In ricordo di Richard Ingersoll (1949-2021)

La sua era un’intelligenza penetrante: uomo di spettacolo e professore, nelle cascine abbandonate si dedicava all’“agrocivismo” con i suoi studenti, mentre scriveva di città sulle pagine di Domus. Il ricordo di Filippo Cattapan e Giovanni Corbellini.

Richard Ingersoll (1949-2021)

Capitava spesso di incrociare Richard in posti e occasioni piacevoli, soprattutto a Venezia per le biennali, anche quelle d’arte, dove non è così facile imbattersi nei chierici della chiesa architettonica. Erano incontri sempre gradevoli, per l’eleganza personale e del pensiero, per il suo acuminato senso dell’umorismo, e perché il suo sguardo insieme colto e laterale proponeva punti di vista sempre interessanti, inaspettati.

La sua era un’intelligenza penetrante, fondata su conoscenze di rara estensione e profondità. Qualità che gli hanno consentito di affrontare una delle prove più impervie per chi scrive di architettura: pubblicare una storia “generalista”, in termini spaziali e temporali, della disciplina, all’interno di una più ampia disamina dei suoi rapporti culturali. World Architecture: A Cross-Cultural History (Oxford University Press, 2013), reinventa per i tempi attuali l’approccio di un fortunato volume di Spiro Kostof, lo storico turco-americano con cui aveva studiato a Berkeley.

Andrea Branzi e Richard Ingersoll
Andrea Branzi e Richard Ingersoll

Questa disponibilità a lavorare a fianco di un autore scomparso è indice della generosità che Richard ha profuso in molti modi: nell’esporre il suo pensiero con estrema chiarezza, nel sostenere con consigli, collaborazioni e prefazioni i lavori di giovani promettenti, soprattutto nella lunga e varia attività di insegnamento, la cui efficacia si fonda anche sull’attitudine da uomo di spettacolo: fu voce e flauto degli Anonima Sound Ltd. nei primi anni Settanta. Tra le sue esperienze didattiche spicca per continuità quella presso la sede fiorentina della Syracuse University, alla quale vanno aggiunti corsi e seminari tenuti in prestigiose scuole internazionali.

Negli ultimi anni ha insegnato regolarmente al Politecnico di Milano dove, come era solito fare, ha raccolto attorno a sé una vasta rete di amici, colleghi e studenti, che riuniva a pranzo dopo i corsi e che coinvolgeva con entusiasmo nei suoi progetti per la città e per il territorio. A Milano, ha dato vita in particolare alle iniziative di Terraviva Workshop e di Earth Service Association, con le quali ha promosso instancabilmente la sua visione sociale di agricoltura urbana, portando gli studenti a lavorare con lui nelle cascine abbandonate del Parco Agricolo Sud e proponendo l’“agricivismo” come obiettivo politico e come scelta personale.

Richard Ingersoll durante una lezione con i suoi studenti
Richard Ingersoll durante una lezione con gli studenti del Politecnico di Milano

Le sue pubblicazioni coprono argomenti e tipologie diversissime, da contributi su singoli architetti a monografie su temi specifici, dalla storia del Rinascimento, al contemporaneo, dalla piccola scala ai temi del paesaggio, delle infrastrutture, della dissoluzione urbana nel territorio. Era lo storico con il quale ogni progettista vorrebbe confrontarsi, capace di connettere una vasta prospettiva temporale alle condizioni operative nelle quali l’architettura prende forma, ma soprattutto di applicare questa profondità di visione anche alle cose più semplici e immediate. In una delle ultime mail salutava così, nel suo buffo italiano: “finalmente è arrivato estate, devo andare ad annaffiare con impegno”.

Addio Richard, al giardino della cultura mancheranno le tue cure.

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