Para Project

I progetti di Para Project non possono essere ricondotti a letture univoche, in ragione dell’interdipendenza degli interventi con i contesti con cui si relazionano.

Fondato nel 2010 da Jon Lott (San Jose, California, 1976), Para Project ha una sede a Brooklyn e una a Cambridge (MA). Lo studio lavora con il collettivo di architetti Collective-LOK (Clok) per la messa a punto dei progetti. La sua attività è eterogenea: spazia dalla realizzazione di installazioni temporanee ed esposizioni alla progettazione di centri di promozione culturale, auditorium, abitazioni e uffici. I progetti di Para Project non possono essere ricondotti a letture univoche, in ragione dell’interdipendenza degli interventi con i contesti con cui si relazionano; anche quando lo studio fa ricorso alle medesime soluzioni costruttive, la sua interpretazione dei diversi contesti e la modulazione delle qualità spaziali degli interventi permette di raggiungere esiti diversificati.

In questa cornice, è sintomatico l’utilizzo delle strutture a scheletro, adottata come metafora nel caso del Centro di promozione culturale La Casita alla Syracuse University (2011), dove alludono ai luoghi di ritrovo temporanei costruiti dalle comunità latino-americane nel Bronx. Nel caso dell’installazione allo Storefront for Art and Architecture di New York City del 2016, diventano una trama ritmica e riflettente che interagisce con il movimento dei pedoni, mentre costruiscono una stanza a cielo aperto nell’intervento all’University Museum of Contemporary Art di Amherst (2018), atta a valorizzare per opposizione le qualità architettoniche del costruito.

Diversa è invece la modalità in cui Para Project interpreta il tema dell’abitare: la Stump House (Ben Lomond, 2018), la Pioneertown House (California, 2017) o la Haffenden House (Syracuse, 2014) segnalano il fascino esercitato dalla cultura architettonica degli anni Sessanta. La riflessione di John Hejduk sull’abitare trova un approfondimento e un’aggiornata declinazione nelle prime due abitazioni, mentre è il lavoro critico di Gianni Pettena sulle periferie americane a innervare i caratteri della Haffenden House.

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