Un percorso tra le architetture dell’artista italo-argentino che riceve a Roma la laurea honoris causa. Una doppia dimensione, pittorica e architettonica, raccontata da Elisabetta Alè

Lunedì 3 marzo, presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma, è stata conferita la Laurea Honoris Causa in Architettura all’architetto e pittore italo-argentino Clorindo Testa.
Collaterale alla cerimonia l’inaugurazione di due mostre che ripercorrono la lunghissima traiettoria di Testa nel mondo dell’architettura e dell’arte: presso l’Istituto Italo-Latinoamericano sono esposti disegni architettonici e fotografie di edifici realizzati, oltre ad alcune opere pittoriche, mentre la mostra “Una scelta di disegni” è visibile presso la Galleria A.A.M., Archivio del Disegno Moderno e Contemporaneo.

Si tratta senza dubbio di una importante panoramica dell’opera di Testa, opportunità inedita per apprezzare la doppia dimensione del suo lavoro. Tra i massimi esponenti dell’architettura argentina, ed allo stesso tempo importante pittore concettuale, dal 1952 Clorindo Testa si divide in maniera equa tra progetti ed esposizioni, rappresentando lo straordinario in un’epoca di ossessiva specializzazione.
Nato a Napoli nel 1923 da padre italiano e madre argentina, Testa vive a Buenos Aires da quando aveva cinque mesi. Nel suo centralissimo studio in calle Santa Fe, dal quale domina la città quasi solista nei suoi progetti, intrattiene l’inaspettato visitatore con la stessa disponibilità e tempo riservati ad un cliente, spiegando con un italiano senza accento il perché della sua precoce passione per il disegno. E di come dopo un paio d’anni passati alla facoltà di Ingegneria Navale, abbia optato per l’architettura, laureandosi nel 1948 presso la Facultad de Arquitectura y Urbanismo della Universidad Nacional de Buenos Aires (UBA). Lo stesso anno integra il gruppo di lavoro incaricato di elaborare il Piano Regolatore della capitale: di questo periodo Clorindo Testa ama ricordare Ernesto Rogers, assessore del progetto, con il quale mantenne una stretta relazione, importante per la propria visione urbana.
Dal 1949 al 1951 viaggia per l’Europa, episodio comune nella biografia di molti architetti latinoamericani: tornato a Buenos Aires nel 1952, affianca alla carriera di architetto quella di pittore a livello professionale.

Risalgono ai primi anni ‘60 le opere prime che focalizzano sul giovane Testa l’attenzione della critica internazionale, che immediatamente riconosce nelle sue forme un omaggio personalissimo ed unico al tardo-moderno degli anni ‘50.
La sede centrale del Banco de Londres y America del Sur, terminata nel 1966, vera e propria cassa toracica in cemento armato che sfrutta al massimo il potenziale plastico e la logica strutturale del materiale, costituisce un originale esempio di conciliazione e dialogo tra uno spazio pubblico ed uno strettamente privato, proponendo un personale approccio al contesto urbano.
Sorella gemella di questo edificio espressionista è la Biblioteca Nacional de Buenos Aires, terminata nel ’95 ma frutto di un concorso vinto trent’anni prima. Con i suoi depositi seminterrati e le sale di lettura sospese sopra un massiccio podio di cemento armato per mantenere la continuità del parco sottostante, rappresenta senza dubbio il vestigio di un'altra epoca testiana, prologo di un racconto architettonico che negli ultimi decenni si è evoluto in una sorprendente varietà di trame e direzioni. Come osserva Fulvio Irace, la Biblioteca sembra comunque affermare, “contro la barriera del tempo storico, la vitalità del tempo artistico”, ma nel suo caso non coincidente con le stagioni dell’architettura internazionale, ma con un mondo interiore, marcato dal movimento inquieto di quei pennarelli colorati onnipresenti sulla scrivania di Clorindo Testa, capaci di produrre indistintamente un quadro o uno schema urbanistico.

Le numerose case costruite durante gli anni ’80, superficialmente definite come postmoderne, mostrano un vocabolario formale ed una passione per il colore disinvolti, ma strettamente legati ai temi fondamentali delle sue opere pittoriche sin dalla fine degli anni ’70, quando Testa abbandona l’astrattismo geometrico degli inizi per ritornare al figurativo ed a una tematica umanista, dove storia e attualità stabiliscono un dibattito critico non esente da una sottile ironia.
Emblematica in questo senso è la famosa Casa Capotesta, allo stesso tempo scultura e opera definita dalla sua concezione spaziale e dalla geometria rigorosa che l’ha generata.
La Recoleta, un convento del XVIII secolo che Testa trasforma in centro culturale tra il 1979 ed il 1993, costituisce un disinvolto collage tra invenzione e restauro, dove una complessa stratificazione di edifici di diverse epoche viene rispettata nella sua linea evolutiva, con l’aggregazione di pochi e calibrati elementi, ed evidenziata nella sua eterogeneità mediante un attento uso del colore.
In tempi più recenti, nella facciata del Colegio de Escribanos de la Capital Federal (1997-1999), Clorindo Testa sembra ritornare alla sua epoca più espressionista, laddove gli interni costituiscono un interessante esercizio di frammentazione e decostruzione volumetrica. Mentre uno degli ultimissimi lavori, il Campus per la Universidad Provincial de San Luis (2001) è invece un chiaro riferimento ai giochi volumetrici e cromatici di certi suoi lavori di venti anni fa.

Oscillando così tra il nuovo e il già sperimentato, Testa manifesta dunque nel lavoro più recente una vera idiosincrasia da artista, piuttosto che il gusto per la sperimentazione di un teorico.
Anche in questo sta l’unicità della sua opera, espressa nell’esposizione simultanea dei progetti e delle opere pittoriche: ancora una volta emerge l’eccezionalità di una matrice comune a due dimensioni, spesso distanti, del lavoro creativo.
E’ un aspetto unico dell’opera di Clorindo Testa che dà un senso profondo a questa esposizione simultanea dei progetti e delle opere pittoriche, riaffermando ancora una volta la eccezionale matrice comune tra le due dimensioni del suo lavoro.

Istituto Italo-Latino Americano
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Una scelta di disegni
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