Watts Towers, le torri-sculture costruite a mano di Los Angeles

Uscite incolumi da terremoti e da una rivolta urbana, le strutture erette da un immigrato italiano, Sabato “Simon” Rodia, sono state riconosciute come arte pubblica grazie al sostegno degli abitanti e delle autorità, che hanno guardato oltre la burocrazia.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1054, febbraio 2021.

Los Angeles, California, è patria di numerosi luoghi comuni, molti dei quali potrebbero riservare delle sorprese al visitatore proveniente da altre parti del mondo. Certo, c’è il sole per la maggior parte dell’anno, ma la pioggia non manca.

Abbiamo più automobili di qualsiasi altra metropoli, ma la gente va anche a piedi e prende autobus e treni. I nostri film e i nostri programmi televisivi hanno portato Los Angeles in ogni casa del pianeta, anche se molti non la riconoscerebbero quando finge di essere un altro luogo.

Uno stereotipo persistente su Los Angeles è che sia una città senza arte. Se invece sai dove guardare, a Los Angeles la grande arte c’è.

Situate nella parte meridionale della città, in un’area conosciuta come Watts, ci sono le torri costruite dall’immigrato Sabato ‘Simon’ Rodia.

Originariamente, quando erano in costruzione, e in seguito, quando furono dichiarate abusive, erano conosciute come Rodia Towers. Oggi tutti le conoscono semplicemente come Watts Towers. Rodia, nato nel 1879 a Ribottoli, frazione di Serino, in provincia di Avellino, arrivò negli Stati Uniti nel 1902. Inizialmente, si guadagnò da vivere facendo i lavori più diversi: cave, falegnamerie e cantieri ferroviari.

Le Watts Towers alla fine degli anni Cinquanta. Le cinque torri, formate da un gruppo di 17 guglie, sono costituite da barre di acciaio e sono rivestite di svariati materiali decorativi: ceramica, conchiglie, pezzi di bottiglie e altri materiali di recupero. La più alta misura quasi 30 m. Foto courtesy del Los Angeles City Archives – Office of the City Clerk

Quando arrivò a Los Angeles, nel 1921, lavorava come piastrellista e guardiano delle linee telefoniche – due mestieri che si sarebbero rivelati utili per costruire quello che chiamò Nuestro Pueblo, che in spagnolo significa “la nostra città”.

Il suo complesso di cinque torri fu costruito su un lotto triangolare di sua proprietà, dove si trovava anche la sua minuscola abitazione. Le sculture sarebbero sorte nei successivi 33 anni e completate nel 1954. Poco dopo, Rodia vendette la proprietà e lasciò Los Angeles per trasferirsi in una piccola città della California Centrale chiamata Martinez, da cui non avrebbe più fatto ritorno.

Come ha creato queste strutture? La risposta di Rodia, come si vede in un cortometraggio su di lui e sulla sua arte girato nei primi anni Cinquanta, è molto semplice: “Avevo in mente di realizzare qualcosa di grande, e così ho fatto”.

Il film mostra Rodia intento a raccogliere frammenti di piastrelle e tessere di vetro da un mosaico, a piegare una sottile verga di acciaio su un binario ferroviario e mentre si arrampica su una delle torri senza un’impalcatura, portando un secchio di intonaco umido per ritoccare parte della struttura. Rodia ha fatto tutto a mano, usando attrezzi molto semplici e ha affermato di non avere mai chiesto l’aiuto di nessuno perché, per usare le sue parole, “non potevo dire a nessuno cosa fare per il semplice fatto che non sapevo nemmeno io cosa stavo facendo”.

Quanto al motivo per cui le ha costruite, tutto quello che sappiamo è la sua idea di fare “qualcosa di grande”. Ecco cosa dice un ispettore che fece visita a Rodia nel 1951: “Ci ha accompagnato a fare il giro della proprietà, di forma triangolare... Sono rimasto più o meno allibito quando ci ha raccontato di come tutto ciò fosse stato fatto da un solo uomo, senza alcun aiuto... Ha spiegato che faceva manutenzione alle torri salendo con un secchio di intonaco e semplicemente applicandolo dove serviva”. Quando gli abbiamo chiesto se usasse una scala, Rodia rispose che “si arrampicava come una scimmia” sul fianco delle torri, senza bisogno di scale o impalcature. Per quanto, però, quest’immagine sia divertente, ci sono fotografie di lui al lavoro dove si vedono scale a pioli.

Foto courtesy del Los Angeles City Archives – Office of the City Clerk

Col tempo, il quartiere ha imparato ad apprezzare le sculture, considerandole un elemento di bellezza in una parte di Los Angeles desolata e povera. Alla fine, però, dopo che Rodia lasciò la città, le sculture attirarono l’attenzione dell’amministrazione pubblica, che le ritenne pericolose in quanto troppo vicine ai binari della ferrovia e alle case, e a rischio di crollo in uno dei numerosi terremoti che colpiscono regolarmente la California. Essendo state costruite abusivamente, senza i permessi governativi, nel 1957 le torri furono definite un rischio pubblico e se ne decise la demolizione. Un’associazione di cittadini, però, fece appello al tribunale locale e ottenne il rinvio della distruzione fino a quando la questione non fosse stata discussa in udienze pubbliche.

Il primo problema riguardo alle torri era stabilire “cosa fossero”. L’amministrazione riteneva che si trattasse di strutture agibili, soggette quindi ai regolamenti dell’edilizia abitativa. Poiché nessun documento ufficiale ne aveva consentita la costruzione, erano da considerarsi strutture illegali. I sostenitori delle torri pensavano invece fosse arte pubblica.

Inoltre, dato che non potevano essere effettivamente abitate e, poiché la casa di Rodia era bruciata dopo che egli aveva lasciato la città, non potevano nemmeno essere definite abitazioni in alcun senso.

Un terzo parere prese forma quando si convenne che una serie di prove di stress erano necessarie per determinare la solidità dei metodi di costruzione di Rodia. Un ingegnere di nome Norman Goldstone si propose di dimostrare che erano simili a strutture aeronautiche, in grado di sopportare qualsiasi ragionevole sollecitazione a cui fossero sottoposte.

Il Governo inviò sul luogo i propri tecnici, i quali produssero documenti secondo i quali le strutture non erano sicure. Nel luglio 1959, impalcature e apparecchiature di misurazione furono collegate alle torri per vedere se potevano essere abbattute applicando una forza pari a 10.000 libbre (4.500 kg). Un camion fu fissato alla base di una delle torri e le forze misurate e aumentate gradualmente fino al massimo consentito dalla prova. I test conclusero che le torri si muovevano meno di tre centimetri e potevano resistere a terremoti o venti forti.

Le Watts Towers, fotografate dalla East 107th Street, sono diventate un parco storico nazionale intitolato a Simon Rodia. Foto CDS Images / Alamy Stock Photo

Durante il periodo degli incontri sul destino delle torri, Simon Rodia si tenne sempre lontano da Los Angeles. Sebbene fosse informato sugli sforzi della città per distruggere il suo lavoro, apparentemente Rodia non espresse alcuna preoccupazione per il suo futuro. Qualunque cosa avesse fatto in passato apparteneva al passato e Rodia non produsse alcuna espressione artistica nella sua nuova città. Rodia è stato celebrato dal San Francisco Museum of Art e dall’Università della California a Berkeley per il suo lavoro solo poco prima della morte, all’età di 86 anni.

Un mese dopo la sua morte, nel luglio 1965, molti edifici nell’area furono danneggiati nel corso dei disordini ricordati come “Watts Riots”, ma le torri rimasero intatte. Le strutture fanno ora parte di un parco demaniale. Le Watts Towers of Simon Rodia sono state riconosciute come artisticamente significative dalla città di Los Angeles, dallo Stato della California e dal Governo degli Stati Uniti e sono attualmente in attesa di essere nominate Patrimonio mondiale dall’Unesco.

Una lettera di sostegno per preservarle è arrivata da un abitante delle case vicine, che ha espresso il valore delle sculture per il quartiere in questo modo: “Nel corso degli anni, molti di noi anziani hanno visto Simon Rodia costruire le torri e hanno trascorso molte serate ammirando i giochi di luce sui suoi meravigliosi mosaici. Poiché apparteniamo alle fasce di reddito più basse abbiamo accesso a pochissime opere d’arte: se le geniali creazioni di Rodia ci venissero tolte, ci mancherebbero molto”. Il merito è del Governo della città di Los Angeles che ha saputo guardare al di là della burocrazia e ha deciso di tutelare l’opera di arte pubblica. Los Angeles ospita molti miti e stereotipi, ma non si può dire che sia priva di arte.

Michael Holland (1961) è archivista della città di Los Angeles dal 2010, dove gestisce i documenti governativi dal 1827 a oggi. Ha curato conferenze ed è apparso alla radio e alla televisione locale sulla storia della città. Vive vicino a Pasadena, California.

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