Il Matsumoto Performing Arts Centre si trova sul sito del vecchio Palazzo Comunale nel cuore della città, a circa quindici minuti dalla stazione di Matsumoto. Il lato della facciata è in qualche modo vincolato dall'edilizia residenziale circostante; gli alberi intorno al tempio shintoista adiacente aggiungono una nota di verde. Il progetto di Ito aggira le severe restrizioni spaziali, con una pianta planare. Invertita la posizione di palcoscenico e platea, al centro dell'edificio è stata collocata la torre scenica; questo permette di configurare il percorso degli autocarri per ottimizzare il carico e lo scarico delle scenografie, e inoltre favorisce il contenimento del rumore e del volume a carico dei residenti della zona. Il progetto prevede una balconata a ferro di cavallo che segue la parete curva della hall, nonché numerosi camerini disposti intorno al suo perimetro. Detto questo, l'impianto base del progetto segue la logica ingresso-scalinata-foyer, uno schema spaziale barocco orientato ad accentuare la drammaticità al momento dell'ingresso, una dinamicità adrenalinica che si sviluppa nelle lunghe pareti curve.
Molti anni fa la macchina fotografica di Koji Taki aveva scoperto all'interno della casa White U (a Nakano Honcho) uno spazio trasformato dinamicamente dalle continue corse delle vivaci figlie del proprietario, in contrasto con l'impianto statico (circolare) della sezione orizzontale. É la stessa esperienza che ho provato io, percorrendo il lungo foyer del Matsumoto Performing Arts Centre. Inondato da una morbida luce che richiama alla memoria la sensazione di galleggiare nel liquido amniotico all'interno del sacco embrionale, forse anche il foyer aspetta di nascere alla vita. Alla fine del lungo percorso, finalmente appare la porta del teatro, aperta la quale si è investiti da una luce intensa rosso-violetta6. Sarò io solo, in un futuro ormai prossimo, a sognare di vedere proiettate sul bianco foyer figure di spettatori fuggiti dalla performance teatrale attraverso le fessure della porta?
A caccia di luoghi
Una delle caratteristiche di questo progetto è la stretta collaborazione tra il regista-attore Kushida e l'architetto Ito. A un anno e mezzo dall'inizio di questa esperienza di confronto, qual è il vostro stato d'animo?
Kushida L'architetto di un teatro pensa principalmente alla costruzione, mentre in me, regista-attore, prevale l'attenzione all'arredo scenico, al rapporto con lo spettatore, al luogo della rappresentazione e a tutto quanto vi si collega. E da quando sono diventato Direttore del Performing Arts Centre di Matsumoto, sento di dover risolvere con più urgenza i problemi legati allo spazio teatrale. Una volta questo succedeva agli artisti e alle compagnie teatrali itineranti, quando arrivavano in un paese o in una città nuova. Cominciavano a cercare il luogo più adatto alla rappresentazione, che poteva essere uno spazio sotto un grosso albero capace di proteggere gli spettatori, o un terreno pianeggiante, o ancora il declivio di un monte. Ci si muoveva ingegnandosi alla meglio, a seconda delle caratteristiche del luogo. Questa "ricerca di un luogo adatto all'assembramento di persone" era indissolubilmente legata al proprio ruolo di attore. Anch'io, l'inverno scorso prima di decidere se accettare o meno la nomina di Direttore Artistico, sono andato a dare un'occhiata al posto. E quando ci sono andato nevicava…
Ito Era un anno prima della fine dei lavori. L'armatura di ferro era già quasi ultimata.
Kushida Sì, la copertura del calcestruzzo dava l'impressione di una grossa massa scura, di grande impatto.
Kushida In un primo tempo pensai che la costruzione poteva essere un po' più morbida, secondo il criterio di 'morbidezza' che allora ritenevo corretto. Per esempio, pensavo che in un teatro non potesse mancare uno spazio libero a disposizione del pubblico, uno spazio da realizzare anche a costo di rimuovere le poltrone della platea. L'ho ripetuto più volte a Ito, chiedendogli se era possibile farlo.
Ito Sì, la richiesta era formulata soprattutto a proposito del piccolo teatro. Quando Kushida è diventato Direttore Artistico, non solo il progetto era già stato presentato ma si era in una fase in cui apportare modifiche era estremamente difficile. La "ricerca del luogo" di cui Kushida parla è una regola che vale anche in architettura: testi come il De Architectura di Vitruvio o I quattro libri dell'architettura di Palladio ci raccontano di come già nell'antichità il primo compito dell'architetto fosse quello di trovare una buona collocazione alla sua costruzione. Ma noi oggi non abbiamo più molto spazio disponibile e la sola cosa che possiamo fare è sfruttarlo al meglio. Il compito dell'architetto, diversamente da quello di un regista-attore, è di costruire in un ritaglio di spazio, qualunque esso sia. L'architettura tradizionale giapponese in legno si integra nella natura circostante, facendosi continuazione di essa; mentre l'architettura contemporanea costruisce un sistema del tutto artificiale, separato dall'ambiente che la circonda. Io mi impegno a costruire nel rispetto della natura.
La strada entra nella casa
Ito La struttura teatrale oggi è vincolata da regole di tipo funzionale: regole per l'insonorizzazione, per la regolamentazione dell'acustica e dell'illuminazione. Da qui l'inevitabile somiglianza di tutti i nuovi teatri e il consolidarsi di una immagine standardizzata - molto più di quanto non capiti per biblioteche o musei - che spesso fa insorgere l'opinione pubblica contro qualsiasi tentativo di innovazione. Se un libero pensatore come Kushida fosse arrivato un po' prima, si sarebbero risolte molte cose.
Kushida Hanno scelto una persona che non porta la cravatta (ride)…
Ito Nel simposio che si è tenuto di recente, la presenza di Kushida sul palcoscenico, le Sue parole, il Suo discorso in qualità di Direttore Artistico hanno dimostrato la poliedricità del personaggio, capace di ricoprire tre ruoli diversi.
Insomma: è stato un fatto epocale!
Ito Sono d'accordo!
Kushida Fa ben sperare il fatto che si cominci a capire e accettare questo tipo di cose.
Ito Quando Kushida cammina nel foyer, anche questo diventa teatro. Un teatro che noi architetti necessariamente dobbiamo chiudere, circoscrivere e che invece una persona come Kushida è in grado di riaprire alla città. Ma dobbiamo pensare a come migliorare le prestazioni del piccolo teatro: è lì che, quando gli spettatori seguono la rappresentazione e la chiamata sulla scena, il teatro diventa uno spazio dentro la città. Quando Lei parla con il pubblico è come se la strada arrivasse nel teatro, come se le pareti del teatro non esistessero più.
Kushida Condivido quello che sta dicendo: in un teatro come questo si può fare qualsiasi cosa in qualsiasi modo. Anche solo parlare stando fermo diventa spettacolo. L'edificio si amplia ed esce sulla strada. E si può dire al pubblico "continuiamo fuori" o "salite di sopra, al secondo atto".
La struttura architettonica è spazio urbano
Con il Jiyuu Geki (Teatro libero) di Roppongi nel centro di Tokyo credo si sia resa manifesta la natura diversa dello spazio di rappresentazione rispetto allo spazio urbano: è come se d'improvviso si entrasse in un mondo che presenta dimensioni sconosciute. Nel caso di Matsumoto, esiste invece uno spazio teatrale nella città, nel quale si è costruito un ulteriore spazio teatrale.
Kushida La distanza cronologica che separa le due esperienze ha generato un cambiamento nell'ambiente della rappresentazione. Le generazioni passate hanno attribuito un grande significato all'"intervento urbano", la ricerca di un modo di penetrare il tessuto urbano per costruire spazi teatrali che ne costituissero il centro, il punto di partenza. Ma farlo oggi è una cosa diversa. E' una questione di potere: alla mia età e nella mia situazione attuale non sarebbe più un esperimento. Del resto, non so se oggi i giovani, facendo le stesse cose che facevamo noi, otterrebbero gli stessi risultati. I tempi sono cambiati. Anche se al giorno d'oggi trovo ci sia più libertà di espressione.
A Matsumoto lo scopo principale dei tre diversi spazi teatrali sembra essere soprattutto la messa in scena dell'intero spazio pubblico al quale si accede, e l'esperienza che vive chi vi entra.
Ito Attendo con impazienza che si apra il grande convegno artistico che Kushida vuole organizzare, che renderà ogni luogo del teatro - le scale di entrata, l'ingresso, il foyer, le vie esterne - una strada urbana, una strada della città. Ho suggerito di pensare al 'teatro' come a un tutt'uno che inglobasse la sequenza delle vie che vi accedono, secondo un progetto di ampio respiro. E sarei felice se la realizzazione del grande convegno tenesse conto di questo suggerimento. Durante la serata inaugurale, ho visto che per tutto il tempo il flusso delle persone continua sia nel foyer dietro il palcoscenico, sia nella zona dell'ascensore sottostante, dove il pubblico può aspettare gli attori.
Kushida E' davvero ottima l'idea della vetrata dietro la scena.
Ito Il retroscena si affaccia sul foyer, ma nella grande hall il rapporto foyer-platea è capovolto rispetto alla norma. Una grande apertura permette di vedere dal foyer tutta la hall, e all'interno del palcoscenico si è potuto ricavare un "teatro sperimentale" che vi si collega direttamente. La hall principale a forma convenzionale di ferro di cavallo, così come l'esistenza di un teatro sperimentale, sembrano essere espressione di una certa novità che rimanda al teatro tradizionale occidentale.
Il piacere dell'architettura
Ito Ci si chiede che cosa significhi 'godere' di un'opera architettonica. Del resto l'architettura contemporanea ha le sue fondamenta in tempi -non lontani - nei quali, con il modernismo, si pensava davvero di cambiare la società attraverso l'architettura. Oggi si può credere che l'architettura debba essere solo 'funzionale', ma in realtà in un'età nella quale l'attività umana è tanto complessa e composita, questo vocabolo è ormai superato. Dall'esperienza realizzata a Sendai si è cominciato a capire come si possa liberare l'architettura da questa impasse. Chi crede che costruire seguendo principi validi solo in ambito architettonico renda felice chi ne fruisce, fallisce irrimediabilmente il bersaglio. Il punto cruciale, a nostro avviso, sta nel trovare una nuova teoria architettonica che permetta davvero di godere dell'opera, e proprio questo ci proponiamo di fare.
Kushida Se ci fossimo incontrati prima, come Lei diceva, avremmo cominciato a parlarne da subito.
Ito La cosa interessante in una creazione non è muoversi su un percorso lineare, ma fare qualcosa pur senza vederne la fine, con la volontà di proseguire per scoprire che cosa ci può essere di nuovo. Credo che questa sia la chiave metodologica sulla quale costruire una nuova architettura.