Situata a Los Reartes, località turistica della Valle di Calamuchita a 800 metri di altitudine, la casa si inserisce in un’area residenziale in crescita, affacciata sul bacino artificiale del Baranco de los Molinos. Qui, la reinterpretazione dell'architettura vernacolare si riconosce nei muri in pietra e nei tetti leggeri in legno e lamiera.
Su un lotto di 10 x 30 metri, il volume costruito si sviluppa secondo fasce longitudinali che al piano terra distinguono servizi, zona giorno e galleria per il parcheggio dell’auto; al livello superiore invece si innestano perpendicolarmente le camere da letto. La composizione è scandita da due moduli metallici a nord, sormontati da una copertura leggera in lamiera ondulata, che ospitano gli spazi di vita aperti verso il patio. A sud, una torre in cemento a vista, gettata artigianalmente, introduce un elemento scultoreo e rompe la simmetria dell’impianto.

La materia è protagonista: il cemento armato si presenta “butterato” da pietre incastonate nel getto, che ne alterano la regolarità e rompono la partitura orizzontale lasciata dai casseri lignei. La superficie della parte gettata, ora liscia ora ruvida, convive accanto a quella in lamiera verniciata con tonalità pastello che riprende i toni delle rocce locali. Anche la maniglia d’ingresso formata da quattro pietre bianche di Micosa, aggiunge un tocco poetico e radicato al contesto. La matericità del cemento si rispecchia anche nella scala: i primi gradini emergono direttamente dal terreno, per poi trasformarsi in una struttura leggera in lamiera bianca piegata, sospesa tra le pareti.
Sottili finestre a nastro creano tagli di luce tra pareti e soffitti, accentuando la compenetrazione tra interno ed esterno, ma ad attirare l'attenzione è un'apertura irregolare che caratterizza la torre e ne rompe la compattezza, offrendo una vista del paesaggio circostante. Sul retro, una terrazza ritagliata nella massa del piano superiore traguarda verso il giardino.

La casa, pensata per un uso saltuario, è dotata di un sistema di involucri mobili che ne regolano l’apertura e definiscono uno spazio intermedio. Quando è chiusa – come accade per la maggior parte dell’anno – appare come un volume enigmatico, rigoroso nella sua sintesi formale. Ma una volta aperta, si trasforma in una machine à habiter permeabile alla luce e all’ambiente.
All’interno, gli impianti scorrono a vista in tubi metallici, dichiarando l’onestà costruttiva dell’edificio. Il piano cucina è in cemento armato, con una mensola ricavata da un tronco d’albero grossolanamente sbozzato. Dettagli come i lampadari in rattan sono un omaggio alla tradizione argentina.

L’intero progetto si regge su una tensione tra opposti: tra la pesantezza della torre e la leggerezza dei moduli metallici, tra la ruvidità della pietra e la morbidezza della lamiera ondulata, tra l’essenzialità dell’impianto e la raffinatezza di alcuni particolari. Un sasso sospeso sulla terrazza, la linea di luce che separa le superfici e la possibilità di modulare l’ingresso della luce, trasformano Casa Lelis in un dispositivo architettonico sensibile e mutevole.
