Kounellis alla Monnaie

La grande mostra di Jannis Kounellis alla Monnaie di Parigi è imponente, un esercizio di tarsia nella quale ritrovare alcune importanti opere storiche e momenti alti del suo corposo catalogo.

Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Oggi che ogni leggenda, disputa e controversia attorno all’Arte Povera si è verosimilmente appiattita nella narrazione unica del mercato, la grammatica individuale di un grande artista come Jannis Kounellis si presenta invece decisamente integra, pertinente e intrisa della bellezza assoluta dei suoi esordi.
Il lavoro con cui si è appropriato degli spazi della Monnaie de Paris è imponente e più che una mostra personale, è un esercizio di tarsia altissima nella quale riproporre e inserire alcune importanti opere storiche e momenti alti estratti dal suo corposo catalogo. L’incontro è decisivo, e il percorso che ne scaturisce una promessa poetica nutrita nella frizione dei suoi materiali con l’architettura e la storia civile del luogo. 
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Il lavoro di Kounellis, che ci ha abituati nel tempo all’idea di cavità teatrale, continua a incontrare tutti gli episodi passati ma non è più solo riconducibile alla sua biografia personale. I dettagli e materiali intrisi di contenuto visivo che egli cerca di riattivare costantemente, sono diventati anche i nostri e la sua potente magia ci invita a goderne come nei suoi primi momenti di sovversione. È un regesto di atti unici di spoliazione, di riduzione al minimo degli elementi che compongono la sua inossidabile visione del reale, della storia e dell’arte. L’attrazione personale per il lavoro di assemblaggio o la creazione di senso si operano nella difficile relazione tra spazio e tempo, spesso sideralmente distanti. Rimane una costante del suo fare ed è questo il pensare specificamente per un luogo, spingerlo all’estremo per ricavarne nuove possibilità di lettura e percezione.
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
A cominciare dalla scala mastodontica degli otto cavalletti in ferro, su cui sono installati nella luce primaverile e quasi leziosa della Salle Dupré, le otto lastre di metallo in omaggio ad altrettanti artisti del passato. Solo una data stampigliata sul retro e fornisce un’indicazione di uscita alla potente iconoclastia dell’assunto. Si potrebbe pensare che sono proprio queste le qualità del Kounellis pittore che operano ora per spaziare segni e suggestioni. Da tempo immemorabile ha abbandonato la tela per aprire uno spazio dialettico nel quale lo spettatore stesso possa cominciare a penetrare gli spazi di libertà e scoperta. Tutto sembra allora essere presente e convocato ancora una volta. A cominciare dalla sua carboniera, primo riconoscibile oggetto (e non ancora reperto) in grado di continuare la discussione sulle possibilità di tenuta del poverismo in relazione al minimalismo. Difficile misurare se gli appunti di guerrilla di cui parlava Celant negli anni ’60 siano ancora oggi questi all’opera nel Kounellis rivisitato ma le possibilità politiche del lavoro sono ancora intatte e il suo lessico intento a perfezionarsi.
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Lo si intuisce dalla lunga e splendida serie di suoi Senza Titolo dal 1967 al 2016, che l’artista ha allineato per saturare di senso la prima sala. Vi si mescolano il letto da campo del 1969 con gli animali vivi (ratti), il letto da campo con le combustioni, il catino con coltello e pesci rossi, i frammenti di barche, le travi di ferro, la macchina per cucire e i sacchi di juta, ma proprio perché la descrizione giornalistica nel lavoro di Kounellis è abusata e più spesso si risolve in un elenco di materiali, come quello appena redatto, ecco che occorre trovare una via d’uscita. È per questo che il leggerli nella loro relazione al luogo, dona di volta in volta la sensazione di passeggiare in un equilibrio compositivo altissimo. 
Ecco perché, qui, le stanze sembrano in alcuni casi assolutamente vuote senza opere. Alchimia difficile in una mostra da dieci tonnellate di materiale, eppure leggerissima. Le jute impilate hanno il colore e lo sfumato del bell’intonaco, i frammenti di barca hanno i colori dei marmi. E potremmo continuare per il giallo dello zolfo e dei grandi monocromi, i vetri schermati con i suoi tipici bilancini, carichi di bicchieri dalle fogge e taglie antiche, con forme malinconiche e con colori molto veneziani che diffondono una luce particolare.
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Ed ecco la magia di una installazione che sembra in alcune parti appena uscita da un Tiepolo. C’è tutta la drammaticità del Kounellis dei fuochi e delle lamiere ferite e arrotolate, ma anche la sua capacità nel ricreare la tensione di lavori sorprendenti come il Senza Titolo (Da Inventare sul Posto) del 1972. Presentato alla galleria Attico di Roma e poi riattivato nella Documenta 5 di Harald Szeemann. La tela con lo spartito dal Pulcinella di Stravinsky, e il suo rosa ‘twomblyano’ viene riproposta con l’esecuzione dal vivo di musicista e ballerina. Segnò nella carriera di Kounellis un distacco ancora più fermo dai materiali classici e, se ci si pensa, davvero anticipatorio. La stessa relazione dell’utilizzo di Petruscha da parte di Philippe Parreno, la si ritrova in anni a noi più vicini nella deriva materiale di cui si è nutrita tanta arte relazionale.
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Kounellis ha tuttavia più volte chiarito la sua relazione con fonti e materiali. Un quintale di carbone è e resta un quintale di carbone ed è piuttosto la credibilità che nasce dal controllo delle fonti su cui si fonda la serenità della sua arte. Chiara Parisi e Frédéric Legros che hanno curato e preso il rischio di presentare un artista storico del peso di Kounellis, per la seconda volta in una istituzione parigina – la prima nel 1980 al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris –, lo scrivono a chiare lettere nella presentazione del lavoro. Kounellis si è presentato a mani nude, vuote. Viene da pensare che abbia utilizzato la carta bianca che gli era stata offerta come la più bella delle possibilità che si potessero offrire per investire spazi carichi di senso storico e per farli scoprire al pubblico attraverso opere così rare da sembrare inedite, come Senza titolo (Libertà o Morte, W. Marat W. Robespierre) del 1969 oggi nella Viehof Collection.
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
Jannis Kounellis, veduta della mostra alla Monnaie de Paris, 2016
La moneta coniata per l’occasione riporta un Kounellis che sostiene una candela accesa sulla placca di metallo che fuoriesce dalla bocca come nella foto di un suo Senza titolo, 1989. Quella del suo lavoro del 1969 è stata accesa per l’inaugurazione ma sfortunatamente l’opera non può reggere l’impatto del fuoco senza annerire, ed è dunque spenta. Come per i suoi tanti lavori che lo connotano e identificano il fuoco e le sue tracce sono però li a misurare l’impatto di purificazione e l’austera silenziosità dei suoi dogmi, come un ordine compositivo.
© riproduzione riservata

Ultimi articoli di Arte

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram