezia, ma dal punto di vista disciplinare, e non solo, il risultato più importante sta proprio nel loro insieme, nel rappresentare – e al livello più alto – un momento di avanzamento reale del dibattito sul futuro della città; e questo rimarrà, nonostante tutto.

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