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Miralles-Tagliabue. La torre del cielo

da Domus 894 luglio/agosto 2006Un nuovo landmark a Barcellona, disegnato dallo studio Enric Miralles & Benedetta Tagliabue per l’Azienda del Gas. Testo di Aquiles González Raventós. Fotografia di Iñigo Bujedo Aguirre. A cura di Rita Capezzuto.

Un nuovo landmark a Barcellona, disegnato dallo studio Enric Miralles & Benedetta Tagliabue per l’Azienda del Gas. Testo di Aquiles González Raventós. Fotografia di Iñigo Bujedo Aguirre. A cura di Rita Capezzuto.

A Barcellona, gli edifici alti non sono una tipologia di lunga tradizione. Le restrizioni urbanistiche, dettate dai diversi piani regolatori e dalle loro normative, hanno impedito uno sviluppo continuo della skyline di questa città, dove la scommessa sulla contemporaneità è stata fissata su altri parametri urbani. Si potrebbe dire che l’interesse per lo spazio urbano dipenda da quelle politiche municipali possibiliste, mirate a trarre la massima redditività da investimenti pubblici, che non sempre coincidono con l’ambizione di trasformazione della città.

È stato necessario immaginare soluzioni alternative per poter accedere a quei livelli di investimento necessari, affinché una città per decenni abbandonata avesse l’opportunità di reinventarsi. In questo contesto si può capire la volontà di Barcellona di elaborare una strategia politica di larghe vedute e assolutamente nuova, programmando attività culturali o sportive che vanno oltre l’ambito locale o regionale: inserendosi direttamente nel globale, la città sta ottenendo investimenti sostanzialmente superiori rispetto a quelli che corrisponderebbero a un centro delle sue dimensioni economiche e strategiche nell’area mediterranea. Tali strategie sono state il modello di trasformazione di altre città del bacino del Mediterraneo o altrove: valgono, come esempio, i casi di Atene e Monterrey.

È in questo quadro generale che si deve inserire la comparsa di edifici a torre all’interno della città: pochi, ancora, ma che cominciano a modificare il profilo di Barcellona. Quasi tutti sono associati a grandi aziende, come se l’edificio alto riflettesse meglio la posizione di quei committenti all’interno del tessuto sociale ed economico urbano: un riflesso, forse, di altri interventi, in cui un edificio, grazie alla sua singolarità e talvolta stravaganza, è in grado di ricollocare la città nell’attualità, generando una cascata di valori aggiunti che aiutano lo sviluppo turistico, economico e soprattutto mediatico della stessa.

La torre che l’Azienda del Gas ha realizzato nel quartiere della Barceloneta, a pochi passi dal mare, a fianco della Ronda del Litoral, in linea d’aria con l’Arco di Trionfo, si inserisce in questa nuova politica delle grandi multinazionali, che cercano nell’architettura un elemento di visibilità sociale e culturale.

Avendo vinto un concorso ristretto nel 1999, dopo un lungo processo di trattative lo studio di Enric Miralles e Benedetta Tagliabue è riuscito a dare inizio alla costruzione di questa struttura che entra in competizione con altre torri presenti nel recente orizzonte barcellonese. Ma questo grattacielo in via di completamento – mancano solo alcuni interni e la definizione dello spazio pubblico che lo circonda – è diverso dagli altri.

La normativa urbanistica e la superficie richiesta (altezza non superiore a 80 m e una superficie utile di 56.000 mq) condizionavano la nozione tradizionale di torre. Gli architetti hanno cercato di creare una torre esile in un intorno piuttosto basso e di alta densità. Per questo, una delle strategie del progetto è stata quella di avere una sorta di sdoppiamento delle superfici in due elementi, uno esile e in contatto con il cielo, e un altro proteso verso il mare e il suo orizzonte. Tra i due, una grande hall, come le lobby che si trovano nei grandi grattacieli americani degli anni Venti e Trenta. Questo volume rotto, più vicino alla forma di una pietra spezzata, è avvolto da una superficie di vetro temperato, deformato.

Partendo dall’osservazione di quei grattacieli storici, dove si iniziava a sperimentare il vetro temperato e nei quali le finiture non risultavano mai piane a causa delle tecnologie ancora imperfette, i progettisti hanno capito che a volte una deformità può essere reinterpretata e mostrata come qualcosa di voluto. Questa peculiarità del vetro deformato in facciata è la chiave di lettura dell’edificio e la ragione del suo forte impatto urbano. La torre acquisisce tonalità diverse, tra l’argento e l’azzurro, a seconda del tipo di luce della giornata, e tende a dissolversi tra le nuvole che la circondano, cogliendo le opportunità che la variazione del clima le offre per mostrarsi o scomparire.

I volumi, tra i quali spicca una sorta di portaerei, che al tempo stesso è e appare come un manifesto strutturale, sono collegati tra loro in un modo alquanto bizzarro. Osservandoli da vicino, si scoprono coraggiose scelte di progetto, che rivelano un edificio molto più complesso di quanto potrebbe sembrare a prima vista. L’assenza di qualsiasi gerarchia tra le facciate fa apparire l’edificio quasi un outsider tra le altre realizzazioni della stessa tipologia: non lo si può osservare da un solo punto di vista, ma occorre percorrerlo e riconoscerlo nel suo rapporto con il cielo.

Aquiles González Raventós è architetto e docente di progettazione architettonica alla Escuela Técnica Superior de Arquitectura di Barcellona. È direttore del master internazionale postlaurea La Gran Escala (www.coac.net/ lagranescala), autore di diverse pubblicazioni in riviste di settore e curatore della monografia Arquitectos Catalanes. Enric Miralles & Benedetta Tagliabue y Martínez Lapeña & Elías Torres. È associato a Maria Luisa Aguado per l’attività professionale.
I progettisti hanno frammentato la volumetria complessiva in una serie di blocchi di dimensioni e forme diverse, in modo da poter istituire una relazione con le varie scale del contesto. La pelle in vetro, al contrario, riveste unitariamente tutto il complesso, conferendogli astrazione
I progettisti hanno frammentato la volumetria complessiva in una serie di blocchi di dimensioni e forme diverse, in modo da poter istituire una relazione con le varie scale del contesto. La pelle in vetro, al contrario, riveste unitariamente tutto il complesso, conferendogli astrazione

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