Yayoi Kusama artista alchimista

Al Whitney Museum of American Art, l'artista giapponese mette in gioco ossessioni, passioni e allucinazioni colorate creando un singolare universo in cui i visitatori si immergono.

La più rara e potente qualità dell'arte è forse la sua capacità di dare corpo al paesaggio interiore di un artista, esprimendo grovigli psicologici che possono essere comunicati solo attraverso modelli e metafore della visione. Ne è esempio la vitale opera dell'ottantacinquenne artista giapponese Yayoi Kusama, nota in America soprattutto per i suoi ossessivi dipinti astratti, per le installazioni tridimensionali a immersione totale e per le performance di body painting a pallini realizzate durante il suo fecondo soggiorno a New York dal 1958 al 1973, in un'epoca di passaggio dall'Espressionismo astratto all'acme dello sperimentalismo d'avanguardia.

La più recente retrospettiva di Kusama, allestita alla Tate Modern di Londra e ora giunta alla sua ultima tappa al Whitney Museum of American Art, non delude per carenza di opere rappresentative di quell'aureo periodo newyorkese. Una sezione è dedicata all'ossessiva pittura della serie Infinity Net di Kusama (tele enormi interamente ricoperte di minute, bianche pennellate a smerli, del periodo 1959-61, mentre un'altra sala presenta la concitata calligrafia di Compulsion Furniture (Accumulation), dei primi anni Sessanta, in cui giustappone centinaia di forme tubolari di tessuto cucito a comuni oggetti domestici, arrivando alla creazione di interi ambienti di scultura Pop che materializzano un interno mentale completamente e compulsivamente arredato. Un'altra sala è dedicata a Self Obliteration ("Auto-obliterazione"), film psichedelico che mescola immagini dei quadri e delle installazioni di Kusama con molte delle sue performance del 1967: le inquadrature seguono l'artista su un cavallo a pallini nel territorio a nord di New York, mentre dipinge pallini sulla superficie di uno stagno oppure (di nuovo in città) alla guida di orgiastiche feste di body painting che si svolgono dentro sue installazioni fatte di pareti a specchio e luci lampeggianti.
In apertura: Yayoi Kusama, <i>Fireflies on the Water</i>, 2002. Mirror, plexiglass, 150 lights and water. Whitney Museum of American Art, New York. © Yayoi Kusama. Photo courtesy Robert Miller Gallery. Qui sopra: vista della mostra<i>Yayoi Kusama</i>. Whitney Museum of American Art, New York, 12 luglio-30 settembre 2012. Photo Sheldan C. Collins
In apertura: Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirror, plexiglass, 150 lights and water. Whitney Museum of American Art, New York. © Yayoi Kusama. Photo courtesy Robert Miller Gallery. Qui sopra: vista della mostraYayoi Kusama. Whitney Museum of American Art, New York, 12 luglio-30 settembre 2012. Photo Sheldan C. Collins
Lì accanto, una collezione di manifesti e di altri materiali d'occasione sottolinea la portata culturale di Kusama in quegli anni. Come dimostrano articoli di giornale e ritagli di riviste, fu tra i maggiori protagonisti di una scena artistica in cui predominavano gli uomini, affermandosi accanto ad artisti come Allan Kaprow (con i cui happening divideva i titoli dei giornali) e Claes Oldenburg (che, all'epoca di Compulsion Furniture di Kusama, era famoso per la creazione di sculture molli di oggetti domestici: una vasca da bagno floscia o un gigantesco ventilatore). Donald Judd era suo vicino di studio, al piano di sopra, nonché uno dei suoi primi amici di Manhattan, mentre l'autore di assemblage Joseph Cornell (benché più anziano di lei di trent'anni) fu suo affettuosissimo compagno.

La corrispondenza in mostra parla anche di figure femminili: lettere autografe di Georgia O'Keeffe, per esempio, sono una risposta alle richieste di consigli sul mondo dell'arte rivolte da Kusama a un'artista più anziana. Nel suo percorso di sfida di genere nella sfera dell'arte, Kusama incideva anche sul terreno politico: un comunicato stampa del 1968 documenta un matrimonio gay da lei organizzato nel suo punto di ritrovo cittadino, la Chiesa dell'Auto-Obliterazione.
Yayoi Kusama, <i>Accumulation</i>, 1963. Whitney Museum of American Art, New York. © Yayoi Kusama. Photo Tom Powel
Yayoi Kusama, Accumulation, 1963. Whitney Museum of American Art, New York. © Yayoi Kusama. Photo Tom Powel
Ciò che rende questa retrospettiva diversa da tutte le precedenti mostre di Kusama è che il panorama si estende oltre il suo acclamato periodo newyorkese, abbracciando sei decenni di pratica artistica fino a comprendere le sue primissime e più ortodosse opere. Sono esposti all'ingresso alcuni precoci dipinti di Kusama, eseguiti nella sua casa di Matsumoto, in cui l'artista, di formazione tradizionale, si cimenta con i temi dell'arte occidentale di quei tempi. Soprattutto interessanti sono Lingering Dream (1949), dipinto a olio surrealista memore degli aspri paesaggi sonnambuli di Max Ernst, e i delicati disegni a inchiostro del 1952 che recano titoli come Il germe e L'albero, echi del lineare lirismo di Joan Miró e di Paul Klee.
Ciò che rende questa retrospettiva diversa da tutte le precedenti mostre di Kusama è che il panorama si estende oltre il suo acclamato periodo newyorkese, abbracciando sei decenni di pratica artistica fino a comprendere le sue primissime e più ortodosse opere.
vista della mostra <i>Yayoi Kusama</i>. Whitney Museum of American Art, New York, 12 luglio-30 settembre 2012. Photo Sheldan C. Collins
vista della mostra Yayoi Kusama. Whitney Museum of American Art, New York, 12 luglio-30 settembre 2012. Photo Sheldan C. Collins
E intanto, a dare sostanza alla parte finale della mostra, ci sono audaci, allucinati dipinti dai titoli sconnessi come All About my Love, and I Long to Eat a Dream of the Night ("Tutto sul mio amore, e voglio mangiare un sogno della notte") oppure I Want to Live Honestly, Like the Eye in the Picture ("Voglio vivere onestamente, come l'occhio nella pittura"). L'artista li ha creati nell'ultimo decennio, durante il soggiorno in una struttura psichiatrica. (Nel 1977, pochi anni dopo aver lasciato l'America per il Giappone, Kusama – afflitta da attacchi di panico e da allucinazioni – si ricoverò volontariamente in una clinica di Tokyo, dove vive tuttora continuando a produrre.) Queste opere, benché meno ispirate dei primi dipinti di Kusama, sono ancora testimonianza dell'instancabile creatività di un'intera vita.
Yayoi Kusama, <i>An Encounter with a Flowering Season</i>, 2009. Collezione dell'artista. © Yayoi Kusama. Immagine courtesy Yayoi Kusama Studio Inc.; Ota Fine Arts, Tokyo; Victoria Miro Gallery, London; e Gagosian Gallery, New York
Yayoi Kusama, An Encounter with a Flowering Season, 2009. Collezione dell'artista. © Yayoi Kusama. Immagine courtesy Yayoi Kusama Studio Inc.; Ota Fine Arts, Tokyo; Victoria Miro Gallery, London; e Gagosian Gallery, New York
Per chi ha la fortuna di entrarci, il piatto forte della mostra è Fireflies on the Water ("Lucciole sull'acqua", 2002), installazione abbagliante e totalmente coinvolgente nella galleria del primo piano che, secondo le istruzioni di Kusama, può essere vista solo da una persona per volta (per questo motivo ogni visitatore deve prenotare un appuntamento di un minuto). Il gioco vale la candela: una stanza chiusa da quattro pareti a specchio, un pavimento di riflessi sull'acqua e 150 punti di luce che pendono dal soffitto come bachi scintillanti paiono espandere lo spazio da ogni angolo in un suggerimento di infinito. L'opera di Kusama, nonostante la sua vita interiore paradossalmente disturbata, per l'osservatore è pura delizia. La sua carriera, come appare qui in un'incantevole progressione di opere, è una concreta testimonianza del potenziale alchemico dell'arte.
Yayoi Kusama, <i>Self-Obliteration No. 1</i>, 1962-7. Collezione dell'artista. © Yayoi Kusama. Immagine courtesy Yayoi Kusama Studio Inc.; Ota Fine Arts, Tokyo; Victoria Miro Gallery, London; e Gagosian Gallery, New York
Yayoi Kusama, Self-Obliteration No. 1, 1962-7. Collezione dell'artista. © Yayoi Kusama. Immagine courtesy Yayoi Kusama Studio Inc.; Ota Fine Arts, Tokyo; Victoria Miro Gallery, London; e Gagosian Gallery, New York
Yayoi Kusama, <i>I Want to Live Honestly, Like the Eye in the Picture</i>, 2009. Collezione dell'artista. © Yayoi Kusama. Image courtesy Yayoi Kusama Studio Inc.; Ota Fine Arts, Tokyo; Victoria Miro Gallery, London; e Gagosian Gallery, New York
Yayoi Kusama, I Want to Live Honestly, Like the Eye in the Picture, 2009. Collezione dell'artista. © Yayoi Kusama. Image courtesy Yayoi Kusama Studio Inc.; Ota Fine Arts, Tokyo; Victoria Miro Gallery, London; e Gagosian Gallery, New York

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