Studio Gang

I processi attivati da Studio Gang pongono in primo piano le relazioni tra individui, comunità e ambienti, generando un corpus progettuale eterogeneo

Writers Theatre, Glencoe, USA, 2016 (photo Hedrich Blessing)

Se c'è un elemento capace di contraddistinguere l'attuale stagione architettonica, evolutasi nell'ultimo secolo molto di più rispetto al puro linguaggio formale, è la sua capacità di intercettare e accogliere le dinamiche e le modalità d'uso e di interpretazione dello spazio. Su tali basi opera anche Studio Gang: un ufficio di progettazione architettonica e urbanistica con sede a Chicago, fondato nel 1997 e diretto da Jeanne Gang (Belvidere, Illinois, 1964).

I processi attivati da Studio Gang pongono in primo piano le relazioni tra individui, comunità e ambienti, generando un corpus progettuale eterogeneo e diramato che si estende attraverso scale e tipologie, spingendosi oltre i confini convenzionali dell'architettura. Ogni edificio è pensato per definire processi sociali più coesi, sviluppare materiali inediti o dialogare con i nuovi paesaggi urbani.

Così, se il tetto della sede Art Déco dello studio viene trasformato in uno spazio dove convergono “natura selvaggia” e “tempo libero” (Studio Gang Sky Island, Chicago, 2017), il progetto per l'Arcus Center for Social Justice Leadership a Kalamazoo (Michigan, USA, 2014) usa il sistema costruttivo in legno delle facciate come un macro-alfabeto braille sul quale, anche a prima vista, è efficacemente leggibile: “low tech, economico e sostenibile”. Dedicato ad accogliere progetti nel campo dei diritti umani e della giustizia sociale, il Centro è pensato per attivare la capacità di scambio e apprendimento di studenti, docenti, studiosi, addetti ai lavori e anche un pubblico vasto. Alla sua base c’è la valorizzazione della luce del giorno come “veicolo circadiano” che favorisce l'interazione.

Un approccio progettuale simile viene applicato anche al Writers Theatre a Glencoe (Illinois, USA, 2016). In questo caso, tuttavia, non si punta tanto ad accentuare le energie relazionali multiple, quanto a canalizzarle in un rapporto di intimità immersiva tra gli attori e il pubblico, trasformando così l'architettura in un dispositivo di amplificazione dell'esperienza letteraria.

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