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DOMUS: Scopri la Storica Rivista di Architettura, Design e Arte DOMUS: Scopri la Storica Rivista di Architettura, Design e Arte
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      Megacondomini, alveari, falansteri: 12 edifici abitativi ad alta densità, “macro-architetture” o “micro-città”?

      Megacondomini, alveari, falansteri: 12 edifici abitativi ad alta densità, “macro-architetture” o “micro-città”?

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      Una nuova vita per il Lido Patriziale di Livio Vacchini ad Ascona

      Le Corbusier, Unité d’Habitation, Marsiglia, Francia 1952

      L’intervento nasce per soddisfare il fabbisogno abitativo del dopoguerra della popolazione di Marsiglia. Il complesso di 18 piani ospita 1.600 alloggi articolati in 337 appartamenti duplex ed è caratterizzato dall’uso diffuso del calcestruzzo grezzo. Nonostante le dimensioni monumentali che suggeriscono l’idea di de-personalizzazione e smarrimento, l’intervento rivolge un’attenzione scrupolosa agli spazi di socializzazione e ai servizi pubblici: la scuola, la biblioteca, l’asilo, l’hotel, il tetto verde, la piscina, il supermercato, la lavanderia e i negozi animano un microcosmo su pilotis autonomo e organizzato.

      Foto Denis Esakov da Flickr

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      Le Corbusier, Unité d’Habitation, Marsiglia, Francia 1952

      Foto Yisris da Flickr

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      Choi Hung Estate, Ngau Chi Wan, Kowloon, Hong Kong 1962

      In cinese “Choi Hung” significa “arcobaleno” e, forse, da questa suggestione origina la scelta di utilizzare una palette di otto colori diversi per le facciate di questo gigantesco intervento di edilizia residenziale sociale ad alta densità (tra i primi ad Hong Kong), allo scopo di ingentilirne l’impatto. Il complesso comprende undici blocchi di appartamenti, un parcheggio, cinque scuole, negozi e ristoranti al piano terra dei fabbricati. 

      Foto Honeybee da Wikipedia

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      Choi Hung Estate, Ngau Chi Wan, Kowloon, Hong Kong 1962

      Foto Moa Rickyuawn Kuobna da wikimedia commons

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      Oscar Neimeyer, Edificio Copan, São Paulo, Brasile 1966

      L'imponente edificio dalla forma sinuosa, alto 115 metri e distribuito su 35 piani fuori terra, fu progettato da Niemeyer per celebrare la crescita economica della città che si avviava a diventare una metropoli internazionale. L’edificio ospita oltre mille appartamenti per un totale di circa cinquemila residenti, un centinaio di uffici, una chiesa, una libreria e quattro ristoranti.

      Foto Rodrigo Soldon da Flickr
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      Oscar Neimeyer, Edificio Copan, São Paulo, Brasile 1966

      Foto Nelson Antoine da Adobe Stock

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      Luigi Carlo Daneri et al., Quartiere Forte Quezzi, Genova, Italia 1967

      Il complesso di case popolari INA-Casa è composto da cinque blocchi, lunghi ciascuno oltre 300 metri, disposti secondo le curve di livello della collina.  Complessivamente gli edifici dovevano ospitare 865 appartamenti, per una capienza complessiva di 4500 abitanti, e dovevano essere inseriti in un vasto parco con negozi e servizi, mai del tutto realizzati, a parte una scuola elementare e materna e una chiesa. La forma sinuosa delle costruzioni ha valso all’intervento l’appellativo gergale di “Biscione” e suggerisce l’andamento delle macrostrutture abitative prefigurate da Le Corbusier per Algeri, nel Plan Obus.

      Foto Alessandro Ernesto Bruzzone da Flickr

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      Luigi Carlo Daneri et al., Quartiere Forte Quezzi, Genova, Italia 1967

      Foto Don Paolo da Wikipedia

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      Yoji Watanabe, The New Sky Building, Tokyo, Giappone 1972

      Considerato un esempio di architettura metabolista, leggibile nella concezione di un’opera in continua evoluzione per assecondare i processi trasformativi della metropoli contemporanea, il complesso è composto da capsule modulari fissate ad un nucleo distributivo centrale, aggregabili e sostituibili nel tempo. Diversamente da Nagakin Capsule di Tower di Kurokawa, affine per caratteristiche costruttive, funzionali e figurative, che è stata demolita, il complesso è sopravvissuto al degrado e, ristrutturato nel 2010, oggi offre abitazioni, negozi e spazi di lavoro. 

      Foto Wiiii da wikipedia

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      Manfred Hermer et al., Ponte City Apartments, Johannesburg, Sud Africa 1975

      Il colossale edificio di 55 piani è caratterizzato da un volume cilindrico con un nucleo interno cavo allo scopo di consentire un maggiore afflusso di luce negli appartamenti. All'epoca della costruzione un appartamento in Ponte City era molto appetibile; dopo una lunga stagione di degrado, dovuto allo spostamento della classe media in altri quartieri, l’edificio è stato riqualificato nel 2011 e oggi ospita migliaia di residenti.

      Foto Ngunasena (WMF) da wikimedia commons

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      Zvi Hecker, Ramot Polin housing, Gerusalemme, Israele 1982

      Commissionato dal Ministero Israeliano della Casa in seguito alla Guerra dei Sei Giorni del 1967 per fare fronte all’urgenza abitativa nei territori limitrofi a Gerusalemme, il complesso residenziale ad alta densità Ramot Polin è un esempio di spinta sperimentazione compositiva. L’impianto generale evoca una mano aperta adagiata sul pendio collinare, le cui cinque dita sono composte ciascuna da cinque edifici a forma di “L” assemblati in modo da creare un dinamico andamento a zig-zag, con cortili interni attraversati da percorsi pedonali, a memoria della Città Vecchia di Gerusalemme. Ogni edificio è costituito dall’assemblaggio di moduli dodecaedrici prefabbricati, ai quali nel corso del tempo sono stati aggiunti componenti cubici più convenzionali. 

      Foto Hagai Agmon-Snir da Wikipedia

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      Zvi Hecker, Ramot Polin housing, Gerusalemme, Israele 1982

      Foto Oshra Dayan Pikiwiki Israel da wikimedia commons

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      Mario Fiorentino, Corviale, Roma, Italia 1982

      Nato come un ambizioso progetto dell’Istituto Case Popolari alla fine degli anni ’70, il complesso rappresenta l’utopia del Falansterio ovvero di una città racchiusa dentro ad un edificio, come rappresentata anche dal Karl Marx Hof e dall’Unité d’Habitation. Il complesso è formato da tre edifici: il corpo principale lungo quasi un chilometro che si estende su nove piani, uno più basso parallelo al primo ed un terzo orientato di 45° rispetto ai primi due. Stigmatizzato come emblema del degrado delle periferie, evoca ancora oggi riflessioni diffuse sui temi della partecipazione e della comunità.

      Domus 617, maggio 1981

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      Mario Fiorentino, Corviale, Roma, Italia 1982

      Domus 617, maggio 1981

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      Manuel Nunez Yanowsky, Les Arènes de Picasso, Marne-la-Vallée, Francia 1984

      Il macroscopico intervento residenziale, situato nella new town di Marne-la-Vallée per fare fronte all’emergenza abitativa della capitale, è diventato un landmark inconfondibile nel territorio per le sue dimensioni e caratteristiche compositive. L’intervento di ispirazione postmodernista è caratterizzato da una corte ottagonale attorno a cui si distribuiscono i blocchi edificati in cemento armato prefabbricato sostenuti da portici con arcate: alle estremità, due imponenti edifici a forma di disco di 50 m di diametro rappresentano l'allegoria dell'alba e del tramonto. Il complesso che ospita 540 alloggi sociali, negozi e un parco giochi oggi non è indenne da fenomeni di degrado fisico e sociale.

      Foto Yannick Fgl da Flickr

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      Manuel Nunez Yanowsky, Les Arènes de Picasso, Marne-la-Vallée, Francia 1984

      Foto Arthur Weidmann da wikimedia commons

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      Jean Renaudie, Renée Gailhoustet, Le Liégat, Ivry-Sur-Seine, Parigi, Francia 1982

      L’intricato complesso abitativo nella banlieu parigina, con volumi sfaccettati, gradonate in cemento e terrazze alberate, esplora i temi dell’articolazione spaziale, della flessibilità, del rapporto con il verde, in netta contrapposizione con le rigide norme che regolamentavano l’edilizia sociale del tempo. L’architetto Renée Gailhoustet, di recente scomparsa, ha vissuto qui per anni in uno degli appartamenti da lei progettati.

      Domus 1066, marzo 2022

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      Jean Renaudie, Renée Gailhoustet, Le Liégat, Ivry-Sur-Seine, Parigi, Francia 1982

      Foto Guilhem Vellut da Flickr

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      Aldo Luigi Rizzo et al., Quartiere Pegli 3 a S. Pietro (Le Lavatrici), Genova, Italia 1989

      Conosciuto come le “Lavatrici”, la “muraglia” abitativa nel quartiere San Pietro di Genova trae ispirazione dal movimento metabolista giapponese e dalla lezione di Archigram. Il complesso rientrava in un progetto urbano più ampio successivo alla legge 167 del 1962, che imponeva ai comuni sopra i 50.000 di costruire edilizia economica popolare. L’intervento consiste in quattro unità di diversa proprietà (comunale, privata o di cooperative). Originariamente concepito come un sistema autonomo e funzionante, dotato di servizi e infrastrutture, il complesso è oggetto di critiche radicali, dovute allo stato di degrado a cui è sottoposto a causa dell’impiego di materiali scadenti, all’ assenza dei servizi prefigurati e a scelte viabilistiche sbagliate che lo hanno isolato dal quartiere.

      Foto Rinina25 & Twice 25 da wikimedia commons

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      Aldo Luigi Rizzo et al., Quartiere Pegli 3 a S. Pietro (Le Lavatrici), Genova, Italia 1989

      Foto Davide Scambelluri da Flickr

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      BIG-Bjarke Ingels Group, The Mountain, Copenhaghen, Danimarca 2008

      Il complesso situato a Ørestad, quartiere cool di Copenhaghen e “terra di mezzo” tra città e campagna, gioca sul tema del rapporto simbiotico tra uomo e macchina, tra spazio abitativo e parcheggio. Il programma prevede 2/3 di parcheggio e 1/3 di abitazione: la piastra del mastodontico parcheggio, per 480 posti, è la base su cui sono collocati gli 80 appartamenti, disposti su dieci piani “a cascata”, dotati di giardini pensili alberati. I fronti nord-est, in lastre di alluminio traforato, evocano il profilo del monte Everest, ambizioso termine di paragone con cui si confronta questa ciclopica architettura urbana.

      Foto cjreddaway da wikimedia commons

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      BIG-Bjarke Ingels Group, The Mountain, Copenhaghen, Danimarca 2008

       Foto El Gaucho da Adobe Stock

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