Arte nello spazio pubblico: la Oslo Biennalen è un miraggio urbano carico d’utopie

Con un programma distribuito su cinque anni, la prima edizione della biennale d’arte di Oslo punta su performance, installazioni e opere site-specific diffuse per la città.  

Oslo Biennale

La prima edizione della Biennale di Oslo (“osloBIENNALEN”) si propone con un formato smaterializzato, un miraggio urbano carico d’utopie. La scelta curatoriale si articola in una serie di produzioni di stampo Fluxus e situazionista: attraverso interventi e pratiche artistiche nello spazio pubblico, nell’arco di cinque anni (2019-2024), differenti progetti saranno visibili in diversi punti della città, sostituendo ai contenitori convenzionali per l’arte una serie di performance, installazioni e opere site-specific. Il lavoro di ricerca segue la psicogeografia personale di Eva González-Sancho Bodero e Per Gunnar Eeg-Tverbakk, ideatori di questa inedita ecologia espositiva.

Benjamin Bardinet

L’artista francese ha alle spalle una solida conoscenza degli spazi educativi e di mediazione dei punti nevralgici della scena artistica francese. Il suo lavoro a Oslo si propone di connettere l’intero spazio della Biennale con il ritorno sperimentale a un mondo predigitale. Abolita la pratica dell’orientamento attraverso applicazioni o GPS, si affida alla costruzione di senso tramite l’uso di derive personali. Al pubblico è offerta una mappa per generare percorsi e permettere di orientarsi tra i lavori in mostra.

25 maggio – 20 ottobre 2019
Map to Get Lost: a drift through concepts, facts and rumors
Myntgata 2, Oslo

Jan Freuchen, Sigurd Tenningen, Jonas Hogli Major

Un padiglione allo svincolo autostradale della periferia di Oslo ai piedi dell’iconico grattacielo Økern. Qui è raccolta una campionatura di opere solitamente abbandonate nei depositi della collezione d’arte cittadina. Un’artista, un architetto e uno scrittore le hanno prelevate e dislocate come un insieme di sculture che raffigurano animali. La relazione con l’edificio, che sarà demolito, è enfatizzata. L’effetto è di straniamento per lavori di epoche diverse che giocano con l’idea di rovina del Modernismo norvegese.

25 maggio – 30 settembre 2019
Oslo Collected Work OSV
Økern, Oslo

Oslo Biennale
‘Migrant Car’ di Ed D’Souza parcheggiata di fronte a Eddie King’s Furniture e Upholstery Workshop in Grünerløkka, Oslo. Foto Niklas Hart, Hartwork / © osloBIENNALEN

Carole Douillard

Un piccolo gruppo di performer, osserva in assoluta immobilità la Oslo contemporanea e i suoi orizzonti. La strategia del loro posizionamento è stata meticolosamente studiata dall’artista. Il tetto dell’Opera House nuovo belvedere sul fiordo o il piazzale della stazione centrale smarriscono nella pratica del vedere la loro connotazione turistica. L’area fantasma dell’Y-block da cui è partito l’attentato del luglio 2011 di Anders Breivik, si offre alla contemplazione con la possibilità di tessere una intensa relazione narrativa con il passato prossimo della capitale.

7 giugno – 14 settembre 2019
The Viewers
Ekeberg Park, Frogner Park, Frognerseteren neighbourhood, Grønlands torg, Jernbanetorget, The Nobel Peace Centre, The Opera House, Torshov Park, University Square, The Y-block, The Youngstorget Square.

Rose Hammer

Rosa Hammer è una “persona artistica” che riassume un collettivo di collaboratori che si evolve e modifica attorno al progetto da lei attivato. La storia della Norvegia post-nazista cominciò nella Barrack 12 del campo di concentramento di Grini. La sua toccante piéce dal sapore Brechtiano ne ripercorre gli esordi tracciando i contorni per il futuro di questo Paese.

National Episodes: Grini and the futures of Norway

Lisa Tan

L’artista americana ha scelto di destinare il suo budget per la produzione di un lavoro alla ristrutturazione dei Bagni pubblici di Myntgata 2. L’edificio è il quartiere generale della Biennale e ospita gli studi oltre 50 artisti nel centro della città. Il testo che associa all’operazione mina alle fondamenta l’idea di genio artistico individuale, decisamente in controtendenza con un sistema artistico e un pubblico che contempla e utilizza toilette d’oro 24 K. al Guggenheim di New York.

25 maggio – 26 ottobre 2019
Other Artist
Myntgata 2, Renovated toilets

Oslo Biennale
Vista dell’installazione di ‘Support, n.d. Acrylic paint of barracks, German, Oslo, 1940-1945. Dimensions vary with installation’ di Gaylen Gerber. Foto Martine Stenberg / © osloBIENNALEN

La calcolata, totale, assenza di spazi espositivi tradizionali rende comunque imperdibile in questa biennale altri due interventi. La doppia installazione di oggetti trovati di Gaylen Gerber nello studio di Edward Munch a Ekely a cui fa eco un intervento a Myntgata 2. Stessa patina grigia usata sugli oggetti dall’artista per ricoprire ed evidenziare un edificio che fu sede del servizio segreto durante l’occupazione nazista.

E, infine, la performance di Marianne Heier in una delle ex sedi del Nasjonal Museet, ora dismesso: uno strumento di analisi dell’imminente futuro da Eldorado culturale dell’intera Oslo. Il suo lavoro And their spirits live on, 2019 intreccia mitologia e statuaria classica a una sottile critica istituzionale. L’intera “osloBIENNALEN” è probabilmente l’antidoto al destino della città che come Doha o Abu Dhabi, rischia di piegare il suo nuovissimo sistema museale a un utilizzo acritico.

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