Urs Fischer: Madame Fisscher

A Palazzo Grassi l'artista svizzero coinvolge il visitatore nel corpo magmatico della sua materia artistica: tumultuoso, spesso ironico, performante e di assoluta fluidità.

La Fondazione François Pinault e Palazzo Grassi, presentano al pubblico la mostra Madame Fisscher, dell'artista svizzero Urs Fischer, un progetto tra i più originali e completi della primavera 2012. Per espressa volontà di François Pinault, questa mostra inaugura un ciclo espositivo di carattere monografico che darà al pubblico l'opportunità di conoscere e approfondire il lavoro di artisti di rilievo internazionale presenti nella Fondazione. La mostra di Fischer rimarrà aperta nelle sale di Palazzo Grassi fino al 15 luglio 2012, strutturandosi, però, attraverso un articolato calendario culturale che comprende, tra l'altro, la proiezione di un ciclo di film e la pubblicazione specifica di due testi, progetti entrambi voluti e realizzati da Urs Fischer, nonché l'attività di un workshop in collaborazione con l'Accademia di belle arti di Venezia e un incontro pubblico con l'artista.

Le più di trenta opere presenti provengono, oltre che dalla Fondazione Pinault, anche dal prestito di importanti collezionisti di livello internazionale. Tale scelta operata dalla curatrice Caroline Bourgeois, conferma da un lato la fama e l'affermazione di un artista molto rappresentativo nel panorama artistico contemporaneo, e dall'altro il grande respiro delle scelte direttoriali di Palazzo Grassi.

E con un vero e proprio "respiro", si apre al visitatore il percorso di questa esposizione. Al centro dell'ampio atrio del palazzo, infatti, campeggia l'opera madre dall'omonimo titolo della mostra: Madame Fisscher (1999-2000). L'installazione, che riproduce in modo meticoloso l'atelier londinese di Fischer, funge da "mantice" creativo e generativo di tutto il percorso espositivo.
In apertura: Urs Fischer, <i>Necrophonia</i> (2011). Qui sopra: <i>Madame Fisscher</i> (1999-2000)
In apertura: Urs Fischer, Necrophonia (2011). Qui sopra: Madame Fisscher (1999-2000)
Come una sorta di Wunderkammer poliedrica e, in questo caso scultoreamente polimaterica, il visitatore entra in vivo contatto con il processo stesso della creazione artistica il quale non è mai lineare, ordinato, esteticamente strutturato, ma, nella sensibilità di Fischer, tumultuoso, spesso ironico, performante e di assoluta fluidità. L'artista intende coinvolgere il visitatore nel corpo magmatico della sua materia artistica. In questo senso i meccanismi a vista, così poco rifiniti e drasticamente percettibili del cagnolino elettrico Keep it Going is a Private Thing (2001), rendono il senso del divenire della creazione artistica mediante il movimento, la dinamicità, qui sagacemente contrapposta alla staticità monumentale, alla brillante perfezione formale del Ballon Dog di Jeff Koons, esposto dirimpetto.
<i>Madame Fisscher</i> (1999-2000) apre le porte su uno spazio insieme fisico e interiore, lo studio londinese di Urs Fischer, in cui muri e arredi, smontati e rimontati come scenografie teatrali, diventano vere e proprie sculture.
Madame Fisscher (1999-2000) apre le porte su uno spazio insieme fisico e interiore, lo studio londinese di Urs Fischer, in cui muri e arredi, smontati e rimontati come scenografie teatrali, diventano vere e proprie sculture.
Madame Fisscher, il cui dubbio ortografico rimane volutamente celato, si lascia ugualmente svelare e denudare, grazie alla seducente vista che offre di sé. Le pareti dell'installazione, infatti, non recano alla sommità alcuna copertura, in modo tale da consentire una ampia fruizione del suo interno grazie all'affaccio dall'alto dei successivi piani del palazzo. Questo suggestivo allestimento, reso possibile dalle forti potenzialità della struttura architettonica di Palazzo Grassi, consente lo sprigionarsi di una forza di movimento centripeta piuttosto persuasiva che coinvolge tutte le altre opere presenti in mostra. L'idea, la fluidità del pensiero che sottende alla nascita dell'opera d'arte, si sublima, attraverso una ieratica quanto spiazzante caratteristica dell'opera di Fischer, ovvero la sospensione delle sculture. Dal problematico gesto classico del pensatore in Old Pain (2007), qui capovolto e disarticolato, alla duplice ambiguità di pesantezza e leggerezza avvertita in opere come abC e The Lock (entrambe del 2007), o in A Light Sigh Is The Sound Of My Life (2000-2001), il movimento, la fluttuazione sempre presenti, introducono uno dei più singolari paradigmi della poetica di Fischer: il lento e inesorabile scorrere del tempo. In tal senso, estremamente rappresentative sono l'opera Neon (2009) caratterizzata dalla schietta, caduca, presenza di elementi vegetali e il dialogo intimo con l'amico e collega artista Rudolph Stingel, concepito come processo fondante dell'intervento creativo, rappresentato dall'opera Untitled (2012). Composta da due statue di cera in disfacimento mediante l'uso di candele collocate all'interno, l'opera ci invita a interrogarci e porre in dubbio il concetto stesso di immanenza dell'opera d'arte e, al contempo manifesta la stessa precarietà e mutevolezza presente in ognuno di noi nella percezione del valore della temporalià, ma anche, il modo e lo spessore in cui il passaggio del tempo influisce sullo spazio e sul suo strutturarsi. Ciò avviene, in un continuo e complesso scambio informativo, secondo Fischer, in particolare attraverso il corpo umano.
Come una sorta di Wunderkammer poliedrica e, in questo caso scultoreamente polimaterica, il visitatore entra in vivo contatto con il processo stesso della creazione artistica.
<i>Old Pain</i> (2007) è una rappresentazione al tempo stessa irriverente e inquietante, come certe sculture di Bruce Nauman: qui la figura classica del pensatore è capovolta e senza cervello. Il corpo è messo in discussione, smembrato, fatto a pezzi.
Old Pain (2007) è una rappresentazione al tempo stessa irriverente e inquietante, come certe sculture di Bruce Nauman: qui la figura classica del pensatore è capovolta e senza cervello. Il corpo è messo in discussione, smembrato, fatto a pezzi.
Lo leggiamo in opere come Untitled (Holes) (2006), in cui delle sculture-orifizio, anch'esse sospese, reclamano la sessualità come pura esperienza conoscitiva e nell'opera, appositamente concepita insieme a Georg Herold, Necrophonia (2011) nella quale, oltre ad una meditazione sul rapporto tra naturalezza ed esibizione della corporeità, rafforzata anche da abbozzi scultorei di rimando agli studi d'artista, Fischer pone l'accento sulla durata dell'opera d'arte e sulla diversa interazione che le opere hanno con l'intimità e gli spazi pubblici. Lo sguardo attento e, a volte dall'accento illogico di marca surrealista di Fischer, si posa, inoltre, su una nuova e personalissima riconsiderazione del valore dell'oggetto. Operazione, questa, che ha spinto Alison Gingeras a parlare dell'opera di Fischer come di arte "Pop Povera". Da notare, a tal proposito, l'opera Clouds (2002) in cui l'artista rielabora in versione effimera e ironica un topos tipicamente impressionista come quello delle nuvole, non perdendo, anzi, aumentando il loro fascino simbolico, e l'opera In Dubio Pro Reo (2007) nella quale la forte esiguità dei materiali, una consolle e una sedia in bilico, e l'uso, simile qui a un decollage di povero legno, avvicinano l'intento di Fischer a quello, già noto, di Joseph Beuys (anche in riferimento a un'altra opera presente in mostra, il ciclo di sedie Cheir (Sewn) del 1998-99).
Nelle due opere <i>Untitled</i> (2012), Urs Fischer mette in scena se stesso insieme a un amico, l'artista Rudolf Stingel
Nelle due opere Untitled (2012), Urs Fischer mette in scena se stesso insieme a un amico, l'artista Rudolf Stingel
Tuttavia, nell'appropriazione degli "oggetti" Fischer rivela una ricerca maggiormente ardita, in cui porta con particolare forza i materiali e le varie componenti ad un limite formale e simbolico estremi attraverso un personale percorso di trasformazione. Tale operazione, secondo l'artista, investe, così, lo stesso spazio in cui gli oggetti "vivono" determinando un interazione sempre interessante e incline alla metamorfosi. Indice di un processo di cambiamento operato dalle vive mani di Fischer è l'impiego e l'uso estremamente suggestivo che egli fa dei materiali. Che si tratti di poliuretano, di resine epossidiche, di composti acrilici o di più comuni alluminio e gesso, Fischer, riesce a penetrare e mostrare i più disparati livelli semantici e riferimenti artistici come, per esempio, nell'opera Untitled (2010), in cui una candida mano in gesso sovrasta un fragile uovo vero, richiamo delicato all'iconografia classica.
Come nelle numerose candele realizzate finora, troviamo qui i temi essenziali dell'opera di Fischer: l'importanza dei processi di trasformazione, la sfida dei limiti fisici del corpo, il tempo dell'opera d'arte
Come nelle numerose candele realizzate finora, troviamo qui i temi essenziali dell'opera di Fischer: l'importanza dei processi di trasformazione, la sfida dei limiti fisici del corpo, il tempo dell'opera d'arte
Fino al 15 luglio 2012
Urs Fischer: Madame Fisscher
Palazzo Grassi
Campo San Samuele, Venezia
<i>Untitled (Holes)</i>, del 2006, segna la comparsa nel percorso espositivo della presenza umana, evocata attraverso la riproduzione di cinque orifizi del corpo maschile. Punti di passaggio e di scambio tra interno ed esterno, questi organi sospesi al soffitto rimandano alla sensualità e alla sessualità dell'essere umano.
Untitled (Holes), del 2006, segna la comparsa nel percorso espositivo della presenza umana, evocata attraverso la riproduzione di cinque orifizi del corpo maschile. Punti di passaggio e di scambio tra interno ed esterno, questi organi sospesi al soffitto rimandano alla sensualità e alla sessualità dell'essere umano.
<i>Necrophonia</i> (2011) di Urs Fischer è la ricostruzione di un atelier di scultura in cui a bozzetti e opere si affiancano, inaspettatamente, le modelle in carne e ossa
Necrophonia (2011) di Urs Fischer è la ricostruzione di un atelier di scultura in cui a bozzetti e opere si affiancano, inaspettatamente, le modelle in carne e ossa

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