Nieto Sobejano Arquitectos

Attraverso luce, materia e consistenza lo studio risponde ai bisogni delle persone, non solo a livello funzionale ma anche sensoriale. 

Dialogare con l’essenza dei luoghi, creare spazi complessi combinando elementi semplici e ricercare la sorpresa nella luce naturale sono alcuni dei tratti che contraddistinguono le opere di Nieto Sobejano Arquitectos, fondato da Fuensanta Nieto ed Enrique Sobejano (entrambi nati a Madrid nel 1957) nel 1985 nella loro città natale. La loro definizione di luogo è ambigua: intuizioni progettuali possono provenire da morfologia, storia, memoria, cultura istanze sociali di un determinato spazio. Invece che sviluppare un linguaggio predeterminato, partono da condizioni articolate e stratificate per generare un impatto positivo sull’ambiente urbano e la vita dei cittadini.

Lo studio (che dal 2015 ha sede anche a Berlino) è parte di una generazione di pratiche spagnole – tra cui Mansilla+Tuñón, Francisco Mangado e RCR – che ha traghettato l’architettura iberica nella sua dimensione contemporanea. Una parte consistente dei suoi lavori è costituita da grandi edifici pubblici, poli museali e rinnovamenti di strutture storiche, spesso esito della vittoria di un concorso. Nonostante le loro dimensioni e complessità, gli edifici non perdono mai l’attenzione nei confronti del visitatore, e hanno l’obiettivo di suscitare emozioni e impressioni. Attraverso luce, materia e consistenza lo studio risponde ai bisogni delle persone, non solo a livello funzionale ma anche sensoriale.

Uno dei progetti che rappresenta meglio la loro poetica è l’Arvo Pärt Center (2018), un centro culturale dedicato al celebre compositore a Laulasmaa, in Estonia. Immerso in un bosco di pini, l’edificio è concepito per essere in continuità con la vegetazione, creando una risonanza unica tra musica, paesaggio e architettura. Un’altra opera significativa è il Museo Moritzburg, completato nel 2008 nella città di Halle, in Germania. Qui lo studio interviene su un’architettura gotica del XV secolo, mantenendone buona parte della struttura originale e appoggiando su di essa una nuova copertura, che si piega e si rompe per dialogare con gli spazi espositivi sottostanti.

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