Molto rumore a San Francisco. Dopo sei anni di lavori e almeno otto di ricerca dei fondi, si inaugura la nuova sede dell’Asian Art Museum, su progetto dell’architetto italiano Gae Aulenti.
Ci sono voluti 160 milioni di dollari per cambiare la destinazione d’uso della biblioteca centrale, la San Francisco Main Library, edificio Beaux Art del 1917 disegnato da George Kelham, nella nuova casa dell’Asian Art Museum-Chong-Moon Lee Center for Asian Art and Culture.
Una perfetta congiuntura economica tra pubblico e privato, 52 milioni di dollari pubblici e il resto frutto di donazioni private, dei quali solo 15 milioni di dollari dal generoso uomo d’affari Chong-Moon Lee (ogni contribuente negli Stati Uniti può decidere di versare una parte delle tasse come finanziamento per l’arte, attività che, dopo la borghesia, ha contagiato la nuova classe imprenditoriale) e la scelta di un architetto abituato alla ricontestualizzazione di edifici storici, per arrivare fino ad oggi.
Così capita che la celebrazione della nuova sede del Museo, dopo 35 anni trascorsi nella vecchia struttura del Golden Gate Park, coincida con un giorno di protesta rumorosa a San Francisco. Il risveglio della West Coast Americana dopo l’inizio della guerra all’Iraq e la marcia pacifista di quella parte degli Stati Uniti, numerosa nella Bay Area, che si dissocia dal suo Presidente. L’ex Main Library è in pieno Civic Center, il cuore politico e amministrativo della città e luogo simbolo nel quale far sentire e far partire una protesta.
L’Asian Art Museum è stato sicuramente un progetto impegnativo per l’architetto italiano, alla sua prima commessa negli Stati Uniti, il cui principale compito è cominciato con un paradosso: integrare un museo d’arte asiatica in un edificio Beaux Art, quindi di tradizione europea, posto in una città americana. Gae Aulenti ha seguito i lavori con gli studi Hok (Hellmuth, Obata & Kassabaum), LDA Architects e Robert Wong, in piena logica americana che vuole la massima specializzazione e divisione di responsabilità (industrial design, interior design, exhibition design, stage design) e anche a favore di un intervento all’avanguardia nel campo dell’antisismica. Studi che sembra permettano oggi all’edificio, in caso di sisma, di farlo dondolare con oscillazioni che arrivano fino ad un metro e mezzo. San Francisco ha pochi stabili che risalgono a prima del 1906, anno nel quale un fortissimo terremoto, seguito poi da un incendio, distrusse gran parte della città.
La prima necessità architettonica è stata quella di cambiare l’attitudine dell’edifico, come racconta l’architetto, da struttura “statica”, pensata per la lettura, a “dinamica”. Da un edificio buio e chiuso ad un grande spazio aperto, invaso di luce naturale che aiuti ed invogli il visitatore ad orientarsi in un percorso. Il progetto, oltre ad integrare passato e presente, ha puntato su due regole base: spazio e luce naturale, la luce di San Francisco. Mantenendo quasi intatto il vecchio cuore dell’edificio, la lobby, la scala centrale, la loggia e la Samsung Hall, sono state costruite due ali laterali, protette da una copertura vetrata che ha regalato alla struttura trasparenza e leggerezza. Il piano terra è ampio e vivibile, definito dall’architetto una “piazza” aperta a molteplici attività: mostre temporanee, didatica, museum store, un luogo per la gente.
La fruizione della collezione permanente in un percorso di piu’ di 10.000 mq parte, invece, dal terzo piano. In questi spazi si puntualizza che Asia è un termine inventato dai Greci e e dai Romani e che i seimila anni di storia sono stati divisi dai curatori in sette grandi aree tematiche. Ogni area segue un percorso cronologico: India, Persia e Asia orientale, dove si trovano l’Iraq, il Sudest Asiatico, Himalaya e Tibet Buddista, Cina, Corea e Giappone.
In totale trentatre stanze, ognuna con un allestimento differente a puntualizzare quanto sia stato difficile far convivere assieme opere fatte in legno, tessuto, ceramica, avorio o carta. Nella sezione del Giappone, una tradizionale Teahouse, disegnata dall’architetto Osamu Sato e costruita a Kyoto secondo le ferree regole architettoniche, sarà il luogo in cui avvicinarsi alla tradizionale cerimonia del The. Un’illuminazione soffusa e differenti colori, dal rosso al grigio, per ogni stanza segnalano che, nonostante l’integrazione, in questo paese è importante mantenere le identità.
Nel pomeriggio della giornata inaugurale l’architetto, in un momento che coniuga l’orgoglio nazionale e un po’ di enfasi americana, riempie la sala dell’Herbst Theater in un incontro organizzato da Istituto Italiano di Cultura, The American Institute of Architect, The Institute of International Education, e con gli auspici del Consolato Generale d’Italia. “Questo Museo è anche l’affascinante idea di creare una storia unificata per una nazione così giovane”, dice Gae Aulenti, “e sono onorata di far parte del progetto”.
Una febbre architettonica, in effetti, sembra aver colpito san Francisco, che in questo momento è un cantiere aperto. Nel Golden Gate Park è stata avviata la costruzione del M.H. de Young Memorial Museum, progetto affidato agli architetti Pierre de Meuron e Jacques Herzog, mentre Renzo Piano ridisegnerà la California Academy of Sciences, dodici edifici situati sempre nel Golden Gate Park.
Dalla sala si alza una domanda: “Se e quali ragioni concettuali o estetiche possono aver fatto scegliere due architetti italiani per due progetti di cosi’ grande respiro?”. Gae Aulenti pacata risponde: “È questa la bellezza dell’architettura, non c’è alcuna idea italiana di architettura, non siamo come la pastasciutta”.
Asian Art Museum
“Treasures Unveiled” - 20 marzo 2003
200 Larkin Street (Civic Center Plaza)
T +1.415.581.3500
http://www.asianart.org
