Dall’archivio. Intervista a Cody R. Wilson, progettista della prima pistola stampabile in 3d

Negli Stati Uniti un giudice ha fermato la pubblicazione online degli schemi di una pistola stampabile in 3d. Dagli archivi di Domus ripubblichiamo l’intervista al progettista e attivista politico che l’ha inventata.

Cody R. Wilson

Nello stato di Washington, un giudice federale ha vietato la pubblicazione online dei blueprint di una pistola stampabile in 3D. Un’organizzazione no profit del Texas chiamata Defense Distributed lo scorso giugno aveva vinto una causa contro il governo americano per la diffusione dei file per la stampa di armi da fuoco, ma nove stati federali si sono opposti e hanno ottenuto la revoca della legge, che sarebbe entrata in vigore il 1 agosto. Negli Stati Uniti si è così riacceso il dibattito sulla libertà di circolazione delle armi, con il senatore Ed Markey che ha definito il provvedimento “la scappatoia definitiva per le armi”.

Esattamente 5 anni fa, su Domus 971 veniva pubblicata un’intervista a Cody R. Wilson, uno studente di legge allora venticinquenne, progettista della prima pistola realizzata interamente con una stampante 3D. Nell’articolo si parla di stampa 3D, ai tempi una tecnologia quasi sconosciuta, del suo background politico e delle innovazioni che la tecnologia porta all’interno dei dibattiti culturali. Riproponendo un ampio estratto di questa intervista notiamo come quelle che soltanto 5 anni fa venivano considerate tecnologie avanguardistiche sono oggi alla portata di tutti e la loro spinta liberatrice sia stata rapidamente messa a profitto o riutilizzata in maniera reazionaria. La tecnologia ha veramente democratizzato l’innovazione?


Joseph Grima: Prima di tutto, vorrei chiarire che 
si sta parlando di progetto. All’inizio non facevi che riprodurre i componenti di una pistola con
 una stampante tridimensionale. Con il progetto Liberator hai fatto un passo avanti: hai deciso di progettare qualcosa che prima non c’era.
Cody Wilson:
È bene che questa conversazione torni alle origini perché, subito dopo l’annuncio che esisteva una pistola realizzata con una stampante 3d, si è parlato solo dell’aspetto politico legato a Liberator. Nessuno ha discusso del progetto in sé o ha realizzato che esiste davvero una pistola, persino molle e canne, realizzate con una stampante 3d.

JG: Come sei arrivato a progettare una pistola interamente fabbricabile con una stampante 3d? Quali sono stati i punti critici?

CW:
All’inizio, le difficoltà maggiori sono nate dai materiali, perché le munizioni delle pistole comunemente in commercio richiedevano pressioni relativamente alte nella camera di scoppio. In secondo luogo, è stato necessario mettere in discussione le varie ortodossie istituzionali, sia nel settore delle armi da fuoco sia in quello delle comunità della stampa 3d. La reazione tipica era: “Non ce la farai mai!”. Allora mi rivolgevo a un esperto di balistica esterno, che mi poteva aiutare con la strumentazione. Gli dicevo: “Voglio fare questa cosa e ho questo problema: devo metterci della plastica in più o qualcosa del genere?”. E lui rispondeva: “Ma che cosa dici? È una sciocchezza!”. Se chiedevo di acquistare delle apparecchiature, prima di tutto mi facevano letteralmente la predica.

Solo in un secondo tempo cominciavano a prendere in considerazione l’idea di vendermele. Insomma, per farcela ho dovuto davvero superare la sensazione collettiva dell’impossibilità del progetto. La sfida più grande è stata affrontare i pregiudizi sulla progettazione di armi: l’idea che molti non riuscivano a superare era che non
si potessero stampare la canna o le molle di una pistola usando la plastica. Non ci arrivavano proprio! Continuavano a dire: “Dovrai pur sempre avere una canna e delle molle di metallo! È ovvio”. […] La tecnologia, in realtà, era un po’ più avanti di quel che credevamo in un primo momento e occorrevano meno competenze specifiche di quanto ipotizzato. La prima volta, abbiamo usato la canna per sparare una cartuccia calibro 9 corto: ha funzionato. Allora abbiamo continuato a sparare. E la canna non si incrinava! Ha ceduto all’undicesimo colpo. In quel momento ho capito che ci saremmo riusciti, e anche facilmente. Sarà pronta già quest’anno.

Cody Wilson, The Liberator
Le componenti stampate in 3d di The Liberator, la pistola progettata da Cody R. Wilson

JG: Che cosa ti dà tanta certezza che dar modo a tutti di fabbricarsi più facilmente la propria pistola sia un bene?
CW: Perché mette tutti quanti di fronte alle proprie inconsapevoli ipocrisie. Le armi non c’entrano: il punto è l’informazione. Un tale mi ha detto: “Senti, mi fanno scegliere tra un mondo con le armi e uno dove Internet è sottoposta a controllo. Io preferisco che la Rete sia libera, quindi scelgo le armi”. Quali sono le conseguenze logiche di questa posizione? Non si riesce a mantenere il controllo, è fuori discussione. Stampare una pistola—un oggetto ottuso con la sua ottusa, grezza e facile fisicità—è possibile: lo si potrà fare sempre. Io ho solo portate la questione alle estreme conseguenze nel modo più visibile. È la guerra delle istituzioni del XX secolo contro le implicazioni del XXI. Il pubblico sta iniziando a capirlo. Mi arrivano un sacco di email che dicono: “Le mie idee sulle armi hanno influenzato il mio giudizio su questo progetto per mesi, ma ora ho capito: è una questione di informazione”.

JG: Come tu stesso affermi, sei un libertario e un anarchico individualista. Che cosa è venuto prima: i tuoi ideali libertari o la tua prima pistola?
CW: Prima c’è stato il mio tortuoso percorso verso le grandi ideologie libertarie. Io sono fatto così. Ero abbastanza folle da pensare: posso davvero mettere in atto delle strategie connesse a una di esse. C’è invece chi di fronte a questa prospettiva esala l’ultimo respiro: “Non sono soltanto parole! Quel bastardo fa sul serio!”. Frequentando l’università sono diventato sempre più radicale. Ho letto Hans-Hermann Hoppe e Frédéric Bastiat. Basta dedicare un po’ di tempo a leggere i testi della Scuola austriaca per finire su posizioni anarchiche. La battaglia sarà tra il controllo e la libertà: il mastodontico, centralizzatore, totalizzante Stato contro la dispersione e il potere di uso. Pensando alle implicazioni connesse a una pistola, ho deciso che era una storia da raccontare. […]      

Mi fanno scegliere tra un mondo con le armi e uno dove Internet è sottoposta a controllo. Io preferisco che la Rete sia libera, quindi scelgo le armi.

JG: Il tipo di tecnologia che hai a disposizione dentro la tua piccola officina ti consente di fabbricare qualcosa che vent’anni fa sarebbe stato impossibile fare così facilmente. Ci troviamo
di fronte a un punto di svolta storico, in cui il progetto ha un ruolo centrale: la tecnologia ha democratizzato l’innovazione.

CW: Penso che questa sia la logica fondamentale di Internet. Il punto è che in un pensionato per studenti si può iniziare a costruire un impero: si può fare! Su Internet c’è ancora un certo tipo
 di spazio libero, che permette di ingrandirsi molto rapidamente e di dar concreto fastidio a questi attori istituzionali. C’è qualcosa nello slancio del digitale, nello slancio di Internet, che permette di proiettarsi nella lotta con rapidità incredibile. Siamo una specie di imprenditori del settore della “difesa distribuita”, ma la nostra non è un’impresa che cerca il progetto o che fa profitti. Ho creato qualcosa di simile, mi si passi l’analogia, a un “bene di pubblica utilità”, nel senso che ne possono usufruire molte altre persone. Nel nostro caso, non ci interessa trovare il modo di monetizzarlo. Per lo meno, questo è il modo in cui agiamo. Il nostro è stato dipinto come un attacco all’industria delle armi, ma non credo sia così. [...]

Cody R. Wilson
Cody legge molto. Nel 2015 a casa sua abbiamo trovato molti libri di filosofia (Nietzsche, Hannah Arendt, Hegel e Aristotele), chimica, meccanica, storia e pubblicazioni sulle proprietà dei materiali, ma pochissimi testi di diritto, nonostante studiasse legge

JG: A quanto pare la legge di Moore oggi non si applica solo ai microprocessori, ma praticamente
a tutta la vita quotidiana. L’evoluzione della società sta subendo un cambiamento a una rapidità esponenziale. Che cosa vedi se guardi avanti nel futuro tra vent’anni?

CW: Dietro l’angolo ci sono grandi sviluppi dei materiali (e guarda che seguo solo i materiali che mi interessano. L’ho fatto parecchio da ottobre a dicembre, poi sono stato distratto dal chiasso dei media). Sto vedendo cose straordinarie nel campo degli smalti, e rapidi progressi nel campo delle ceramiche open-source. Pare che l’SLS (Selective Laser Sintering, sinterizzazione selettiva al laser) possa diventare, alla fine, la tecnologia che molti
di quelli che si occupano della diffusione della stampa tridimensionale cercavano. Si otterranno componenti di qualità, e bei materiali epossidici. Ho già visto su Internet delle canne in resina epossidica! Sempre più spesso tutti creeranno oggetti complessi in grado di integrare circuiti e altri tipi di funzioni. Se può diventare più complessa e se una stampante 3d può realizzarla, la stampa tridimensionale sarà quello che tutti vanno dicendo. Il futuro è della micro-manifattura: materiali durevoli e versatili, personalizzazione rapida e diffusa. Le macchine per il trattamento delle plastiche spariranno, perché nessuno vorrà più comprare le loro sciocchezzuole stampate a iniezione. Ma, allo stesso tempo, probabilmente si tratta solo di un complemento dell’industria tradizionale. Insomma, vedo l’apocalisse, ma anche no. Non credo veramente alla fi­­­ne della storia. Che devo dire? È il mondo a fare resistenza. È un sistema complessivo. Fa così e basta.

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