L’Ai diventa un coro polifonico, alla Serpentine di Londra

Con l’installazione The Call, Holly Herndon e Mat Dryhurst portano alla Serpentine Gallery la loro visione dell’intelligenza artificiale collaborativa nella produzione di musica polifonica.

La stagione autunnale di Serpentine vede la galleria londinese confrontarsi con una installazione, The Call, tanto sottile quanto attuale. Gli autori, il duo di artisti di base a Berlino composto da Holly Herndon e Mat Dryhurst, qui alla loro prima mostra personale, presentano l’esito di una ricerca sulla collaborazione tra l’intelligenza artificiale e la produzione musicale polifonica. L’opera interroga il luogo comune che vede la macchina come un limite all’espressione umana, testimoniando il funzionamento dei processi generativi che, a partire da una base di dati, portano ad una nuova elaborazione artistica.

Per mettere alla prova le potenzialità dell’intelligenza artificiale nel campo della produzione musicale collettiva, Herndon e Dryhurst hanno deciso di confrontarsi con il Sacred Harp, una raccolta di canti corali tradizionali inglesi per i quali hanno lavorato a nuovi arrangiamenti.
Sotto la loro direzione, questi arrangiamenti sono stati eseguiti da quindici cori del Regno Unito, generando un ricco dataset di canti e sonorità utilizzato come modello di apprendimento. Il risultato è un'intelligenza artificiale capace di interagire con un cantante umano e di integrarsi in un coro polifonico, diventando così un elemento attivo nella creazione musicale.

L'interazione tra i visitatori e l'intelligenza artificiale - The Call, Holly Herndon e Mat Dryhurst, Serpentine, 2024, © Leon Chew

L’esperienza della visita restituisce una traccia tangibile di questo processo. Nel primo ambiente, tra decorazioni ispirate alla simbologia e alla figurazione medioevale che includono senza soluzione di continuità componenti hardware quali ventole e microfoni, le composizioni di Herndon e Dryhurst documentano in un paesaggio sonoro diffuso le registrazioni effettuate con i vari cori del paese. Nello spazio adiacente, i visitatori sono chiamati a cantare in un microfono: l’intelligenza artificiale risponde al coro proposto, contribuendo a generare una nuova traccia musicale collaborativa.

Qualcosa di non dissimile, nella visione di Herndon e Dryhurst, ad una pratica di coordinamento e interazione delle voci polifoniche, tra cui il duo annovera la cosiddetta call and response, quella in cui un gruppo di un coro lancia una “chiamata”, una frase musicale, a cui un altro gruppo risponde con una risposta musicale coordinata. Un genere di conversazione a cui l’intelligenza artificiale si dimostra capace di contribuire, senza peraltro asservirsi a dei meri meccanismi di replica o imitazione meccanica.

Mat Dryhurst e Holly Herndon - Portrait courtesy Herndon Dryhurst Studio

Nell’ambiente che hanno creato, Herndon e Dryhurst promuovono una visione dell’intelligenza artificiale come strumento creativo a disposizione degli artisti, piuttosto che come meccanismo di plagio. A fare la differenza diventa ancora una volta l’uso e la governance del data set di origine, di cui in questo caso i coristi sono co-proprietari. The Call diventa dunque una testimonianza di come, se posta eticamente e senza l’utilizzo di dataset opachi, l’intelligenza artificiale possa non solo essere uno strumento autoriale a tutti gli effetti, ma anche contribuire ad arricchire lo spazio collettivo, in questo caso anche rinnovando le modalità della produzione musicale e il legame partecipativo che il coro ha universalmente rappresentato nella storia umana.

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