“Dopo le alluvioni e i terremoti un nuovo cataclisma sconvolge il nostro Paese: la rivolta dell’Università.” Con queste parole si apriva La piramide rovesciata, il testo con cui Giancarlo De Carlo dissezionava l’istituzione accademica italiana all’indomani delle rivolte studentesche del 1968. La condizione dell’università veniva eletta dall’architetto genovese a paradigma di una più vasta condizione della società che chiedeva a gran voce una profonda revisione degli apparati istituzionali in ragione di un repentino mutamento di stili di vita e condizioni lavorative. In quanto luogo votato al vivere e lavorare collettivo, era nel progetto dell’università che De Carlo, come d’altronde altri architetti – italiani e non – tra gli anni Sessanta e Settanta, individuava un fondamentale banco di prova per avanzare una risposta architettonica a tale mutamento.



