All(zone) design

Un gruppo di felici professionisti della progettazione

MAIIAM, Contemporary Art Museum, Chiangmai, Thailand, 2016 (photo Soopakorn Srisakul,  courtesy of all(zone))

“All(zone) è un gruppo di professionisti felici della progettazione che collaborano con grande piacere con specialisti che stanno al confine degli ambiti di cui si occupa e del Paese in cui opera. Ci affascina la nostra grande metropoli in continua trasformazione, capaci di dare forma alla nostra vita quotidiana. Le nostre osservazioni vengono sempre catturate da soluzioni di design locali”. Molti sono stati i tentativi di definire la stagione progettuale che stiamo vivendo, in cui alla modernità è stato prima appiccicato il prefisso post e, quindi, la qualifica di ‘seconda’: un’era in cui più cose possono accadere contemporaneamente.

L'uso attuato nel proprio statement dallo studio di architettura thailandese all(zone) di espressioni come felicità, fascinazione o quotidiano contribuisce però a individuare un'attitudine emozionale e insieme informale con cui le ultime generazioni di progettisti tendono a guardare il mondo, nel tentativo di cambiarne realmente il paradigma. Ma soprattutto, di cambiarlo al di fuori delle modalità tradizionalmente moderne: ponendo l'attenzione sui materiali e i colori ancor prima che sulle forme – si pensi alla facciata di piastrelle di vetro del MAIIAM Contemporary Art Museum a Chiang Mai, in Tailandia, un progetto del 2016 – oppure agendo sul redesign piuttosto che sul design.

A ciò non è certo estranea la traiettoria della fondatrice dello studio, Rachaporn Choochuey (Bangkok, 1970), formatasi alla Columbia University a New York e alla Tokyo University, e che oggi associa all’insegnamento all’Università di Chulalongkorn una pratica professionale che oscilla tra architettura, interior design e arti visive. Questa poliedricità viene declinata in ogni suo lavoro e ben rappresentata dall’installazione Light House, presentata alla Biennale di Architettura di Chicago nel 2015. Pensata per le torri per uffici non-finite spesso presenti nei paesaggi delle megalopoli asiatiche, e non solo, è il prototipo di una residenza temporanea luminosa (pavimento di compensato e pareti in griglia metallica rivestita da stoffa sintetica traslucida) che accende una presenza vitale nel corpo grezzo e inerte delle grandi strutture.

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