Onore perduto

L’installazione di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, nel padiglione del curatore alla Biennale Architettura di Venezia, permette di leggere l’essenza del suo lavoro attraverso 1938 fogli A4.

Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Onore perduto, in "Reporting from the front", Biennale Architettura Venezia 2016, veduta dell'allestimento
Chi vedrà l’allestimento di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, nel padiglione del curatore alla Biennale di Venezia, deve sapere che in quelle tessere vibranti, quei fogli di carta appesi a formare un cubo virtuale, possiamo trovare tutta l’essenza del suo lavoro.
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Onore perduto, in "Reporting from the front", Biennale Architettura Venezia 2016, veduta dell'allestimento
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Onore perduto, in "Reporting from the front", Biennale Architettura Venezia 2016, veduta dell'allestimento
Autrice autentica, che predilige il fare rispetto al parlare e allo scrivere, in quest’occasione sceglie di raccontare se stessa, la sua storia e il suo approccio, attraverso un progetto di allestimento. Nelle sue architetture costruite troviamo la chiave della sua ricerca, ma in quella disegnata scopriamo il suo lavoro quotidiano, la sua ossessione. Tribolazione estrema per i suoi selezionatissimi collaboratori, il disegno al computer è per lei un progetto esso stesso, un modo di procedere che sott’intende logica e precisione, ma anche il buon senso di chi sa costruire a regola d’arte. In un mondo tutto suo, dove i cambi di scala hanno un senso profondo, il disegno che troviamo a pavimento e quello sulla quinta interna che articola lo spazio, ci permette di cogliere la logica con cui lavora la sua mente: salti di scala, mirroring, e offset continui. 
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Onore perduto, in "Reporting from the front", Biennale Architettura Venezia 2016, veduta dell'allestimento
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Onore perduto, in "Reporting from the front", Biennale Architettura Venezia 2016, veduta dell'allestimento

Ruvida, sensibile e generosa, come il suo carattere, Maria Giuseppina ci offre a piene mani un’antologica sul suo lavoro, non in un banale catalogo ragionato, bensì in una precisa sequenza di fogli accostati (come nel suo recente libro Loose Hands, Lars Mueller, 2014).

Visti da fuori, i fogli sono bianchi, mentre all’interno dello spazio restituiscono l’immagine della rilevanza della battaglia: su 1938 fogli A4, stampati su una sola faccia, si dispongono gli strumenti della narrazione: testi, riflessioni, processi, disegni, immagini compongono un affresco di un itinerario che procede attraversando molteplici territori, città, spazi abitati. Il posizionamento nello spazio e la dimensione dei fogli non consente la lettura di ogni singolo foglio e la comprensione di ogni singolo progetto, ma restituisce il senso e il peso della battaglia. (M.G. Grasso Cannizzo)

Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Onore perduto, in "Reporting from the front", Biennale Architettura Venezia 2016, veduta dell'allestimento
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Onore perduto, in "Reporting from the front", Biennale Architettura Venezia 2016, veduta dell'allestimento
Un’opera che parte della continua vicinanza all’arte contemporanea frequentata a Torino durante la sua esperienza fatta presso Fiat Engineering nelle zone terremotate e prima a Roma mentre era assistente universitaria di Franco Minissi. Artisti e galleristi con i quali lei, ancora oggi, cerca e trova nutrimento e scambio. Il video scritto e diretto da Sara Marini, diventa un contrappunto perfetto all’interno di questo progetto di allestimento. Il ritmo, e anche il modo in cui il video utilizza l’opera di fotografia e illustrazione, rigorosamente in bianco e nero, rispettivamente di Fabio Mantovani e Riccardo Miotto, fanno diventare le sequenze poesia allo stato puro. 
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